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Bcc, ecco come Conte coccolerà il credito cooperativo

Maggioranza di governo e Palazzo Chigi cercano di esaudire richieste e attese del mondo delle Bcc (Banche di credito cooperativo). Che cosa ha detto Conte

Maggioranza di governo e Palazzo Chigi cercano di esaudire richieste e attese del mondo delle Bcc (Banche di credito cooperativo). Tutti i dettagli e i perché

LE PAROLE DI CONTE

“Il mondo cooperativo bancario sta evidentemente soffrendo, i segnali sono molto evidenti rispetto a un quadro di riforma progettato nel 2016” e su questo tema “dobbiamo avviare e condurre un’appropriata riflessione”. È questo l’impegno del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, pronunciato nel corso dell’assemblea di Confcooperative. “Io non posso promettere l’esito della riflessione – ha detto il premier – ma c’è l’impegno del governo a lavorare insieme per mettere a punto le criticità e lavorare anche in sede europea perché queste criticità possano essere superate”.

LE PROMESSE DEL GOVERNO

“La riforma era nata per rafforzare le banche di credito cooperativo dal punto di vista patrimoniale e rafforzarne la resilienza ma rischia di portare a un’eccessiva omologazione regolamentare del modello bancario con vincoli pensati per le banche cosiddette sistemiche che rischiano concretamente – adesso ne siamo consapevoli – di frenare l’erogazione di liquidità sul territorio”, ha osservato Conte.

LE RICHIESTE DI CONFCOOPERATIVE

“Sono 250 le banche di credito cooperativo presenti in oltre 2.600 Comuni. Non si può chiedere al credito cooperativo di essere banca di territorio senza gli strumenti di legge e di normativa che gli occorrono per svolgere al meglio questo ruolo. Noi chiediamo che la normativa bancaria europea e la vigilanza per le BCC siano semplificate e riconoscano queste banche come less significant, in modo da valorizzarne il ruolo di banche ‘piccole e non complesse'”, ha chiesto il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini, nel giorno della 40esima Assemblea nazionale, aggiungendo che “va completata con la notifica a Bruxelles del nuovo regime fiscale la riforma del terzo settore e dell’impresa sociale”.

LA REAZIONE DI FEDERCASSE

Federcasse, la federazione che raccoglie le banche di credito cooperative italiane, esprime “grande apprezzamento” per l’intervento del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte all’assemblea di Confcooperative e in particolare per il passaggio dedicato alle Bcc e alla difficolta’ oggettiva, piu’ volte segnalata da Federcasse, di ‘assolvere al meglio la funzione di banche del territorio in presenza del nuovo quadro normativo disposto dalla riforma del 2016″. “Ringraziamo il Presidente del Consiglio – dichiara il Presidente di Federcasse Augusto Dell’Erba – per la significativa posizione assunta su una tematica cosi’ complessa e delicata, e soprattutto per l’impegno a sviluppare, a livello governativo, una riflessione adeguata sulla necessita’ di rimuovere quei vincoli che oggi non consentono alle banche cooperative e mutualistiche di svolgere appieno la loro funzione primaria di sostegno alle famiglie ed alle imprese italiane”.

COSA PREVEDE L’EMENDAMENTO M5S SULLE BCC

La maggioranza di governo era già in azione sulle Bcc. Secondo un emendamento dei pentastellati al decreto Agosto verrebbero smontate le due capogruppo nazionali, Iccrea e Cassa Centrale Banca (Ccb), che diventerebbero dei sistemi di tutela istituzionale (Isp) ovviamente con autorizzazione della Banca d’Italia. Questi sistemi manterrebbero “i medesimi processi di classificazione, monitoraggio e controllo dei rischi delle banche aderenti”. Indirizzi strategici, politiche di gestione e assunzione dei rischi verrebbero indicati dalle capogruppo, divenute soggetto gestore che “esercita poteri di intervento proporzionati alla rischiosità delle banche aderenti, incluso il potere di nominare, opporsi alla nomina e revocare uno o più componenti degli organi di amministrazione e controllo delle banche aderenti”. Allo stesso ente gestore verrebbero comunicate preventivamente “le decisioni di rilievo strategico quali fusioni, scissioni investimenti partecipativi e immobiliari, apertura, trasferimento o chiusura di dipendenze”.

In questo modo le Bcc manterrebbero la poca autonomia gestionale che hanno ora ma avrebbero il vantaggio di non essere più considerate significant e dunque di perdere la vigilanza della Banca centrale europea.

IL PROBLEMA DELLE BANCHE SIGNIFICANT…

Quello di essere definite banche significant è per le Bcc un problema non da poco che coinvolge tutti i 27 istituti che sono stati obbligati dalla riforma a confluire in Iccrea e Ccb. Con questa operazione, infatti, le banche di credito cooperativo sono diventate significant – ossia significative sotto il profilo del rischio – e rientrano nel gruppo dei grandi gruppi bancari sottoposti al Meccanismo di vigilanza unico che fa capo all’Eurotower. Il paradosso però, spiegano a Start Magazine gli addetti ai lavori, è che le Bcc sono considerate significant soltanto a causa dell’adesione ad un gruppo bancario cooperativo e questo comporta che una piccola Bcc con anche solo quattro o cinque sportelli venga assoggettata alle stesse regole previste per i colossi bancari europei, con tutto quello che ne consegue in termini di possibilità di (non) finanziare pmi, artigiani e famiglie.

… E QUELLO DELLA VIGILANZA

Altra questione dirimente per le banche del credito cooperativo è quello della vigilanza che, come per i gruppi bancari non cooperativi, è assegnata alla Bce. Tema di cui in teoria dovrebbe occuparsi anche la commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, come previsto dalla sua legge istitutiva (articolo 3, comma 1, lettera c). Il punto è che “la vigilanza è sulla capogruppo cooperativa, di proprietà delle singole banche che ne esprimono il modello, e sulle singole affiliate” spiegava in un’intervista a Start Magazine Augusto dell’Erba, presidente di Federcasse. Per il banchiere è invece importante che su questo fronte “ci si avvalga di un impianto complessivo che preveda una proporzionalità strutturata” così come accade negli Stati Uniti.

D’accordo con dell’Erba su questo concetto anche Corrado Sforza Fogliani, presidente di Assopopolari, secondo cui “nell’Unione europea accade che venga varata una normativa senza rispettare il principio di proporzionalità che vale – per esempio – tanto per Unicredit quanto per le banche di territorio: il che significa costi enormi per le piccole banche in rapporto alla loro massa di beni amministrati”.

LE CAPOGRUPPO E LE PICCOLE BCC

I problemi si fanno sentire in particolare per gli istituti di minori dimensioni e soprattutto per quelli che fanno capo a Cassa centrale banca. “Sempre più Bcc, in special modo quelle che hanno aderito al gruppo bancario cooperativo di Cassa centrale banca (Ccb) (che ha partecipato all’operazione di salvataggio di Carige, ndr), avvertono l’esigenza di recuperare la propria autonomia gestionale (che evidentemente è andata perduta) attraverso la ricerca di soluzioni atte a conservare nel proprio territorio le risorse patrimoniali faticosamente accumulate con l’attività bancaria senza, tuttavia, sottrarle dall’alveo della cooperazione” scriveva su Start Magazine Marco Bindelli, vice presidente del Banco Marchigiano e consigliere delegato ai rapporti con il credito cooperativo e le capogruppo (gruppo Ccb). Peraltro l’esempio dato da Ccb comportail rischio di avviare un processo di ibridazione e di eterogenesi del gruppo bancario che da cooperativo potrebbe trasformarsi in lucrativo”.

Dito puntato anche contro il ministero dello Sviluppo economico “più volte sollecitato direttamente anche su queste pagine  da marzo 2019, che avrebbe dovuto emanare il proprio decreto per disciplinare i controlli finalizzati a verificare che l’esercizio del ruolo e delle funzioni delle due capogruppo risultino coerenti con le finalità mutualistiche delle Bcc”.

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