Skip to content

Pesca A Strascico

Pesca a strascico, cosa propone l’Ue e perché l’Italia (da destra a sinistra) non è d’accordo

Da Bruxelles è arrivata una proposta per eliminare entro il 2030 la pesca a strascico, che in Italia coinvolge più di 2.000 imbarcazioni e 7.000 lavoratori, oltre a rappresentare il 50% dei ricavi del settore ittico. Ecco cosa prevede il piano, i numeri del comparto e le reazioni politiche

 

Dal Porto Antico di Genova a Fiumicino, da Chioggia a Sciacca, passando per Ancona e Rimini. Da Nord a Sud i pescatori italiani – e anche gli eurodeputati uniti in un unico fronte – si sono mobilitati da giorni per protestare contro il piano Ue che vorrebbe limitare l’utilizzo della pesca a strascico (detta anche a fondo mobile) entro il 2030.

Questo metodo – che consiste nel trainare con una o due barche delle pesanti reti da pesca sul fondo del mare al fine di catturare i pesci, ma che porta via con sé qualsiasi cosa si trovi sul fondale, compresi invertebrati, coralli, alghe e altro – rappresenta per l’Italia il 20% della flotta totale con 2.088 unità nautiche, 7.000 lavoratori e il 50% dei ricavi del comparto ittico.

COSA PREVEDE IL PIANO UE

Il piano d’azione per la protezione e il ripristino degli ecosistemi marini, promosso dal commissario Ue per l’Ambiente Virginijus Sinkevicius (Unione Agrari e Verdi Lituani) lo scorso 21 febbraio, ha l’obiettivo di migliorare la sostenibilità della pesca.

A proposito della pesca a strascico, Sinkevicius, presentando la proposta, ha spiegato che il piano prevede “la graduale eliminazione della pesca a fondo mobile in tutte le aree protette entro il 2030”.

Questo impegno, infatti, ricorda Euractiv, segue la Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (COP15), in cui 196 Paesi, tra cui l’Ue, si sono impegnati a proteggere il 30% di terre e oceani entro il 2030.

Il cosiddetto piano d’azione, tuttavia, è ancora una comunicazione e, come già ribadito in passato dai suoi sostenitori, “non è vincolante”, il che significa che “si affida alla buona volontà dei governi europei”. Lo stesso Sinkevičius ha precisato che l’iniziativa “non introduce un divieto di pesca a strascico in acque europee”, ma anzi “invita gli Stati membri a impegnarsi nel dialogo, a proteggere l’ambiente marino e a garantire la prosperità e il futuro della pesca e delle comunità di pescatori”.

I NUMERI DELLA PESCA A STRASCICO NELL’UE E IN ITALIA

A proposito dei numeri che compongono il settore, l’Alleanza europea per la pesca a strascico afferma che, a livello europeo, sarebbero coinvolte oltre 7.000 imbarcazioni, ovvero il 25% della produzione ittica dell’Ue e il 38% dei ricavi.

In Italia, poi, stando ai dati di Agci Agrital, Confcooperative FedAgriPesca, Legacoop Agroalimentare, Coldiretti Impresapesca, Federpesca, Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila Pesca, la pesca a strascico rappresenta il 20% della flotta totale peschereccia, con 2.088 unità, circa 7.000 lavoratori, il 30% degli sbarchi e il 50% dei ricavi.

LE PROTESTE

Nei giorni scorsi sindacati e associazioni di categoria, ma soprattutto lavoratrici e lavoratori del settore, sono scesi in piazza per protestare contro la proposta di Bruxelles.

I manifestanti contestano il piano perché, oltre a provocare la perdita di lavoro di migliaia di persone, costringerebbe l’Italia ad aumentare le importazioni di pesce da Paesi extra Ue, dove spesso i controlli e i requisiti sanitari sono inferiori.

QUANTO E DA DOVE IMPORTA IL PESCE L’ITALIA

Già oggi, secondo i dati riportati dal Messaggero, l’80% del consumo ittico in Italia proviene dalle importazioni. “In pratica – afferma il quotidiano romano -, è come se ogni anno in aprile smettessimo di mangiare pesce pescato nei nostri mari, per passare a quello importato fino alla fine dell’anno”.

Andando nel dettaglio, spendiamo 5 miliardi di euro, di cui 500 milioni l’anno solo per il tonno proveniente dalle Americhe.

Il primo fornitore extra-Ue, che rappresenta, più di un quarto del totale delle importazioni è la Norvegia. Seguono la Cina (10%) e con un 5% ciascuna Islanda, Ecuador, Marocco, Vietnam e Stati Uniti. I prodotti più importati, conclude il quotidiano, sono il salmone e il merluzzo nordico di Norvegia e Islanda; i gamberi dell’Ecuador e del Vietnam; e, infine, il merluzzo nordico e il tonnetto striato dell’Ecuador.

COSA DICONO E COSA FANNO LE FORZE POLITICHE

Il dibattito sulla pesca a strascico ha unito tutte le forze politiche e oggi e domani si tiene il Consiglio Agricoltura a Lussemburgo, dove il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha assicurato che il voto dell’Italia sarà contrario.

Ma oltre a Fratelli d’Italia e Lega, anche il Pd si è schierato contro la proposta di Bruxelles. Come riportava a maggio Eunews, l’eurodeputata dem Elisabetta Gualmini, dopo aver sottolineato la trasversalità del fronte politico a difesa della pesca, ha ricordato che “non è ancora stata presentata una valutazione d’impatto” che dimostri l’utilità dell’eliminazione della piccola pesca a strascico.

E anche l’europarlamentare Pietro Bartolo, originario di Lampedusa, ha accusato la Commissione europea di mirare al bersaglio sbagliato: “Non possiamo colpevolizzare i pescatori, le cause della distruzione dei nostri mari sono da ricercare altrove”, aggiungendo anche che il piano “colpisce indiscriminatamente migliaia di famiglie e un settore importantissimo per la nostra economia”.

Torna su