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Nexi

Nexi, ecco che cosa (non) va

Non solo problemi tecnici dopo il blackout di venerdì scorso dei pagamenti elettronici con le carte bancomat e dei circuiti internazionali per Nexi. Anche lo stato dell'indebitamento e il crollo del titolo in Borsa iniziato lo scorso luglio...

Che succede a Nexi?

Non ci riferiamo soltanto al blocco dei pagamenti elettronici in tutta Italia venerdì mattina per bancomat e pos che passano dai circuiti gestiti da Nexi. La polizia postale sta lavorando con i tecnici di Nexi, per risalire alle cause dei problemi tecnici che hanno creato i malfunzionamenti. Dai primi accertamenti non sono emerse tracce di attacchi informatici: gli esperti avrebbero riscontrato un guasto tecnico dovuto ad alcuni problemi di Ibm, durato una quarantina di minuti.

A preoccupare soci e investitori è il crollo dell’azione del colosso dei pagamenti elettronici italiano, iniziato quasi un anno fa.

Da luglio 2021 il titolo di Nexi ha cominciato a diminuire da 19 euro fino i 9 euro attuali.

“È un doppio tilt quello di cui sta risentendo Nexi Insieme a quello dei bancomat, andati fuori uso venerdì scorso, sul colosso Pay Tech pesa da tempo il profondo rosso delle quotazioni di Borsa. Colpa di un debito netto finanziario salito a 5,2 miliardi a fine del 2021 e delle pagelle delle agenzie di rating”, segnala Fabio Pavesi sul quotidiano Verità&Affari.

Eppure Il gruppo (Nexi+Sia+Nets) ha chiuso il bilancio dell’anno in positivo. Nexi ha realizzato nel 2021 ricavi per 2,268 miliardi di euro (+10%), con un ebitda di 1,094 miliardi, in aumento del 12,1%, secondo i risultati consolidati preliminari approvati il 10 febbraio dal cda. Ma la guidance 2022 (crescita tra il 7 e il 9%) aveva deluso il mercato.i Il giorno successivo alla comunicazione dei conti il titolo ha infatti chiuso con un ribasso del 4,96%.

Tutti i dettagli.

CAOS BANCOMAT

Venerdì mattina utenti e gestori hanno subito problemi con pagamenti elettronici con le carte bancomat e dei circuiti internazionali, come Visa e Mastercard. Segnalazioni che riguardano carte legate a Unicredit, Poste italiane, Bnl, Fineco e Intesa Sanpaolo, come confermato anche dal servizio Downdetector.

La causa deriva da inconvenienti tecnici verificatisi sull’infrastruttura di Nexi, principale gestore dei pagamenti elettronici in Italia, e legati a un disservizio di Ibm, uno dei fornitori della paytech. Secondo quanto riferiscono dall’azienda, i problemi sono stati temporanei, della durata di circa mezz’ora – tra le 11.45 e le 12.15. Inoltre, i disservizi hanno interessato solo alcune aree, rallentando le transazioni.

Nel frattempo, la società ha fatto sapere che sta approfondendo con Ibm le ragioni che hanno provocato i rallentamenti.

IL COMMENTO DI UMBERTO RAPETTO

Ma la dichiarazione di Nexi lascia perplessi gli esperti.

“La società Nexi ha comunicato che i servizi sono nuovamente operativi. Qualcuno sarebbe portato a dire “bravi” ai tecnici che hanno semplicemente fatto il loro mestiere e rimediato a qualcosa che non sarebbe mai dovuto/potuto accadere”, ha commentato Umberto Rapetto, direttore di Infosec.news. “Sicuramente chi ha “resuscitato” il sistema tanto drammaticamente crollato ha il merito di aver evitato la rivoluzione civile, ma l’episodio non può certo essere archiviato con il classico timbro “risolto!” con cui si seppelliscono i fallimenti tecnologici che quotidianamente si manifestano nel Terzo Mondo hi tech di cui ci onoriamo far parte e per il cui primato cerchiamo ogni giorno di fornire una significativa testimonianza di inefficienza per non essere sfrattati dall’elite di nazioni primitive” ha aggiunto Rapetto.

NON È PROBLEMA DI CONTI

Ma ad abbattersi sul gruppo Nexi oltre il blackout di venerdì, anche la vertiginosa caduta dell’azione a Piazza Affari negli ultimi otto mesi.

Come sottolinea Pavesi , già al Sole 24 Ore e ora firma del quotidiano diretto da Franco Bechis, “I due eventi ovviamente non sono in relazione tra loro, ma la coincidenza suona beffarda. Venerdì scorso mentre i bancomat in tutta Italia erano in black out, il prezzo dell’azione Nexi si fermava a quota 9,12 euro, poco sopra il prezzo di collocamento di ben 3 anni fa. E lontano, e molto, dai massimi di 19 euro toccati nell’estate del 2021. Un violento sboom, per certi aspetti incomprensibile, agli occhi degli azionisti che pensavano a facili guadagni puntando su uno dei protagonisti del fiorente mercato dei pagamenti elettronici”.

Eppure non dovrebbe essere problema di conti. Nel 2021 la società ha registrato ricavi per 2,27 miliardi in crescita dai poco più di 2 miliardi del 2020. L’Ebitda consolidato è pari a 1.094,5 milioni nel 2021, in aumento del 12,1% su anno. I risultati 2021 di Nexi sono allineati al consensus, ma ad aver deluso il mercato è stata la guidance 2022 dell’azienda, che secondo gli esperti prevede una stima di ricavi leggermente più prudente di quanto immaginato dal mercato.

PERIODO DI SHOPPING

Inoltre proprio nell’ultimo anno Nexi ha dato il via all’espansione all’estero acquisendo la danese Nets, per poi fondersi a fine 2021 con Sia, la società di infrastrutture tecnologiche per il mercato bancario che era è posseduta da Cdp.

“La fusione, che segue quella con Nets completata il 1 luglio scorso, consentirà a Nexi di consolidarsi come la paytech italiana leader a livello europeo, una realtà da circa 2,9 miliardi di ricavi e 1,5 miliardi di Ebitda su base aggregata pro-forma al 31 dicembre 2020 incluse le sinergie a regime”, metteva per iscritto il gruppo guidato dall’amministratore delegato Paolo Bertoluzzo, già a capo di Nexi ante fusione.

Senza dimenticare che Nexi ha fatto anche un’offerta per comprare la divisione merchant acquiring di Bper. Proprio oggi Bper Banca ha comunicato di aver concesso a Nexi un’estensione del periodo di negoziazione in esclusiva nell’ambito della potenziale revisione di taluni accordi commerciali in essere.

ACQUISTI A SCAPITO DI UN INDEBITAMENTO…

Tuttavia, sempre Pavesi sottolinea che “davanti a prospettive così rassicuranti ci si sarebbe dovuti aspettare una reazione in Borsa del titolo. Che non è arrivata. Un bel mistero si direbbe. In realtà c’è ben poco di imperscrutabile nella freddezza del mercato. La crescita ci dovrebbe essere, ma a scapito di un pesante indebitamento. Già perché per condurre la campagna acquisti il gruppo, quotato in Borsa nell’aprile del 2019, si è pesantemente indebitato”.

PREOCCUPA IL DEBITO

Infatti, “Il debito netto finanziario a fine del 2021 è salito a ben 5,2 miliardi dell’anno pre-acquisizioni” evidenzia Verità&Affari. “E questo evidentemente rischia di pesare molto, ben più delle promesse di crescita dei ricavi. Vero la marginalità resta elevata, ma la leva finanziaria passa da un livello più che fisiologico a un livello di guardia di circa 3,6 volte i margini che la società produrrà nel 2022. Alla fine Nexi ha fatto il passo lungo, ma per farlo è dovuta ricorrere al debito” ha concluso Pavesi.

Non resta che attendere l’assemblea sul bilancio e il rinnovo del board convocata il 5 maggio per avere maggiori dettagli dal management Nexi.

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