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Cop28

Ecco le aziende che traccheggiano sul taglio delle emissioni. Report

La maggior parte delle aziende che hanno preso l'impegno alla neutralità carbonica non hanno elaborato piani di riduzione massiccia delle emissioni. Tra le più virtuose, però, ci sono Stellantis e Maersk. Cosa dice l'ultimo rapporto "Corporate Climate Responsibility Monitor".

 

I piani per l’azzeramento netto (net-zero) delle emissioni di gas serra di ventiquattro grosse aziende internazionali sono quasi tutti gravemente insufficienti, oltre che ambigui. Lo afferma un nuovo rapporto realizzato dai centri studi NewClimate Institute e Carbon Market Watch, intitolato Corporate Climate Responsibility Monitor 2023.

PER IL NET-ZERO BISOGNA TAGLIARE LE EMISSIONI DEL 90%

Praticamente tutte le grosse corporation globali hanno preso l’impegno a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Secondo lo studio, però, le strategie climatiche di quindici delle ventiquattro società analizzate hanno un’integrità “bassa” o “molto bassa” rispetto all’obiettivo fissato.

Gli autori del report sostengono infatti che la situazione di net-zero possa essere raggiunta solo con un taglio delle emissioni di almeno il 90 per cento. Tuttavia, il livello medio di riduzione da parte delle aziende è del 36 per cento circa, “totalmente insufficiente” ai fini del contenimento dell’aumento della temperatura della Terra entro gli 1,5 °C.

LE AZIENDE PIÙ VIRTUOSE

Solo cinque delle ventiquattro società analizzate – Stellantis (automobili), Maersk (trasporto marittimo), H&M (abbigliamento), Holcim (materiali da costruzione) e Thyssenkrupp (acciaio) – vogliono arrivare a un taglio delle emissioni del 90 per cento.

Al contrario, le promesse di neutralità carbonica della metà delle aziende oggetto dello studio – incluse Apple, Microsoft e Google – sono fuorvianti, perché prevedono una riduzione di solo il 3 per cento delle emissioni totali. Con neutralità carbonica (o climatica) si intende una situazione in cui la quantità di emissioni prodotte viene “pareggiata” con la rimozione della stessa quantità di gas serra dall’atmosfera tramite tecnologie apposite.

L’IMPEGNO ALLA DECARBONIZZAZIONE PROFONDA

Secondo Thomas Day, analista del NewClimate Institute e co-autore del rapporto, il termine net-zero “dovrebbe significare decarbonizzazione profonda, in modo da non ingannare gli investitori e i consumatori”. Appena tre aziende – le società di telecomunicazioni Vodafone e Deutsche Telekom, e la già citata Maersk – si sono impegnate in un percorso di decarbonizzazione profonda lungo l’interezza delle loro catene del valore.

LE AZIENDE COMPENSANO, NON TAGLIANO, LE EMISSIONI

I due terzi delle aziende analizzate, invece, non punta alla riduzione effettiva delle emissioni ma alla loro compensazione (offsetting) attraverso progetti di forestazione, ad esempio, che gli esperti giudicano però poco utili nel lungo periodo: le foreste potrebbero venire distrutte dagli incendi, liberando carbonio e cancellando i guadagni ottenuti.

I TAGLI AL 2030 E IL RISCHIO DI GREENWASHING

Il raggiungimento della neutralità carbonica verso il 2050 richiede – secondo lo studio – un taglio delle emissioni del 43 per cento rispetto ai livelli del 2019 entro il 2030. Per quella data, però, la maggior parte delle ventiquattro aziende si sono impegnate a ridurre le loro emissioni solo del 15 per cento.

L’ambiguità sugli obiettivi di net-zero, le differenze di approccio e la mancanza di quadri regolatori di riferimento e di controllo da parte delle autorità aumenta il rischio di greenwashing da parte delle aziende. Il greenwashing è una pratica che consiste nel presentare le proprie operazioni come più “sostenibili” e “verdi” (cioè dall’impatto ambientale positivo) di quanto non lo siano nella realtà.

Le aziende veramente “leader nella lotta al cambiamento climatico”, si legge, “faticano a distinguersi da quelle che si assumono un impegno più ridotto. Solo una piccola minoranza di aziende, tra cui Maersk e Stellantis, si sta assumendo impegni potenzialmente credibili per quanto riguarda una decarbonizzazione significativa entro il 2030 e oltre tale scadenza. Tuttavia, queste aziende vengono messe sullo stesso piano di altre, tra cui American Airlines, Carrefour, Deutsche Post DHL, Fast Retailing (Uniqlo), Inditex (Zara), Nestlé, PepsiCo, Volkswagen e Walmart, che fanno dichiarazioni analoghe e menzionano le proprie certificazioni SBTi a difesa di strategie climatiche che in realtà mostrano un impegno molto limitato nella riduzione delle emissioni”.

“Molti dei problemi di fondo che abbiamo individuato un anno fa”, prosegue il report, “rimangono irrisolti: per quanto riguarda Carrefour, sembra che oltre l’80% dei suoi negozi siano stati esclusi dai suoi obiettivi; Nestlé invece ha fissato un obiettivo del 50% di riduzione delle emissioni entro il 2030, che in realtà si traduce in un impegno a ridurre le emissioni dell’intera catena del valore solo del 16-21%, in quanto alcune fonti di emissione sono state escluse e i piani di compensazione sono controversi”.

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