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Ford Auto Elettrica

Perché Ford inchioda sull’auto elettrica

Le basse vendite hanno spinto Dearborn a ridurre i volumi dell’F-150 Lightning per "raggiungere l’equilibrio ottimale tra produzione, crescita delle vendite e redditività". In fuga dall'auto elettrica Ford torna ad accelerare sui motori tradizionali. Fatti, dettagli e approfondimenti

Non sono solo i giapponesi a dimostrare scetticismo sull’auto elettrica (il Ceo di Toyota, Akio Toyoda, uno dei più noti detrattori della mobilità elettrica, commentando il calo della domanda delle vetture alla spina durante il Japan Mobility Show ha sferzato i sostenitori della mobilità alla spina e, in particolare, tutti i suoi detrattori che lo criticano per la sua intransigenza sulle EV: “Le persone stanno finalmente cominciando a vedere le cose come stanno”). Anche le Case statunitensi, infatti, si stanno ritirando alla chetichella dal segmento, preoccupate dalla freddezza dimostrata in merito dalla propria utenza. Questo naturalmente non vuol dire che il futuro dell’auto non sarà elettrico, ma semplicemente che quel futuro potrebbe non essere così immediato. Come dimostra anche Ford, terzo marchio più venduto negli States nel 2023, che per il 2024 ha deciso di sovvertire i propri piani industriali tornando a spingere sulla produzione delle vecchie endotermiche e rallentando sull’auto elettrica.

FORD SCAPPA DALL’AUTO ELETTRICA?

“Per tener conto del differente andamento della domanda dei consumatori”, fanno sapere da Dearborn, è stato deciso di aumentare la capacità assegnata ai modelli termici riducendo al contempo quella dedicata al pick-up elettrico della propria line-up.

Insomma, Ford tira il freno sull’F-150 Lightning per “raggiungere l’equilibrio ottimale tra produzione, crescita delle vendite e redditività” e adattarli alla domanda. Tra i commentatori c’è chi ipotizza che tale mossa sia dovuta anche all’incertezza portata dalla cavalcata elettorale di Donald Trump, che se riuscisse a tornare alla Casa Bianca potrebbe dare un colpo di spugna agli incentivi voluti dall’amministrazione Biden per premiare i costruttori che passano all’elettrico.

È però difficile pensare che, almeno al momento, la politica c’entri qualcosa: il raffreddamento dell’entusiasmo delle Case, che salvo sporadiche eccezioni non sono mai parse troppo convinte della nuova tecnologia né tanto meno della praticabilità di un passaggio così repentino, pare legato a seri motivi commerciali legati all’indifferenza dei consumatori. Difficile poi pensare che Trump possa scardinare l’impianto dell’Ira di Biden, dato che è configurabile come una mossa autarchica, gradita anche ai Repubblicani.

Del resto, la stessa Ford in base alla curva intrapresa dal mercato ha affermato di prevedere una “una crescita continua delle vendite globali di veicoli elettrici nel 2024, anche se inferiore rispetto al previsto”.

LA STERZATA DI FORD, COSA CAMBIA NEL PIANO INDUSTRIALE

Questo significa che nel Rouge Electric Vehicle Center di Dearborn dal prossimo primo aprile sarà attivo un solo turno lavorativo: con ripercussioni dirette su 1.400 operai, di cui la metà sarà messa Wayne (Michigan) con l’obiettivo di “soddisfare la domanda” delle vetture endotermiche Bronco, Bronco Raptor e del Ranger, “sostenendo il futuro aumento dei volumi programmati per le linee dei veicoli prodotti nello stabilimento”, mentre gli altri 700 saranno ricollocati in altri impianti nel Michigan sudorientale o indirizzati verso gli incentivi all’esodo frutto dell’accordo dello scorso autunno con il sindacato Uaw.

Non si escludono infatti fuoriuscite per “poche dozzine” di dipendenti impiegati nelle fabbriche di componentistica destinata proprio alla produzione dell’F-150 Lightning; in merito a Dearborn lasciano aperte due strade che prevedono rispettivamente il ricollocamento sulla linea delle endotermiche in altri stabilimenti o l’accesso alle uscite concordate.

Parallelamente, Ford intensificherà come detto la produzione di vetture endotermiche attraverso un nuovo turno coperto da 1.600 operai in gran parte provenienti dalla divisione elettrica e in parte attraverso un programma di assunzioni a termine. Ford ha fatto anche sapere ai propri azionisti di “avere la capacità disponibile per scalare la produzione” dei pick-up F-150 ibridi e a benzina “in base alla domanda dei clienti”.

VOLKSWAGEN BLOCCA LA QUARTA GIGAFACTORY

Situazione analoga pure nel cuore dell’Europa, a Wolfsburg, dove ha sede uno dei marchi del Vecchio continente più entusiasti della transizione in atto: Volkswagen. IIl Gruppo non solo ha annunciato un piano di tagli da 10 miliardi, ma ha anche deciso di bloccare i piani per un quarto sito produttivo di batterie dopo le gigafactory di  Salzgitter (Germania), Sagunto (Spagna) e St.Thomas (Canada) che dovrebbe trovare dimora nell’Europa dell’Est (si parlava di in una località tra Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia).

SALTATA LA PARTNERSHIP NIPPO-STATUNITENSE

La bolla dell’auto elettrica lo scorso autunno aveva già portato Honda a stracciare l’accordo di partnership con General Motors per lo sviluppo di auto a batteria “dal prezzo accessibile”. Un accordo che non è durato nemmeno un anno e avrebbe dovuto prevedere la creazione di crossover compatte assemblate sulla piattaforma e dotate delle batterie Ultium del colosso di Detroit per arrivare sul mercato nel 2027 a prezzi inferiori ai 30 mila dollari.

Per l’ad della Honda, Toshihiro Mibe, non è infatti ancora arrivato il momento per progetti economicamente sostenibili finalizzati a sviluppare “elettriche a prezzi accessibili”. Mentre l’omologo americano Mary Barra ha laconicamente detto: “Stiamo adottando misure immediate per migliorare la redditività del nostro portafoglio di veicoli elettrici e adattarci al rallentamento della crescita a breve termine”, rinviando di un anno il lancio sul mercato e l’avvio della produzione delle varianti a batteria dei pick-up Chevrolet Silverado e GMC Sierra.

PANASONIC INCHIODA

Restando sempre in Giappone, negli ultimi mesi si segnala che pure Panasonic ha ridotto la produzione di batterie per autoveicoli nel secondo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti per cercare di evitare eccessi di magazzino. Anche qui si può parlare di un effetto nefasto della bolla dell’auto elettrica.

L’azienda stava gestendo le scorte sulla base della forte domanda registrata nel primo trimestre. “Abbiamo lavorato per ottimizzare le scorte chiudendo le linee, piuttosto che chiudere completamente le attività”, ha dichiarato Hirokazu Umeda, CFO del gruppo Panasonic.

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