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Pnrr Bei

Cdp smobiliterà da turismo, Webuild e Tim?

Fatti, indiscrezioni e scenari sulle prossime mosse della Cassa depositi e prestiti (Cdp) targata Dario Scannapieco

 

Addio a sogni turistici? Passo di lato sulle grandi opere? Retromarcia sulla rete unica a banda larga?

Sono alcune delle domande che addetti ai lavori e politici si stanno ponendo dopo la nomina dei nuovi vertici della Cassa depositi e prestiti, il gruppo controllato dal ministero dell’Economia e partecipato dalle fondazioni: il governo Draghi al posto di Fabrizio Palermo (che l’esecutivo Conte 1 volle alla guida di Cdp su input in particolare del Movimento 5 Stelle, che vinse la disputa con l’allora titolare del Tesoro, Giovanni Tria, il quale puntava per la Cassa sul vicepresidente della Bei, Dario Scannapieco) ha nominato Scannapieco amministratore delegato: un ribaltone forse ancor più dirompente per i palazzi della politica, dell’economia e della finanza degli altri ruvidi avvicendamenti impressi da Draghi: Francesco Paolo Figliuolo al posto di Domenico Arcuri come commissario all’emergenza Covid, Fabrizio Curcio al posto di Angelo Borrelli alla Protezione civile, Elisabetta Belloni al posto di Gennaro Vecchione al Dis, per citare le più note sostituzioni che hanno fatto attapirare Conte e gioire i draghiani, veri o presunti.

Ma qual è la missione del nuovo vertice della Cassa voluto dal ministero dell’Economia che ha rinnovato il cda (mentre Giovanni Gorno Tempini, espressione delle fondazioni, resta alla presidenza)?

E’ la domanda clou che per decenni sulla prima pagina del Corriere della Sera si poneva – ogni qual volta i governi cambiavano i consigli di amministrazione e i vertici delle società controllate o partecipate dal Tesoro – l’economista liberista ed editorialista principe del quotidiano Rcs in materia economica e finanziaria, Francesco Giavazzi.

Questa volta la domanda consueta Giavazzi non l’ha formulata – e il Corsera non l’ha posta – perché l’economista amico di Draghi è stato chiamato dall’ex presidente della Bce a Palazzo Chigi come consulente proprio per codeste faccende.

Dietro la foglia di fico delle società di cacciatori di teste (“società qualificate”, rimarca oggi l’Economia del Corsera), il ministro dell’Economia, Daniele Franco, con il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, hanno composto terne sottoposte al presidente del Consiglio, che ha scelto dopo aver deciso se confermare o meno i capi azienda delle società in cui scadevano i vertici, come appunto Cdp e Ferrovie (dove sono stati nominati nuovi vertici e nuovo cda, con la figura barbina del caso Candiani di Microsoft).

Qual è stata la bussola del premier sulle nomine? Secondo il Corsera, la bussola non poteva che essere la frase che lo stesso Draghi aveva pronunciato nel discorso di insediamento al Senato: “Il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi dovranno essere valutati con attenzione”.

Che significa per la Cassa depositi e prestiti? La traduzione del Corriere giavazziano è la seguente: “Durante la gestione Palermo quel perimetro si era allargato in virtù di tutta una serie di operazioni e di una scelta a monte. Il vertice di Cdp, infatti, in tempi non sospetti avrebbe potuto legarsi le mani, scrivendo una sorta di preambolo sugli “investimenti-che-non-avrebbe-mai-fatto”, e invece aveva scelto la strada contraria”. Una scelta mai troppo criticata dal Corriere della Sera.

L’interpretazione della mission di Scannapieco in Cdp – che si può leggere oggi sul Corriere – coincide con quella fornita a caldo in maniera tonitruante nel giorno del siluramento di Palermo (“Addio al capitalismo di Stato”) dal quotidiano Repubblica (che peraltro giorni prima derubricava a “fantasiosa ricostruzione” la voce dell’imminente nomina di Scannapieco in Cdp).

Non sono gli unici spifferi sulla mission giavazziana-draghiana di Scannapieco in Cdp. Anche sulla scorta delle dichiarazioni reiterate di Draghi sulla ripartenza certa del turismo, a Palazzo Chigi si nutrirebbe un misto di disinteresse e contrarietà su interventi incisivi dello Stato nel turismo. Per questo – tra i pour parler che l’entourage draghiano avrebbe avuto già con Scannapieco – si punta il dito sul Fondo nazionale del turismo annunciato lo scorso settembre anche dal ministro Dario Franceschini (Pd) per “investimenti fino a 2 miliardi di euro negli alberghi storici e
iconici italiani”.

Gli sbuffi governativi – come ha raccontato nei giorni scorsi il quotidiano La Verità – si sono appuntati sul dossier in fase di studio da parte della Cdp di un intervento nella società proprietaria di Borgo Egnazia, lussuoso ed esclusivo resort in Puglia; un’operazione in fieri su cui si sarebbero appuntati gli strali di Giavazzi.

Un differente approccio della Cdp versione Scannapieco è atteso anche sulla rete unica, con un altro ribaltamento rispetto all’impostazione giallo-rossa del Conte 2, come ha analizzato e commentato anche un report di Intesa Sanpaolo.

Indiscrezioni giornalistiche non smentite dal governo (seppure ridimensionate e contestualizzate da una nota di Tim) e dichiarazioni del ministro della Transizione digitale, Vittorio Colao, inducono gli osservatori a ritenere non più caldo il dossier rete unica in fibra tra Tim e Open Fiber, ovvero il progetto AccessCo.

Significative le parole di ieri pronunciate dall’ex numero uno di Vodafone in Europa, ossia Colao, ora ministro di peso nel governo Draghi: “Lasciamo che piccoli e grandi” operatori “trovino il loro equilibrio, se poi i giocatori non vogliono giocare allora lo Stato dovrà intervenire ma noi dobbiamo garantire l’interesse dei cittadini non di specifiche imprese”, ha detto il ministro della Transizione digitale nel suo intervento al Festival dell’Economia di Trento rispondendo a una domanda sulla rete unica.

Non solo: “Quello della rete unica non è un grande tema negli altri Paesi. Noi, come ‘stato allenatore’, dobbiamo pensare alle competenze e alle connessioni. L’obiettivo è portare connettività dappertutto. Abbiamo preso sei miliardi e 700 milioni di euro per aiutare i ‘giocatori’. Il nostro compito è fare giocare al meglio i giocatori che ci sono poi se loro non giocheranno lo farà anche lo Stato ma l’importante è che non ci sia un giocatore che si porta via la palla e dice gioco solo io. Questo non lo faremmo mai passare e non lo farebbe passare neanche l’Europa”, ha aggiunto Colao.

Parole che non smentiscono, anzi confermano indirettamente, le indiscrezioni del Foglio: “Cdp, forse persino entro la fine dell’anno, diluirà la sua partecipazione con l’intenzione successivamente di mettere il restante pacchetto sul mercato”, ha scritto il direttore Claudio Cerasa.

Il Foglio – da sempre sensibile a sussurri e afflati liberistici alla Giavazzi, pur non disdegnando contributi statali oltre ad ospitare di recente quando era numero uno di Cdp, Palermo, alla festa tech del quotidiano fondato da Giuliano Cerasa – ha aggiunto: “L’approccio presente spinge invece la Cdp a considerarsi come un azionista presente a tempo determinato. Obiettivo: mettere i propri investimenti al servizio non di un’ideologia politica (statalizzare quel che si può) ma di una visione di mercato (uscirne quando si può)”.

Secondo “le intenzioni di Palazzo Chigi” svelate dal Foglio, “l’intenzione del nuovo corso di Cdp è quella di diluire al più presto la partecipazione, fino a uscirne del tutto, in Webuild”, gruppo partecipato da Cdp Equity con il 18,68%.

Scenario auspicato o indiscrezioni giavazzian-scannapiechiane?

Nel frattempo zampillano spifferi filo Scannapieco su prossime novità interne a Cassa depositi e prestiti.

In Cassa si inizia a ballare.

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