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Caos Bancomat: perché Nexi non spiega che diamine è successo?

Caso Bancomat-Nexi. Il commento di Umberto Rapetto, direttore di Infosec.news

 

La società  Nexi ha comunicato che i servizi sono nuovamente operativi. Qualcuno sarebbe portato a dire “bravi” ai tecnici che hanno semplicemente fatto il loro mestiere e rimediato a qualcosa che non sarebbe mai dovuto/potuto accadere.

Sicuramente chi ha “resuscitato” il sistema tanto drammaticamente crollato ha il merito di aver evitato la rivoluzione civile, ma l’episodio non può certo essere archiviato con il classico timbro “risolto!” con cui si seppelliscono i fallimenti tecnologici che quotidianamente si manifestano nel Terzo Mondo hi tech di cui ci onoriamo far parte e per il cui primato cerchiamo ogni giorno di fornire una significativa testimonianza di inefficienza per non essere sfrattati dall’elite di nazioni primitive.

Inutile aspettarsi chiarimenti sulla vicenda. Il tempo è il miglior rimedio e la scarsa memoria un importante ausilio. Ancora attendiamo di conoscere l’esito della “autopsia” della Regione Lazio, della Sogei, delle Ferrovie e di tanti altri: che motivo c’è, quindi, di agitarsi per sapere a tutti i costi cosa ha determinato la paralisi del circuito PagoBancomat?

Se non è dato aver lumi sulle cause, nessuno sforzo è necessario per conoscere le conseguenze di un disastro di questa portata.

Chi vuole stimare il danno emergente potrebbe intervistare qualche massaia “incazzata a bestia” per esser stata costretta a lasciare la spesa nel carrello in prossimità della cassa, proprio lì dove la cassiera ha garbatamente fatto presente che per pagare ci volevano i soldi. Le virtuose casalinghe hanno così scoperto che la carta ha capacità di acquisto solo se le reti telematiche e i server funzionano, proprio come il single dietro di loro cercava di far capire forte della sua trasversalità culturale in cui erano miscelate competenze lavorative ed esperienza tra gli scaffali per preparare poi la cena.

Nella valutazione della sciagura potrebbe far comodo il parere di qualche addetto alla logistica di uno dei tanti supermarket che hanno assistito ai clamorosi ingorghi di carrelli abbandonati da chi sperava di pagare con la carta. Oltre alla fatica di riposizionare nella giusta collocazione pacchetti e confezioni sigillate, gli operatori hanno dovuto fare i conti con i prodotti affettati o tagliati al banco del fresco oppure con quelli surgelati che hanno rapidamente cominciato a gocciolare senza alcun rispetto per l’impegno riversato da programmatori e analisti alle prese con certi impicci tecnologici.

Lo stop ai pagamenti ha lasciato traccia sui pavimenti delle corsie e nei cassonetti in cui è finita la merce che – mollata lì dal dispiaciuto cliente – si è deteriorata a seguito dell’inconveniente tecnologico….

Chi pagherà i danni ai supermercati per quel che non hanno venduto e per quel che hanno dovuto buttare via? Chi ripagherà la clientela del tempo perso, del pranzo non preparato e magari della contravvenzione “guadagnata” per aver parcheggiato male o aver fatto scadere il pedaggio del parchimetro?

Non si dica di non farne un dramma. Non si continui a sospirare “sono cose che capitano…”.

Si impari a ripetere “non deve succedere” e si pretenda risposta (documentata e attendibile) al “perché è successo?”. Solo così potrà cambiare qualcosa. Soltanto in questa maniera chi sbaglia sarà costretto a pagare per gli errori compiuti, per l’incapacità manifestata, per l’incompetenza che non ha ostacolato carriere strepitose e brillanti traguardi.

Non si invochi il provvidenziale intervento degli hacker su cui scaricare ogni responsabilità. Semmai, entrassero in gioco loro, forse finirebbe che tutto funziona a perfezione….

Quel che si è verificato ha un nome e un cognome. Forse più di uno. Sapere chi sono i responsabili credo sia un diritto. Altro che privacy….

 

Articolo pubblicato su infosec.news

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