I numeri erano di quelli importanti. Oltre 21 mila stazioni di ricarica per veicoli elettrici operative entro i prossimi tre anni sulle superstrade e nei centri urbani: sono quelli snocciolanti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Missione 2, Componente 2, Investimento 4.3) per installare entro fine 2025 almeno 7.500 infrastrutture di ricarica super-rapida sulle strade extraurbane, escluse le autostrade, e 13.755 infrastrutture di ricarica veloci nelle città. Ma, secondo Repubblica, tra il dire e il fare c’è di mezzo la pessima gestione dei bandi da parte degli enti competenti, che fa sì che le gare stiano andando deserte. A eccezione di Be Charge, gruppo Eni ed Enel X Way, che sono riusciti ad aggiudicarsi gran parte delle commesse.
BANDI PASTICCIATI
I problemi sono numerosi, come riporta il quotidiano del gruppo Gedi: “Paletti tecnico-burocratici, tra la scelta delle location come le pompe di benzina e il numero minimo di punti da garantire nelle diverse aree, che hanno prodotto gare che sono state criticate dalle aziende del comparto”. Accade così che il dossier passato dall’ex ministro Roberto Cingolani al ministro Gilberto Pichetto Fratin, “che in pochi mesi ha dovuto provvedere per evitare di trovarsi in fallo con Bruxelles rispetto alla scadenza del 30 giugno legata al Pnrr”, si sia di fatto tradotto in un bando nato-morto.
LE CONSEGUENZE
“Alcune regioni, come Sardegna e Calabria, non vedranno impianti realizzati grazie al Pnrr nei prossimi dodici mesi, così come una parte della Sicilia.” Secondo auto.it “a causa di ostacoli tecnico-burocratici, le società che hanno scelto di partecipare al bando delle regioni Trentino, Veneto, Campania e Friuli Venezia Giulia non sono state ammesse”.
“La scadenza del 30 giugno 2023 è stato un ostacolo non indifferente per gli operatori italiani: per il nostro Paese l’Unione Europea ha stanziato ben 713 milioni da utilizzare entro il 2026 per 21mila nuove colonnine ma, a causa del cambio di Governo, da quello Draghi a quello targato Meloni, i tempi si sono inevitabilmente allungati, con gli operatori hanno avuto meno di un mese di tempo per presentare le proprie candidature”.
L’ALLARME INASCOLTATO DI MOTUS-E
Ci aveva insomma visto lungo Motus-E, che già a metà maggio aveva lanciato l’allarme sull’utilizzo dei fondi del Pnrr destinati alla rete di ricarica per le auto elettriche. Per l’associazione c’era il rischio che questi fondi potessero non essere sfruttati con ovvie conseguenze negative per la realizzazione di un progetto fondamentale per la diffusione delle auto elettriche nel nostro Paese. Motus-E in particolare aveva puntato il dito sulle tempistiche eccessivamente stringate: soli 28 giorni a disposizione per la presentazione delle proposte.
BE CHARGE ED ENEL X WAY FANNO LA PARTE DEL LEONE
“Alla fine – scrive Repubblica – saranno più di 4 mila le stazioni di ricarica che gli operatori – a far la parte da leoni sono Be Charge, gruppo Eni, ed Enel X Way – realizzeranno entro un anno. Se non sarà rispettato il termine perderanno il contributo a fondo perduto”.
E ORA?
I soldi che Bruxelles ha fatto arrivare a Roma per il primo bando per l’installazione delle prime colonnine di ricarica per le auto elettriche, ovvero 150 milioni “rimangono quindi nel congelatore. Sempre che l’Unione Europea dia il via libera al loro riutilizzo, cosa di cui il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica è però convinto”.
LE ULTIME PAROLE FAMOSE
Durante un Question time alla Camera svolto nell’ultima giornata di maggio, il ministro Gilberto Pichetto Fratin aveva rassicurato: “Raggiungeremo gli obiettivi nei tempi prefissati, senza la necessità di dilazionare ulteriormente le scadenze già stabilite”. In quella occasione, Pichetto aveva anche ricordato che è stato attivato uno sportello virtuale col supporto del Gse. Ora invece Repubblica anticipa che non saranno assegnati fondi per 2.500 punti rapidi extraurbani: l’ennesimo inciampo di un Paese che rischia di perdere la corsa per l’auto elettrica.