Alla fine governo e Stellantis, dopo mesi di battibecchi, sembrano aver trovato un accordo. Jean Philippe Imparato, responsabile europeo del gruppo, tiene a precisare che questa volta non ci saranno aiuti di Stato a confluire nelle fornaci aziendali: “il piano di Stellantis non prevede aiuti pubblici: tutti gli investimenti sono finanziati con risorse proprie”. Eppure a fronte dell’impegno aziendale di tornare a investire in Italia (l’obiettivo resta quello di recuperare la produzione di 1 milione di vetture l’anno, raddoppiando insomma i volumi del 2024, ma non si comprende se sia stato fissato un termine temporale per raggiungerlo), il governo farà la sua parte nella partita. E lo farà naturalmente con risorse pubbliche.
TUTTI I SOLDI PUBBLICI PER L’AUTOMOTIVE ITALIANO
Sul piatto l’esecutivo dovrà mettere (e perciò trovare) ben 1,6 miliardi nel triennio 2025-27, con 1,1 miliardi da destinare fin dai prossimi 12 mesi tra contratti di sviluppo, mini contratti di sviluppo e accordi per l’innovazione. Almeno all’apparenza una inversione a “U” rispetto alla manovra di quest’anno che ha preventivato un taglio da 4,6 miliardi del Fondo automotive.
Nella realtà dei fatti, bisognerà spulciare bene le cifre perché il ministero finora si è solo limitato a sommare poste già stanziate, spalmate su periodi medio-lunghi o persino allocate su più settori industriali oltre all’automotive. L’impressione insomma è quella di trovarsi di fronte a una cifra lorda, da calcolare al netto degli innumerevoli asterischi che rimandano a chissà dove e soprattutto da valutare a bocce ferme, dopo che la finanziaria di quest’anno sarà stata approvata in via definitiva.
I NUMERI
Il rifinanziamento dovrebbe prevedere “ulteriori 200 milioni sul 2026 e 200 milioni sul 2027 (arrivando quindi a 400 milioni per ciascun anno), oltre ai 200 milioni del 2025”, ma occorre ricordare che in origine solo per il prossimo anno i fondi pubblici sarebbero dovuti essere 400 milioni, dimezzati in Consiglio dei ministri. Questo quindi vuol dire che i 200 milioni originariamente previsti per il ’25 sono stati semplicemente spostati di 12 mesi.
C’è poi il mezzo miliardo del Pnrr per i contratti di sviluppo dei settori in transizione (qui resterà da capire il margine di manovra che si ha rispetto a un piano già concordato con Bruxelles e quanto effettivamente sarà indirizzato alla produzione di auto), più 100 milioni di residui del 2024.
DOVE ANDRANNO LE RISORSE
Le risorse immediatamente impiegate nel 2025 saranno destinate a contratti di sviluppo, mini-contratti di sviluppo e accordi per l’innovazione, come ha spiegato il Mimit. Restano così altri 500 milioni di euro svincolati che non saranno destinati alla cassa integrazione, precisano dal Ministero, bensì interamente all’industria, in particolare alla componentistica, ma non all’ecobonus. Insomma, il pacchetto di cui parla il Mimit riguarderebbe esclusivamente gli investimenti e non anche le spese a supporto della disoccupazione.
E GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI?
Difficile pensare però che non saranno immessi altri capitali a sostegno degli ammortizzatori sociali stante la situazione degli impianti italiani di Stellantis. Questo vuol dire che pescheranno da fondi differenti rispetto a quelli fin qua elencati.
LE REAZIONI
Per l’Anfia, che rappresenta la filiera del settore, i soldi continuano a essere insufficienti per far ripartire il comparto. “Le misure in materia di energia e ricerca – ha ammonito il numero 1 dell’associazione, Roberto Vavassori – devono dare benefici diretti alle imprese, essendo gli strumenti attuali troppo complessi per le nostre aziende e rischiando, così, di sprecare tempo e risorse preziose. Infine, ribadiamo le nostre proposte per il 2025: credito d’imposta diretto su ricerca e innovazione, taglio dei costi delle bollette e incentivi per i veicoli commerciali”.
Per il segretario della Cgil, Maurizio Landini, “il governo ha tagliato 4,6 miliardi del fondo automotive e non li ha rimessi [l’emendamento parlamentare ha ripristinato solo i 400 milioni di cui sopra ndR]: questo taglio è stato fatto. E se oggi c’è qualche novità, non è sufficiente, riguarda qualche stabilimento, ma oggi siamo di fronte al fatto che la Gigafactory non è detto che ci sia e che a Mirafiori le risposte non sono state date. L’unica cosa certa è che nel 2025 ci sarà ancora cassa integrazione”.
Scettico anche il leader di Azione, Carlo Calenda, tra i politici che più hanno seguito l’evolversi della crisi di Stellantis non lesinando bordate all’esecutivo come pure al sindacato di Landini, oltre che ai vertici elkanniani di Stellantis: “Urso fa una conferenza stampa trionfalistica, esattamente come quelle dello scorso anno, quando diceva che avremmo prodotto un milione di veicoli. Ne produrremo meno di 500mila. La sua credibilità è meno di zero. In un Paese normale non sarebbe più ministro da un pezzo”.