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Catl Tesla Guerra Prezzi Cina

Così i pirati Houthi sgonfiano le gomme alle auto prodotte in Europa

La prima ad ammettere possibili ritardi per via dello spostamento delle rotte era stata la cinese Geely. Ora gli attacchi dei pirati Houthi fermano la fabbrica tedesca di Tesla e Volvo

I recenti attacchi pirati dei ribelli yemeniti Houthi alle navi mercantili e alle petroliere in transito nello Stretto di Bab el Mandeb, oltre ad aver provocato una pesante reazione militare da parte delle marine statunitensi e britanniche e generato nuovi timori sul dilagare dell’attuale crisi mediorientale in altri scenari con pesanti ripercussioni sui mercati petroliferi, stanno avendo anche conseguenze sull’industria dell’auto del Vecchio continente, in particolare quella del blocco continentale, già acciaccata per altri motivi contingenti.

GLI ASSALTI DEGLI HOUTHI FERMANO TESLA

Tesla, precedentemente rallentata sul finire del 2023 dal recente sciopero in Nord Europa, ha optato per il fermo di due settimane della fabbrica di Grünheide, alle porte di Berlino, che già in passato era stata definita da Elon Musk, insoddisfatto per la sua capacità produttiva, una “fornace brucia soldi”.

COSA DICONO DALL’IMPIANTO

Nel comunicato si legge: “A causa della mancanza di componenti, siamo costretti a sospendere la produzione di veicoli presso la Gigafactory di Berlino-Brandeburgo tra il 29 gennaio e l’11 febbraio, ad eccezione di alcune sottoaree”.

PURE GEELY TEME I PIRATI

Già nei giorni scorsi, stante l’aggravarsi della situazione lungo quell’arteria marittima essenziale per il commercio da e verso l’Europa, anche il costruttore cinese Geely aveva messo in conto possibili ritardi.

LA CORREZIONE DELLE ROTTE LASCIA A SECCO L’EUROPA

“I disordini degli ultimi giorni nel Mar Rosso e i relativi spostamenti nelle rotte di trasporto tra Europa e Asia attraverso il Capo di Buona Speranza hanno un impatto sulla produzione a Grünheide”, spiegano da Tesla, imputando la decisione al fatto che “i tempi di trasporto notevolmente più lunghi stanno creando un gap nelle catene di approvvigionamento”.

Questo perché le principali compagnie armatoriali, da Maersk a Msc passando per Hapag-Lloyd, pur di evitare i rischi di essere incrociati dai pirati che infestano il Mar Rosso, stanno spostando i loro traffici attorno al Capo di Buona Speranza (Sudafrica), una rotta che, oltre a essere più perigliosa dal punto di vista meteorologico, esponendo le imbarcazioni alle perturbazioni dell’oceano, aumenta di circa 10 giorni i tempi di navigazione tra l’Asia e il Nord Europa e richiede circa 1 milione di dollari in più di carburante. Prezzi che potrebbero salire, dato che le attuali tensioni dell’area stanno già contribuendo al rialzo dei barili.

NON SOLO TESLA: GLI HOUTHI FERMANO ANCHE VOLVO

Per i medesimi motivi, Volvo ha temporaneamente congelato la produzione delle XC40 e C40 nello stabilimento di Gand, in Belgio anche se, almeno per il momento, si dovrebbe trattare di fermi più limitati rispetto a quelli decisi da Tesla.

LA PEGGIOR CRISI MARITTIMA DALL’INCIDENTE EVER GIVEN

La situazione, che al momento non sta creando analoghi ritardi negli impianti di altri marchi dislocati in Europa continentale (da Volkswagen a Bmw) rischia di causare maggiori danni al commercio rispetto all’incidente a Panama del 2021, quando la Ever Given, tra le più grandi portacontainer al mondo (400 metri di lunghezza), rimase incagliata nello stretto del Canale di Suez  per 6 giorni, mandando in tilt il traffico marittimo mondiale e bloccando il 12% delle spedizioni via mare.

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