Caro direttore,
spero che nessuno dei tuoi collaboratori, a differenza di due firme della Verità e di Formiche, ossia Camilla Conti e Gabriele Carrer, abbia criticato in maniera tanto plateale l’accordo di collaborazione tra la Luiss e l’Iran.
Lo spero davvero, perché è proprio dal mondo accademico che devono arrivare segnali di apertura all’altro, al diverso da noi. Specialmente se questo “altro” è la Repubblica islamica dell’Iran, un paese dalla lunga storia e dalla profonda cultura, che solo i più maliziosi potrebbero ridurre a una teocrazia guidata da un ayatollah. Esiste – mi chiedo – un interlocutore migliore di Teheran per la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli, di proprietà di Confindustria e dedicata a un grande economista e intellettuale liberale?
Lo dico con grande sincerità: sono davvero contento di questo accordo, che peraltro è dedicato a settori per nulla sensibili come la scienza e la tecnologia. Qualche malpensante dirà che non dovremmo discutere di queste cose con un paese autoritario e repressivo verso la sua stessa gente, che incarcera i cittadini occidentali con accuse false, che finanzia milizie in giro per il Medioriente, che è molto attivo nella produzione di droni e missili e che non permette la sorveglianza internazionale sulle sue attività nucleari. Qualche malpensante potrà anche pensarlo, certo, ma non certo io: anzi, io credo che l’accademia deve essere una cosa separata, un mondo delle idee.
Ho cercato di interpretare i pensieri del rettore della Luiss per motivare l’accordo con l’Iran. Ma poi – te lo confesso – mi sono vergognato.
Un caro saluto,
Francis Walsingham