L’Ue scende in campo a difesa delle aziende della Sharing economy: in arrivo nuove norme per regolamentare Uber e Airbnb
Basta ostacolare Uber e Airbnb. A prendere una posizione a favore della sharing economy è l’Europa, dopo che diversi Paesi dell’Unine tra cui Belgio, Olanda, Francia e Germania hanno scelto di ostacolare i servizi offerti, per esempio, dall’innovativa azienda di taxi.
Sharing economy: Germania vs Airbnb
Tra le big della sharing economy, c’è Airbnb, una piattaforma dedicata all’affitto degli appartamenti. Negli ultimi anni il sito ha avuto grande successo: ognuno può mettere a disposizione la propria casa o la propria stanza quando non la usa e affittarla a turisti. Un buon metodo per arrotondare lo stipendio.
Anche in Germania Airbnb ha avuto successo, ma l’impennata di affitti turisti, ovviamente non piace agli albergatori, né ai residenti, che hanno visto schizzare i prezzi degli affitti. Ed è proprio per questo che Berlino ha vietato per legge l’affitto di interi appartamenti attraverso Airbnb, promettendo multe salate (fino a 100mila euro) a chi non rispetta la norma. La nuova legge, che prende nome di Zweckentfremdungsverbot, è entrata in vigore il primo maggio 2016 e vieta l’affitto a breve termine di interi appartamenti ai turisti senza un permesso della città. I cittadini, dunque, potranno quindi solo affittare singole camere tramite portali internet, non interi appartamenti e case.
L’Ue decide di scendere in campo
Servono norme chiare e che non ostacolino le aziende della sharing economy. Ed è per questo che l’Ue sceglie di scendere in campo: come scrive il Financial Times, la Commissione pubblicherà a breve delle linee guida per spingere sulla condivisione di risorse e mezzi. Insomma, per l’Ue, i divieti imposti dai diversi Paesi ad Uber e Airbnb devono essere revocati perchè “difficili da giustificare”, come sostiene la Commissione.
L’Ue intende obbligare con le nuove norme tutti i Paesi a regolamentare l’accesso delle aziende sul mercato nazionale. La Germania potrebbe, per esempio, decidere un limite al numero di giorni per cui è possibile affittare un appartamento su siti web come Airbnb, senza ricorrere al divieto assoluto.
Sia Parigi sia Berlino, però, per ora non cambiano idea sulle aziende della sharing economy.
L’Italia e una nuova legge sulle aziende della sharing economy
Anche l’Italia fa la sua parte. Una proposta di legge relativa alla sharing economy, Uber e Airbnb prima di tutto, è stata firmata e presentata alla Camera dei Deputati mercoledì 2 marzo, da alcuni parlamentari dell’Intergruppo innovazione (Veronica Tentori, Antonio Palmieri, Ivan Catalano, Lorenzo Basso, Sergio Boccadutri, Francesca Bonomo, Vincenza Bruno Bossio, Paolo Coppola, Adriana Galgano, e Stefano Quintarelli).
La nuova normativa intende porre fine alle eterne discussioni sul tema e regolamentare una situazione bloccata ormai da troppo tempo (il servizio Pop di Uber è stato sospeso dal maggio del 2015). I Parlamentari sono convinti che serve un aggiornamento del quadro normativo: la proposta di legge, consultabile online fino al 16 maggio, è stata già ribattezzata Sharing Economy Act e ha lo scopo di ‘disciplinare le piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi’ e ‘promuovere l’economia della condivisione’.
La proposta va a regolamentare uno dei punti che ha fatto più discutere fino ad oggi, la parte fiscale: gli introiti generati dalle piattaforme come Uber e Airbnb dovranno essere tassati con una aliquota del 10%. Così fino a un massimo di 10 mila euro annui (anche sommabili da diversi servizi). ‘Il reddito percepito dagli utenti operatori mediante la piattaforma digitale è denominato « reddito da attività di economia della condivisione non professionale » ed è indicato in un’apposita sezione della dichiarazione dei redditi. Ai redditi fino a 10.000 euro prodotti mediante le piattaforme digitali si applica un’imposta pari al 10 per cento.I redditi superiori a 10.000 euro sono cumulati con i redditi da lavoro dipendente o da lavoro autonomo e a essi si applica l’aliquota corrispondente‘.
Le piattaforme dovranno agire da sostituto d’imposta, trattenendo la cifra e versandola direttamente all’erario per conto degli iscritti.
Altro punto fondamentale del documento è l’eliminazione delle tariffe fisse. Tutto ciò che è sharing economy non offre servizi per i quali il gestore stabilisce una tariffa fissa. Si tratta di una norma che chiama in causa anche Uber, che fonda il suo business sulle decisioni relative alle tariffe.