Quando si parla di concorrenza cinese, gli industriali occidentali dell’auto vedono rosso. Da Elon Musk in giù, chiedono ai governi da un lato aiuti di Stato, visto che le aziende del Dragone sono state foraggiate dai finanziamenti pubblici di Pechino, dall’altro dazi per salvaguardare un mercato ancora troppo acerbo per reggere alla bordata rappresentata dalla Cina. Fanno eccezione i grandi marchi tedeschi, che di dazi europei sulla falsariga di quelli americani non vogliono proprio sentir parlare, dati i loro affari in costante crescita nel Paese asiatico e il timore di ritorsione. E, da qualche tempo, fa eccezione pure Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis.
COSA DICE TAVARES SUI DAZI ALLE AUTO EV CINESI
Per Tavares i dazi sui veicoli cinesi importati in Europa e negli Stati Uniti sono “una grande trappola per i Paesi che intraprendono questa strada” e non permetteranno alle case automobilistiche occidentali di evitare la ristrutturazione necessaria per affrontare la sfida.
Il numero uno di Stellantis, impegnato in un costante match col governo italiano per via del disimpegno del Gruppo nel Paese (tanto da essere arrivato a rimuovere tutti i rimandi al made in Italy dai numerosi modelli Fiat prodotti tra la Polonia e il Nord Africa), pur riconoscendo la difficoltà eccezionale del contesto storico (“Non stiamo discutendo di un periodo darwiniano, lo stiamo vivendo. La battaglia sui prezzi con le rivali asiatiche sarà molto dura”), si oppone a quei dazi che la Ue il prossimo 5 giugno potrebbe applicare nei confronti delle auto EV che arrivano dalla Cina, sospettate di concorrenza sleale perché foraggiate da veri e propri aiuti di Stato (che in Europa sono in linea di massima vietati dai trattati stessi).
Eppure Tavares già parla di decisioni impopolari nell’aria: “quando si lotta contro la concorrenza per assorbire un 30% di vantaggio competitivo sui costi a favore dei cinesi, ci possono essere conseguenze sociali. Ma i governi, i governi europei, non vogliono affrontare questa realtà in questo momento”. Questo nonostante secondo alcuni analisti, come quelli di Banca Akros, Stellantis sia la casa automobilistica che più avrebbe da guadagnare da un maggior protezionismo, perché a differenza dei concorrenti tedeschi non teme le ritorsioni di Pechino, dato che è poco esposta alla Cina, come viene fatto notare da MF.
QUANDO TAVARES TUONAVA CONTRO LA CONCORRENZA CINESE (SOLO L’ALTRO IERI)
Ma Tavares pare avere abbracciato il darwinismo solo nell’ultimissimo periodo. Ancora nella prima metà di aprile, il numero 1 di Stellantis, riguardo alle indiscrezioni su possibili contrattazioni sotto banco tra l’esecutivo e qualche marchio cinese, tuonava: “Siamo in grado di tenere testa, ma se qualcuno vuole introdurre competitor cinesi sarà responsabile delle decisioni impopolari che dovranno essere prese. Noi combatteremo, ma quando si combatte possono esserci vittime. Non aspettatevi che usciremo vincitori senza cicatrici”.
E, ancora: “L’arrivo di un competitor porta a ridurre la quota di mercato di chi è leader come noi in Italia. Se siamo sotto pressione possiamo accelerare la produttività per ridurre i costi. Inoltre, se perdiamo quote di mercato servono meno stabilimenti”. Insomma, il darwinismo cui ha accennato nelle ultime ore provocherà ‘decisioni impopolari’ e ‘cicatrici’ ovvero ‘meno stabilimenti’ (parole pronunciate in un periodo in cui a Mirafiori resterà chiuso fino a giugno proprio per via del calo di domanda di auto elettriche).
Tornando al 2022, scriveva Motor1.com: “Parità di condizioni. Non chiede altro Carlos Tavares […] chiamato a commentare il progressivo sbarco dei brand cinesi in Europa, […] riconoscendone il valore ha anche rivolto un appello/allarme ai decisori europei: bisogna salvaguardare e valorizzare di più il “made in Ue”, come fa Pechino. […] Un punto che sta molto a cuore a Tavares, tanto che ribadisce: “Non c’è ragione per creare condizioni migliori di quelle che vengono riservate a noi da loro”. Un vero e proprio “problema di asimmetria competitiva”, come sostiene il ceo, “che ha bisogno di essere riparato”. E questo “è compito dell’Unione europea”. Il pensiero – annotava il cronista – non può quindi che andare anche a quello che sta succedendo Oltreoceano, con l’ormai noto Inflation Reduction Act di Biden caratterizzato da un’evidente spinta protezionistica.”
LEAPMOTOR C’ENTRA QUALCOSA?
Difficile comprendere cosa passi in testa a Carlos Tavares, che minaccia Roma di non aprire il nostro Paese a competitor cinesi ma, parallelamente, minaccia pure Bruxelles di non presentare, il prossimo 5 giugno, un pacchetto di dazi contro le auto elettriche prodotte a Pechino e dintorni.
“Tavares, che fino a non tanto tempo fa reclamava barriere europee anti-cinesi, ora ha cambiato idea, soprattutto alla luce del recente accordo per la distribuzione in Europa di veicoli elettrici a costi più competitivi realizzati dal partner Leapmotor”, malignano stamani dalle colonne del Giornale. Chiaro il riferimento alla più grande operazione di Stellantis in Cina. Per ottenere il 20% dell’ex startup cinese Tavares ha sborsato 1,5 miliardi in un periodo non certo facile per il Gruppo.
NON È LA PRIMA VOLTA CHE TAVARES DICE NO AI DAZI CONTRO LA CINA
La Commissione dice che in media le auto elettriche cinesi sono del 20 per cento più economiche di quelle prodotte in Europa. Sulla medesima lunghezza d’onda pure l’Ad di Stellantis, che secondo quest’Ansa del 13 aprile, ha detto: “Tra l’Europa e la Cina l’unico divario è nei costi, non nella tecnologia.”
Eppure sempre Tavares lo scorso ottobre, direttamente da Hangzhou, dove ha firmato l’accordo d’investimento in Leapmotor, ha detto che l’indagine anti-sovvenzioni non è il modo migliore per affrontare le questioni globali. “Poiché dobbiamo affrontare questioni globali, dobbiamo adottare una mentalità globale. Non sosteniamo un mondo frammentato. Ci piace la concorrenza”.
STELLANTIS “CAVALLO DI TROIA” DELLE AUTO ELETTRICHE CINESI?
I dubbi espressi dal Giornale, insomma, forse hanno ragion d’essere: con Leapmotor Stellantis diventerà un distributore a tutti gli effetti di auto elettriche made in China, con tanto di marchio cinese. E in caso di dazi Ue alle auto cinesi, le vetture importate da Tavares subirebbero una forte penalizzazione.
Per usare il termine comparso qualche giorno fa dal Sole 24 Ore (ricondotto a un commento fatto da esponenti del governo italiano), il gruppo di Tavares diventerà un vero e proprio “cavallo di Troia” che permetterà alle auto elettriche cinesi di sbarcare nel Vecchio continente. Da qui, secondo diversi osservatori, la sua possibile contrarietà ai dazi che Bruxelles starebbe studiando.
Insomma, Stellantis sull’auto elettrica non solo sta mutando profondamente pelle – da costruttore a mero importatore di vetture asiatiche – ma sembra persino agevolare in prima battuta quel “darwinismo” che avrà “conseguenze sociali”, “cicatrici”, “decisioni impopolari” e “meno stabilimenti”, per usare i virgolettati dello stesso Tavares. Delle due l’una: o è uno sdoppiamento della personalità o c’è puzza di conflitto di interessi che riguarda un asset fondamentale per l’industria italiana come pure quella europea.