Il 26 gennaio scorso il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha sospeso l’approvazione dei nuovi progetti di esportazione del gas naturale liquefatto per effettuare una valutazione del loro impatto sull’economia americana e sul clima: il gas – di cui gli Stati Uniti sono i maggiori produttori ed esportatori al mondo, in forma di Gnl – è un combustibile fossile, ma rispetto al carbone e al petrolio è meno inquinante.
Lo studio contenente quella valutazione è stato pubblicato un paio di giorni fa e suggerisce alle autorità di procedere con cautela all’emissione di nuovi permessi di esportazione. La segretaria dell’Energia Jennifer Granholm – è il suo dipartimento a occuparsi del permitting – ha detto che “il risultato principale [del rapporto, ndr] è che un approccio business-as-usual non è né sostenibile né consigliabile” e che la crescita delle esportazioni di Gnl rischia di causare un aumento delle emissioni e anche un aumento dei prezzi dell’energia per i consumatori americani.
LE CONCLUSIONI DELLO STUDIO SULLE ESPORTAZIONI DI GNL
Il dipartimento dell’Energia ha l’obbligo di stabilire se le esportazioni di Gnl rispettino l’interesse pubblico. Così, lo studio ha preso in esame vari scenari e ha concluso che l’offerta statunitense di gas è sufficiente a soddisfare sia la domanda interna del combustibile, sia la richiesta internazionale di Gnl americano. In una situazione di esportazione di Gnl senza vincoli, invece, al 2050 il prezzo del gas negli Stati Uniti aumenterebbe del 31 per cento, appesantendo le bollette domestiche di oltre 1000 dollari all’anno.
Nel rapporto si afferma inoltre che, sebbene l’Europa sia stata la destinazione principale del Gnl esportato dagli Stati Uniti fin dal 2016 – e in particolare a seguito del distacco energetico dalla Russia nel 2022 -, in futuro potrebbe non essere più così: “le politiche europee si stanno muovendo per ridurre l’uso dei combustibili fossili, compreso il gas naturale”, si legge. D’altra parte, “la domanda di gas naturale e Gnl in Asia dovrebbe aumentare nella maggior parte degli scenari”.
Nello studio si sostiene che l’aumento delle esportazioni americane di Gnl finirà per scoraggiare l’installazione di fonti rinnovabili piuttosto che sostituire il carbone, più inquinante.
COSA PENSA L’INDUSTRIA OIL & GAS
I rappresentanti dell’industria gasifera americana, al di là della difesa dei loro interessi economici, pensano invece che restringere le capacità di esportazione degli Stati Uniti abbia tre conseguenze negative: lo sconvolgimento dei mercati globali del gas, che potrebbe portare a prezzi del gas più elevati e quindi incentivare il consumo di carbone nei paesi a basso reddito; l’indebolimento degli alleati europei, che negli ultimi anni hanno aumentato parecchio gli acquisti di Gnl statunitense; il danneggiamento della potenza politica americana a vantaggio di quegli esportatori energetici esterni al blocco occidentale, come il Qatar.
COSA FARÀ TRUMP?
Il presidente eletto Donald Trump, il cui secondo mandato alla Casa Bianca inizierà il 20 gennaio prossimo, ha detto di voler revocare la moratoria ai permessi di esportazione per rinsaldare la energy dominance americana, cioè la posizione di dominio degli Stati Uniti sui mercati energetici globali: oltre a essere il maggiore esportatore di Gnl, il paese è anche il primo produttore di petrolio al mondo.
Nel 2023 gli Stati Uniti hanno esportato 11,9 miliardi di piedi cubi di Gnl al giorno, una quantità in grado di soddisfare il fabbisogno gasifero combinato di Francia e Germania, ha scritto il Financial Times. Nei piani dell’industria oil & gas americana c’è il raddoppio dei volumi esportati entro la fine del decennio (dunque attraverso gli impianti già autorizzati).
Bloomberg ha fatto notare che, considerate le conclusioni dello studio sull’impatto economico negativo per i consumatori americani, l’eventuale decisione di Trump di approvare i nuovi progetti sul Gnl potrebbe venire contestata in tribunale.