Stellantis starebbe grattando via in sordina il tricolore dalle carrozzeria delle Fiat 600 prodotte a Tychy, in Polonia, dove dagli anni Settanta il Gruppo ha delocalizzato parte della produzione un tempo italiana, con una netta accelerazione già ai tempi della Fca di Sergio Marchionne. Già nel marzo del 2021 Stellantis annunciava che il numero di 500 prodotte in Polonia aveva raggiunto i due milioni e mezzo di vetture.
A PROPOSITO DELLO STABILIMENTO DI TYCHY
Questi i materiali ufficiali di Stellantis che aiutano a fare chiarezza sulle Fiat prodotte in Polonia: “Lo stabilimento di Tychy ha iniziato la sua produzione nel 1975 come fabbrica costruttrice per il marchio Fiat e attualmente adotta un sistema su tre turni impiegando più di 2.000 persone. Il suo portafoglio prodotti comprende modelli che hanno vinto il prestigioso premio European Car of the Year, come la Jeep Avenger nel 2023, la Fiat 500 nel 2008 e la Fiat Panda nel 2004. […] Dall’inizio della produzione nel 1975 fino al dicembre 2022, lo stabilimento di Tychy ha prodotto l’impressionante numero di 10,8 milioni di automobili.”
SPARITO IL TRICOLORE DALLE 600
Non è dato sapere se il Gruppo di Carlos Tavares abbia assoldato nottetempo schiere di stagisti per rimuovere il tricolore dal paraurti posteriore dalla 600 ma, come fa notare Milano Finanza (che ha fotografato due modelli, quello presentato il 4 luglio 2023 e quello attualmente nei concessionari), la bandiera italiana non adorna più il retro.
“Perché lo ha fatto?”, si chiedono retoricamente dalle colonne del quotidiano economico. “Per evitare che anche la Fiat 600 diventi un caso e rischi di dover affrontare gli stessi problemi avuti dalla Fiat Topolino: il sequestro da parte della Guardia di Finanza all’arrivo in Italia”, la risposta.
Una risposta che non arriva da Stellantis, dato che in merito alla sparizione del tricolore non ha fornito alcuna comunicazione ufficiale.
PERCHÉ LE DOGANE SEQUESTRANO LA FIAT TOPOLINO
Com’è possibile leggere in questi materiali dell’Agenzia delle dogane sulle norme di riferimento, non si può rivendicare l’origine nazionale (“made in Italy”) per quei beni per i quali una parte rilevante del processo produttivo è stato realizzato all’estero. Rispetto all’Alfa Romeo, che ha dovuto frettolosamente cambiare strada per colpa del nome del modello (Milano), qui più che Topolino rileverebbe l’apposizione del tricolore italiano.
L’Accordo di Madrid permette di bloccare alla frontiera le merci per le quali vi sia il fondato sospetto che rechino una falsa o fallace indicazione di provenienza. In quel caso è possibile far scattare un fermo amministrativo all’atto della loro introduzione nel territorio dello Stato da parte degli uffici doganali competenti. La questione inoltre non ha solo natura civilistica-amministrativa, avendo potenzialmente rilievo penale.
L’articolo 517 del Codice penale individua la seguente condotta: “Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell’ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro”.
IL SITO ABBONDA DI RIFERIMENTI ITALIANI
Start Magazine sottolinea che il sito ufficiale dell’auto continua invece ad abbondare di richiami al nostro Paese che lasciano intendere che sia realizzata in Italia: lo slogan scelto per reclamizzare l’auto elettrica fatta in Polonia è difatti sempre “The Italian update” mentre nel sito si trovano riferimenti come: “In perfetto stile Dolcevita Sentirsi italiani e vivere la Dolcevita con la nuova 600”, “Sali a bordo di nuova 600 e guida circondato dai colori dei più bei paesaggi italiani. Ritrova il sole, la terra e il cielo e il mare tra le opzioni di colore disponibili”, e ancora: “Spa italiana” e “I colori dell’Italia”. Abbiamo fotografato alcuni di questi, nel caso dovessero sparire dall’oggi al domani come la bandiera italiana frettolosamente ammainata dalla carrozzeria dell’utilitaria.
Delle due l’una: o Stellantis ha preferito procedere anzitutto con la rimozione del tricolore dalle 600 polacche per evitare il sequestro delle vetture perché è ciò che viene preliminarmente notato alla dogana e poi in un secondo momento farà sparire anche i richiami all’Italia dal sito, oppure quelli resteranno, anche se la strada in quel caso per la city car della Fiat si farebbe sdrucciolevole.
STELLANTIS NON PUÒ PERMETTERSI DI PERDERE IL MERCATO ITALIANO
Del resto la querelle tra il ministero del Made in Italy e il marchio Alfa Romeo sul nome della Milano prima e il sequestro delle Topolino marocchine col tricolore sulla fiancata nel porto di Livorno poi fanno capire che il rapporto tra il Gruppo industriale, che a Roma ha spesso goduto di una considerazione di favore, e Stellantis è ormai ai minimi storici.
E Carlos Tavares sa bene che anche se Fiat può fare a meno degli operai italiani, come dimostrano la Topolino marocchina,l’Alfa Romeo Milano/Junior fatta in Polonia, la 500 algerina, la futuribile Panda serba e la 600 polacca, non può fare a meno degli acquirenti italiani. Il nostro Paese, assieme al Brasile, alla Turchia e all’Algeria, è difatti tra i principali mercati della marca più venduta da Stellantis, con una quota del 12,8% nel 2023. Il blocco sistematico delle vetture Stellantis ai porti dello Stivale sarebbe insomma un danno economico gravissimo per la multinazionale nata dalla fusione con la francese Psa.