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Google manipola gli algoritmi? Botta e risposta tra Wsj e Big G.

Che cosa si legge in un'inchiesta del Wall Street Journal sugli algoritmi di Google e come replica il colosso di Mountain View

No, i risultati di ricerca di Google non sono imparziali. Ci sono ingegneri e appaltatori che lavorano, dietro le quinte, modificando gli algoritmi e alterando i risultati della ricerca. È questo quanto scrive il Wall Street Journal, che ha condotto oltre 100 interviste e testato l’algoritmo del colosso di Mountain View.

L’ACCUSA

L’accusa è mirata e precisa: Google interviene manualmente per cambiare gli algoritmi, secondo il Wall Street Journal (pratica non sbagliata né lesiva se servisse esclusivamente ad eliminare le fake news).

Google ha “sempre rimodulato e interferito con i risultati della ricerca in misura maggiore rispetto a quanto riconosciuto dalla società e dai suoi dirigenti”, accusa il quotidiano.

AZIENDE PIU’ GRANDI FAVORITE

Gli interventi, aggiunge il quotidiano economico-finanziario americano, vanno a favorire le aziende più grandi rispetto a quelle più piccole (che possono investire meno in pubblicità). Tra le aziende che traggono vantaggio dal comportamento di Big G. ci sono gruppi del calibro di Amazon e Facebook. Le aziende che investono molto in pubblicità su Google sono favorite su più fronti e vengono aiutate sempre a migliorare i risultati di ricerca.

L’AIUTO A iPROSPECT

Ad ammettere che Google riserverebbe un trattamento di favore alle aziende che pagano per la pubblicità è stato il CEO di iProspect, una delle agenzie pubblicitarie che maggiormente investe in Google. Il manager ha affermato senza problemi che se Google aggiorna in qualche modo il suo algoritmo allora l’azienda riceve supporto per modificare il sito in modo da adeguarsi al meglio a quanto cambiato.

IL CASO EBAY

Il caso più emblematico, però, riguarda eBay. Secondo quanto riportato dalla Cnbc, infatti, nel 2014 l’azienda di e-commerce ha subito un brusco calo di traffico, tanto da dover ridurre le sue stime per l’anno in corso di oltre 200 milioni di dollari.

Google, in quell’anno, aveva abbassato il ranking di numerose pagine eBay, che quindi non generavano più il traffico di prima. Ma eBay stava già spendendo 30 milioni di dollari a trimestre di pubblicità e così decide di far pressione sui dirigenti perché aumentassero nuovamente il ranking. Quell’aumento ci fu.

LE DICHIARAZIONI DI EBAY

“Abbiamo sperimentato diversi cali significativi e coerenti in Google SEO per molti anni, cali che sono stati dannoso per quelle piccole aziende che supportiamo”, ha detto un portavoce di eBay.

LE LISTE NERE

C’è di più. Google avrebbe anche delle blacklist, degli argomenti che apparentemente censura, non per legge (tipo il materiale pedo pornografico), ma per volontà, pressione o dietro pagamenti.

Per capire quanto stiamo dicendo ci rifacciamo direttamente all’esempio riportato dal Journal. Basta inserire “Donald Trump is” su Google e su DuckDuckGo o Bing per notare come il completamento della frase sia ben diverso (e più dolce).

GOOGLE
A sinistra Google, a destra DuckDuckGo

Le blacklist e le censure riguarderebbero anche i knowledge panel (pannello di approfondimento che può eventualmente comparire quando viene digitato il nome di un’azienda o negozio) e gli snippet (frammento o un esempio di codice sorgente ), oltre ai risultati mostrati da news (soggetti a policy ancora diverse).

LA POSIZIONE DI GOOGLE

Google sostiene che nell’indagine del Wall Street Journal ci sono delle imprecisioni.

“Siamo sempre stati molto trasparenti riguardo agli argomenti trattati in questo articolo, abbiamo pubblicato le nostre linee guida e i criteri di ricerca, abbiamo reso pubbliche le nostre politiche per funzioni speciali in Ricerca come il completamento automatico e le rimozioni legali valide, il nostro lavoro per combattere la disinformazione attraverso Project Owl e abbiamo più volte ribadito che le modifiche che apportiamo alla ricerca mirano a favorire gli utenti, non le relazioni commerciali ”, afferma la nota di Google.

“Questo articolo contiene una serie di casi vecchi e incompleti, molti dei quali non solo hanno preceduto i nostri processi e le nostre politiche attuali, ma danno anche un’impressione molto imprecisa di come affrontiamo e miglioriamo i risultati della ricerca”.

BENZINA SUL FUOCO

L’indagine sembra essere una conferma a quanto sostenuto dal senatore americano Ted Cruz, che in un’audizione ha accusato l’azienda di Mountain View (tra le altre) di essere di parte e applicare la censura. Alcuni regolatori Antitrust stanno già sondando l’attività di Google per determinare se ha esercitato una posizione dominante sul mercato per reprimere la concorrenza o danneggiare i consumatori.

CONFLITTO TRA I DUE FONDATORI

In realtà la questione di quanto e come intervenire sugli algoritmi avrebbe anche portato al conflitto tra i co-fondatori Sergey Brin e Larry Page. Il primo chiedeva un intervento neutro e meno invasivo, Page ha spinto per cambiamenti più drastici.

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