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Mobileye

Guida autonoma, perché l’inchiodata di Mobileye manda a sbattere Stm

Le robo-auto non corrono più. L'ex startup israeliana ha dimezzato il fatturato atteso nel primo trimestre 2024. Una frenata improvvisa che, oltre a Mobileye, ha travolto pure il colosso italo-francese dei chip Stm

Il 2023 appena archiviato non è stato certo l’anno della guida autonoma. Tesla risulta ancora piuttosto indietro rispetto alle promesse fatte alla propria clientela e, in più, nel corso dell’anno sono aumentati i dubbi circa la veridicità di un video diffuso sette anni prima per reclamizzarne le futuristiche potenzialità; mentre Cruise, una delle realtà più promettenti, è tornata ai box dopo un sinistro che ha riacceso la spia della questione sulla sicurezza. Anche qui alla base di tutto ci sarebbe un video: questa volta non falso ma registrato dalla vettura senza conducente e nascosto alle autorità. Da qui la decisione della controllante General Motors di azzerare i vertici dell’ex startup per riguadagnare la fiducia del mercato. Ma anche il 2024 non si preannuncia facile per chi ha deciso di scommettere sulla guida autonoma, come ha dovuto ammettere un’altra ex startup, Mobileye, il cui fatturato preliminare per il 2024 sulla base dell’andamento contingente è stato corretto al ribasso e quello del primo trimestre tagliato del 50 per cento.

CHI È E COSA FA MOBILEYE

Il sogno di poter mettere in strada auto senza piloti al momento resta tale. Ma nel corso dell’ultima decade non sono state certo poche le realtà spuntate dal nulla con l’obiettivo di creare il primo mezzo che circoli in totale autonomia. Alcune hanno già chiuso da un pezzo, finite a gambe all’aria dopo altisonanti raccolte di capitali, mentre altre hanno avuto maggior fortuna e solleticato l’interesse di big dei settori hi-tech e automobilistico che continuano a sorreggerle.

Tra queste, appunto, Mobileye, fondata a Gerusalemme nel 1999 e acquisita per circa 15,3 miliardi di dollari da Intel nel 2017. Vista la cifra spesa dal colosso californiano aveva fatto soprattutto notizia che, qualche anno più tardi, ovvero nell’autunno del ’22, l’unicorno israeliano non si fosse certo contraddistinto per una partenza sprint in Borsa (del resto l’asticella era stata fissata troppo in alto: inizialmente si parlò di una Ipo da 50 miliardi).

CHI SONO I CLIENTI DELL’EX STARTUP

L’azienda israeliana negli anni ha comunque tessuto una ragnatela commerciale di tutto rispetto con le principali case automobilistiche del mondo, da quella dei mezzi alla spina per antonomasia, ovvero Tesla di Elon Musk, al gruppo europeo Volkswagen (collaborando in particolare con Porsche), passando per gli americani di General Motors, fino ai cinesi di Nio e Geely (per quest’ultima ha lavorato anche per Polestar, la divisione di auto elettriche della svedese Volvo).

Gli ingegneri di Mobileye sono al lavoro su un RoadBook che, completato, sarebbe concesso su licenza ai vari clienti. Si tratta di una mappa digitale di tutte le strade in America e in Europa che le auto potranno leggere per operare senza più la presenza fissa del conducente.

CHE SUCCEDE AL SOGNO DELLA GUIDA AUTONOMA?

Nel 2023 però ha iniziato a gonfiarsi la cosiddetta “bolla dell’auto elettrica” che ha portato un numero crescente di Case a rivedere i propri piani industriali al fine di rallentare la produzione e posticipare il debutto dei modelli EV precedentemente annunciati.

Sulla base di questi ultimi dati, l’azienda israeliana prevede adesso una perdita operativa preliminare per il 2024 compresa tra 468 e 378 milioni di dollari, rispetto alla perdita operativa preliminare per il 2023 di 39-33 milioni di dollari. Allo stesso modo, le previsioni di utile operativo rettificato per il 2024 risultano inferiori.

CON MOBILEYE INCHIODA ANCHE STM

Una inchiodata dovuta al calo degli ordini da parte dei clienti (alle prese con la necessità di dover smaltire le scorte in eccesso) che ha finito per travolgere anche il colosso italo-francese dei semiconduttori STMicroelectronics (la cui trimestrale è attesa per il prossimo 25 gennaio).

La società guidata da Jean-Marc Chery produce infatti per gli israeliani di Mobileye il chip EyeQ. La partnership è così forte che nel 2022 l’ex startup risultava tra i primi 10 clienti di Stm. Per questo l’annuncio da parte della società che rincorre il sogno della guida autonoma di un fatturato 2024 (al mid-point) in ribasso del 9% su base annua e del 26% sotto le attese di consenso ha avuto immediate ripercussioni sul titolo di Stm.

I CHIP NON VANNO PIÙ A RUBA?

Ma il campione europeo non è il solo a temere rallentamenti sul mercato dei chip. Dall’altra parte del mondo, infatti, il colosso taiwanese Foxconn (sforna gli iPhone di Apple) ha ammesso di aspettarsi un calo su base annua dei ricavi del primo trimestre sulla base dei rallentamenti registrati nei tre mesi precedenti.

È ancora troppo presto per dire che il mercato dei chip, esploso in modo inatteso subito dopo la pandemia, stia ora inchiodando. Anche perché sono numerosi i fattori che possono influire sulle previsioni di Foxconn, a iniziare dalle questioni geopolitiche dell’area in cui opera. Non ha certo aiutato il discorso di fine anno del presidente cinese Xi Jinping secondo cui «La riunificazione con Taiwan è una necessità storica».

Inoltre, a breve sulla nazione insulare che continua a lottare per la propria indipendenza da Pechino si terranno a giorni nuove elezioni. Non bisogna dimenticare che proprio il fondatore di Foxconn, Terry Gou (qui l’approfondimento di Startmag), ha annunciato ad agosto la candidatura alle presidenziali del 13 gennaio 2024 dopo essersi dimesso dal consiglio d’amministrazione dell’azienda.

Gou è ideologicamente vicino al Kuomintang – partito di destra e nazionalista all’opposizione – e pensa che Taiwan dovrebbe essere in buoni rapporti con la Cina, sua principale partner commerciale. Quel che è certo è che, nonostante gli alti e bassi azionari, il mondo continua a essere affamato di microchip. Una fame che in parte spiega il rinnovato appetito del Dragone per l’isoletta che sorge a pochi chilometri dalle sue coste.

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