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Cgil Pesca

Sorpresa: la Cgil di Landini ora critica (melonianamente) l’Ue sulla pesca

Gli sforzi dell’Ue per aumentare la sostenibilità ambientale del mondo marino sono ammirevoli ma ciò che comportano equivale a una riduzione del 70% della pesca nel Mar Mediterraneo e allo stop di 12mila pescherecci italiani. A lanciare l’allarme è uno studio della Cgil riportato dal Sole24Ore. Tutti i dettagli

 

L’Unione europea in materia ambientale ha diversi progetti: ridurre gradualmente i pesticidi prolungando contemporaneamente l’uso del glifosato, sviluppare nuove biotecnologie per produrre più proteine senza però cedere al cibo “sintetico”, definire nuove regole per la pesca.

Il mare, in particolare, infatti è sotto attacco da parte di Bruxelles. Le nuove aree protette e i maggiori divieti per la pesca a strascico, ma anche i parchi eolici offshore che sorgeranno nelle nostre acque, preoccupano molto i pescatori italiani, le cui difese vengono prese bipartisan.

Proprio ieri “un concerto di voci dal mondo della pesca”, scrive in un post su Facebook la Flai Cgil (Federazione Lavoratori Agro Industria), ha preso parte alla presentazione del suo studio “La pesca italiana nell’uso dello spazio marittimo, scenari futuri e riflessi socioeconomici”, curato dal biologo Franco Andaloro. Presente anche Patrizio Giacomo La Pietra (Fratelli d’Italia), sottosegretario alle politiche agricole, della sovranità alimentare e delle foreste, oltre alle associazioni Federpesca, Legacoop Agroalimentare, Confcooperative FedAgriPesca, Agci, Etf e Wwf.

COSA CRITICA LA CGIL

L’incontro organizzato dalla Flai Cgil, “con l’obiettivo di salvaguardare un settore antico come l’uomo”, ha voluto evidenziare come alcuni provvedimenti annunciati dall’Unione europea rischino di minacciare la pesca italiana.

“Restrizione degli spazi marittimi, installazione di parchi eolici offshore che costringeranno i pescatori a circumnavigarli con un incremento di tempo, costi per la navigazione e ore di lavoro” a cui va aggiunta […] “l’endemica carenza di ammortizzatori sociali per chi fa della pesca il proprio mezzo di sostentamento” sono i fattori negativi denunciati dall’organizzazione sindacale.

PER L’UE CI VOGLIONO MENO PESCA A STRASCICO E PIÙ AREE MARINE PROTETTE

Le novità auspicate da Bruxelles, in particolare dal Commissario europeo alla Pesca e all’Ambiente Virginijus Sinkevicius che ha presentato il piano d’azione riguardano, come ha ricordato secondo Il Sole24Ore il capo dipartimento pesca della Flai-Cgil, Antonio Pucillo, “il divieto di pesca a strascico nelle aree Natura 2000, quelle dove già la pesca è soggetta a limitazioni” e l’aumento “delle aree marine protette entro il 2030”.

“Noi siamo favorevoli alla salvaguardia delle specie marine e al loro ripopolamento – ha detto Pucillo -, ma se pescare in meno del 30% del mare ha come unico risultato quello di veder migliorate, e solo in parte, le condizioni di vita di una decina di specie soltanto, allora vuol dire che questa non è la strada giusta da percorrere”.

Un’altra modifica che preoccupa è la possibilità di impedire la pesca a profondità maggiori di 600 o di 800 metri rispetto agli attuali 1.000.

PERCHÉ PREOCCUPANO (ANCHE) I PARCHI EOLICI OFFSHORE

Anche l’aumento di richieste di concessioni per nuovi parchi eolici offshore desta inquietudine perché, come ha detto Pucillo, “secondo le previsioni dell’Europa l’impatto di questi megaimpianti non coinvolge più del 3% dei mari del continente, ma in Italia i parchi offshore sono tutti concentrati tra la Sardegna, la Sicilia e la Puglia, con il risultato che in queste regioni si rischia una riduzione della pesca anche del 50%”.

LE CONSEGUENZE (SECONDO LA CGIL)

Secondo quanto riportato dal Sole24Ore, lo studio Cgil Flai prevede che, se tutto quello che Bruxelles ha in mente verrà realizzato, “la pesca sarà inibita in più del 70% del Mar Mediterraneo, con buona pace dei nostri 12mila pescherecci”.

Le disposizioni dell’Ue definirebbero, infatti, una nuova mappa degli spazi per la pesca marittima in Italia che, secondo i lavoratori della pesca, “rischia di diventare un boomerang contro un settore già martoriato, che negli ultimi dieci anni ha perso il 20% della flotta, ha visto diminuire il volume del pescato del 16% e oggi riesce a garantire all’Italia solo il 27% di tutto il pesce che consuma”.

“La pesca italiana”, invece, afferma la Cgil Flai, “andrebbe incentivata sulla base dei parametri della sostenibilità, per ridurre la dipendenza dall’estero e avviarsi all’auspicata, ma sempre lontana, autonomia alimentare nel consumo ittico del Paese”.

IL CASO DI LAMPEDUSA

A Lampedusa, per esempio, isola da sempre dedita alla pesca, sul Sole si legge che “non si potrebbe più pescare da nessuna parte: entro le 12 miglia dalla coste no, perché è area marina Natura 2000, dove l’Europa vuole bloccare la pesca a strascico; e oltre le 12 miglia marine nemmeno, perché secondo la riforma delle Zone economiche esclusive lì finirebbe l’area di pesca italiana e comincerebbe quella tunisina”.

Quello di Lampedusa, afferma il quotidiano economico, “è un caso estremo, ma la ridefinizione delle Zone economiche esclusive (Zee), dove cioè hanno diritto di pesca solo i pescherecci di un determinato Paese, è destinata a limitare le prospettive di molte regioni”, come nel caso della Sardegna, dove “la Zee dell’Algeria arriva alle acque territoriali italiane della costa orientale” dell’isola.

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