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Gig economy, Trump favorirà Uber, Lyft e DoorDash?

Trump ha scelto Keith Sonderling come vicesegretario del Lavoro: la nomina potrebbe favorire le aziende della gig economy (come Uber e Lyft) che non vogliono che i loro autisti vengano considerati lavoratori dipendenti. Tutti i dettagli.

La decisione del presidente eletto Donald Trump di nominare Keith Sonderling come vicesegretario del Lavoro potrebbe indicare la volontà di favorire le aziende della cosiddetta gig economy o “economia dei lavoretti”, cioè quel modello basato sul lavoro a chiamata anziché sulle prestazioni stabili e continuative: è il caso dei rider (i fattorini che consegnano il cibo a domicilio, spesso in bicicletta) oppure degli autisti che usano il proprio veicolo per trasportare i clienti delle piattaforme di ride-hailing (come Uber, ad esempio).

Keith Sonderling ha già lavorato nella precedente amministrazione Trump, sempre al dipartimento del Lavoro, come responsabile della divisione sugli stipendi e gli orari di lavoro. La prossima segretaria del Lavoro sarà Lori Chavez-DeRemer.

COSA C’ENTRA SONDERLING CON LA GIG ECONOMY?

Le posizioni di Sonderling sono gradite alle aziende della gig economy perché nel 2019 pubblicò un documento nel quale affermava che i lavoratori di un “marketplace virtuale” non specificato non andavano considerati dei dipendenti ma dei liberi professionisti: questo perché non avevano nulla a che fare con l’attività principale dell’azienda in questione, ossia con lo sviluppo, il mantenimento e la gestione della piattaforma che offriva il servizio e che li metteva in relazione con i clienti.

Nonostante il documento non avesse valore legale, venne accolto con favore dalle aziende della gig economy come Uber, Lyft (trasporto con conducente) o DoorDash (la principale piattaforma di consegna cibo negli Stati Uniti). La questione se i lavoratori di questo settore vadano considerati dipendenti o liberi professionisti, infatti, è controversa, come riporta Quartz.

DRIVER E RIDER SONO LAVORATORI DIPENDENTI O AUTONOMI?

Nel 2022, il 36 per cento dei lavoratori della gig economy intervistati per un sondaggio di McKinsey si è definito autonomo. È la classificazione preferita dalle aziende, e che cercano di difendere in tribunale, visto che i lavoratori autonomi non godono delle stesse tutele di quelli dipendenti (non ricevono gli straordinari né gli assegni di disoccupazione, ad esempio) e spesso guadagnano cifre inferiori allo stipendio minimo.

BIDEN CONTRO TRUMP

L’amministrazione di Joe Biden ha eliminato una norma, risalente al precedente governo Trump, che rendeva più semplice per le aziende categorizzare i propri lavoratori come autonomi: per effetto di questa decisione, “milioni di lavoratori” – ha scritto Quartz – hanno iniziato a essere considerati dipendenti.

Le cose, però, potrebbero cambiare di nuovo con il ritorno di Trump alla Casa Bianca. Dopo l’annuncio della nomina di Sonderling, mercoledì le azioni di Uber sono cresciute di oltre il 2 per cento, quelle di Lyft di più del 3 per cento e quelle di DoorDash del 2 per cento circa.

LA SITUAZIONE NEI VARI STATI

Lo scorso luglio le autorità della California hanno confermato una norma che classifica i lavoratori di Uber, Lyft e altre società – che hanno sede in questo stato, come anche DoorDash – come autonomi.

In Alabama e in Georgia la legge stabilisce che generalmente i driver delle piattaforme non sono dipendenti. Nello Utah i lavoratori della gig economy non sono considerati dipendenti, ma vengono comunque riconosciuti loro alcuni benefit.

A novembre il Massachusetts ha approvato il riconoscimento dei diritti sindacali ai driver. Pochi mesi prima, Uber e Lyft avevano raggiunto un accordo con le autorità statali sull’assegnazione di alcuni benefit agli autisti del loro servizio, pur senza fornire loro le stesse tutele riservate ai dipendenti.

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