Stellantis deve restare italiana, quantomeno focalizzata sul nostro Paese: sarebbe del resto un bel paradosso, per il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, farsi scappare tra le dita il principale player dell’automotive, sebbene il Gruppo scalpiti, specie dopo la fusione con PSA.
IL FRONTE COMUNE CONTRO IL BANDO UE
E dire che, almeno su un punto, il titolare del dicastero dello Sviluppo Economico, Urso, e il numero 1 di Stellantis, Carlos Tavares, sono d’accordo: la contrarietà al bando dei motori endotermici deciso da Bruxelles.
Una contrarietà che l’Italia aveva già espresso col governo Draghi (Giancarlo Giorgetti sedeva sulla poltrona che oggi è di Urso), mentre la Francia, paese attorno cui orbita Stellantis post fusione con Peugeot, ha sempre tenuto una posizione più morbida e favorevole.
COSA SI SONO DETTI STELLANTIS E URSO
L’occasione in cui ribadire posizioni e preoccupazioni è il tavolo Stellantis al ministero dello Sviluppo economico, che ha visto la partecipazione anche dei sindacati metalmeccanici per capire i concreti sviluppi del piano industriale “Dare Foward”.
Da un lato del tavolo, per il governo, presenti il ministro Urso, il viceministro Valentino Valentini e la sottosegretaria Fausta Bergamotto. Dall’altro lato sedeva il senior vice president Corporate affairs di Stellantis Italia, Davide Mele.
In quella sede Urso ha sottolineato la necessità di procedere con la verifica «degli impegni dell’azienda in investimenti, produzione e occupazione» e ha ribadito che l’obiettivo è quello di «salvaguardare la filiera automotive, asse centrale dell’industria italiana».
LA TIRATA D’ORECCHI SUGLI AIUTI
L’obiettivo del governo è impegnare il Gruppo affinché «produzione e occupazione restino in Italia» così come gli incentivi siano «a beneficio del lavoro italiano» mentre finora «sono andati in misura maggiore a sollecitare la domanda di auto prodotte da Stellantis, sebbene per meno della metà su modelli fabbricati in Italia».
Questo gap – ha scandito il ministro -va colmato al più presto: gli incentivi devono andare a beneficio del lavoro italiano. Al tavolo Urso ha sollecitato pertanto maggiore attenzione alla filiera dell’automotive, con le stesse modalità con cui avviene in altri Paesi, citando il caso Lear di Grugliasco (Torino), “che crediamo sia un pericoloso segnale d’allarme”.
In compenso il governo assicura «l’impegno di tutelare a Bruxelles e con i partner europei gli interessi della filiera automotive e quindi dell’occupazione nel nostro Paese», confermando la centralità del settore per il governo.
L’IMPEGNO DEL GOVERNO (IN MILIARDI DI EURO)
Non a caso Urso ha sgranato di fronte a Mele come un rosario tutti i fondi pubblici arrivati a Stellantis con i contratti di sviluppo per oltre 2,7 miliardi cui si aggiunge quello pluriennale per l’automotive da 8,7 miliardi fino al 2030.
Stellantis da parte sua ha rassicurato confermando «il ruolo centrale dell’Italia nelle strategie del gruppo», ma al contempo chiede anche di «far ripartire il mercato dell’elettrico in Italia, riadattando lo schema degli incentivi, pensandone di nuovi».
COSA CHIEDONO I SINDACATI
Secondo la Fiom Cgil servono nuovi modelli e nuovi volumi per tornare ad essere uno dei primi Paese produttori in Europa: «Bisogna tornare a produrre quasi 2 milioni di veicoli, a fronte dei poco più di 460 mila prodotti nel 2022». I sindacati chiedono per questo un «confronto continuativo» con tutta la filiera per il passaggio all’elettrico.
Le preoccupazioni dei rappresentanti dei lavoratori si basano sui volumi che nel corso del 2022 si sono fermati a quota 685.753 veicoli, in leggero recupero sul 2021 (+1,8%), anno ancora pandemico, ma sotto del 17% rispetto all’anno pre-Covid, il 2019 e, soprattutto, lontani dalla soglia di un milione di autoveicoli che le imprese della filiera considerano necessaria a mantenere vivo il tessuto industriale della componentistica.
Per le sigle dei metalmeccanici è necessario focalizzarsi sullo stabilimento di Cassino, dove è partita la produzione della Maserati Grecale, ma si viaggia a singhiozzo, con 150 lavoratori ogni giorno in cassa integrazione.
Preoccupano poi le fabbriche di motori di Teksid, la Vm di Cento e Pratola Serra mentre hanno richiesto un impegno della dirigenza ad avviare progetti già annunciati come la nuova piattaforma produttiva a Melfi e la gigafactory di Termoli.