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Green Pass Confindustria

Come il prof. Marco Gervasoni è stato silurato dall’università confindustriale Luiss

L’articolo di Daniele Capezzone sul caso del professore Marco Gervasoni congedato dall’ateneo Luiss di proprietà di Confindustria. Breve estratto di un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità fondato e diretto da Maurizio Belpietro   Personaggi e interpreti di questa storia: nei panni dell’epurato, il professor Marco Gervasoni, storico, saggista, e titolare alla Luiss del corso di Storia comparata…

 

Personaggi e interpreti di questa storia: nei panni dell’epurato, il professor Marco Gervasoni, storico, saggista, e titolare alla Luiss del corso di Storia comparata dei sistemi politici (Gervasoni insegna anche in un ateneo pubblico, l’Università del Molise); nei panni del “censore” politicamente corretto, il direttore del dipartimento di Scienze politiche e fondatore della Luiss school of government Sergio Fabbrini, definito da Matteo Renzi nientemeno che “uno dei pensatori più importanti del panorama europeo”. Ambientazione: la Luiss, università che fa riferimento alla Confindustria, e che ha proprio nel dipartimento di Scienze politiche il suo autentico fiore all’occhiello, un’eccellenza vera, va detto.

Che è successo? Che il professor Gervasoni, l’estate scorsa, non avendo (ancora) perso i diritti politici, la libertà d’espressione e l’uso dei social network, si è espresso in modo ruvido sul tema dell’immigrazione illegale e del traffico di esseri umani, rilanciando una proposta di Giorgia Meloni e twittando in modo chiaramente provocatorio: “Ha ragione Giorgia Meloni, la nave va affondata. Quindi Sea Watchbum bum, a meno che non si trovi un mezzo meno rumoroso”. Uno potrà dire: si può essere d’accordo o meno sulla sostanza, magari dissentire sulla forma, ma non si vede in cosa possa essere sacrificata la libertà d’espressione di un docente che – nelle ore di lezione – non si è mai sognato di ammorbare gli studenti con comizi politiciIn ogni caso, i primi a indignarsi furono quelli dell’Anpi Molise (se non lo sapevate, esiste): tale Loreto Tizzani, rappresentante dell’organizzazione, si augurò che “comportamenti così gravi (…) fossero adeguatamente valutati dall’università del Molise”. E infatti Gervasoni ebbe buon gioco a chiudere la polemica rivendicando tutta intera la sua libertà d’espressione: “Non si capisce cosa c’entri la mia attività di docente con le mie opinioni politiche espresse liberamente al di fuori, a meno di non avere come modello di libertà l’Urss, a cui l’Anpi sembra rimasta legata”. Tra l’altro, non si vede come un tweet – di tutta evidenza scritto a titolo personale – potesse o possa “impegnare” un ateneo.

Incredibilmente, però, a raccogliere la richiesta censoria dell’Anpi Molise è stata la Luiss, che si tenderebbe a immaginare come una fucina di pensiero liberale. Dapprima Fabbrini ha chiesto spiegazioni per iscritto a Gervasoni. Il quale ha provveduto a rispondere, non solo rivendicando il proprio diritto al free speech, ma sottolineando di non aver mai fatto politica in aula.

Ma la risposta non è servita a nulla. Infatti, è stato convocato in fretta e furia il consiglio di dipartimento che, a maggioranza fabbrinesca, ha defenestrato Gervasoni, sollevandolo dal corso. Intendiamoci bene: un ateneo privato ha certamente diritto ad allontanare chi crede. Tutto legittimo. Ma altrettanto legittimo è discutere il carattere discrezionale della scelta, dal quale è difficile distinguere una sgradevole sfumatura di attacco al free speech e una preoccupante commistione tra la valutazione dell’attività didattica di un docente e l’analisi delle sue dichiarazioni pubbliche e extrauniversitarie.

L’imbarazzo di fronte a una decisione oggettivamente censoria appare palpabile: la comunicazione sulla sua defenestrazione non è arrivata a Gervasoni per iscritto, ma solo con una telefonata (non sarebbe stato facile, forse, lasciare nero su bianco le motivazioni di una simile decisione), e casualmente la notizia gli è giunta dopo il voto di fiducia ricevuto dal Conte bis. Sicuramente una coincidenza.

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