Da Oriente a Occidente. Il governo di Giorgia Meloni ha discusso della possibilità di aprire stabilimenti in Italia con case automobilistiche “non soltanto orientali ma anche occidentali”, ha spiegato oggi il ministro delle Imprese Adolfo Urso, in audizione alla Camera. Da una parte tre aziende cinesi non specificate (una è BYD, secondo le rivelazioni di Bloomberg ) e dall’altra la statunitense Tesla, guidata da quell’Elon Musk che ha mostrato una certa affinità personale-ideologica con la presidente del Consiglio (ha pure partecipato ad Atreju, l’evento politico di Fratelli d’Italia).
UN MILIONE DI AUTO IN ITALIA CON UN SECONDO PRODUTTORE, DICE URSO
Durante l’audizione, Adolfo Urso ha ribadito che il governo punta ad avere in Italia una produzione di almeno 1 milione di vetture e 300.000 veicoli commerciali leggeri all’anno. Si tratta, a detta di Palazzo Chigi, del volume minimo a garantire la tenuta della filiera nazionale dell’automotive.
Attualmente, però, in Italia c’è un solo produttore automobilistico – cioè Stellantis, che possiede marchi come FIAT, Alfa Romeo e Maserati – e “non possiamo chiedere a un solo produttore di farsi carico di tutta la componentistica italiana”. Da qui la necessità di attrarre almeno un secondo costruttore.
Il ministro ha detto che “solo in Italia c’è questa anomalia di un solo produttore di auto. In Germania ce ne sono sei […]. In Francia i produttori sono quattro, in Spagna sono sette. Persino in Repubblica ceca sono tre e in Ungheria quattro, dove presto si aggiungerà un altro, cinese”: ossia BYD, che aprirà a Seghedino il suo primo stabilimento di veicoli elettrici sul territorio europeo.
“Stiamo lavorando per creare le condizioni affinché un altro produttore possa localizzarsi nel nostro paese”, ha dunque garantito Urso. “Solo con un’altra casa automobilistica potremo raggiungere l’obiettivo di 1 milione di autovetture prodotte e rafforzare in casa l’indotto, per renderlo ancora più competitivo anche a livello internazionale”. A detta del ministro, “abbiamo un ecosistema favorevole ad accogliere un altro produttore”.
Eppure Stellantis si sta ritirando. Secondo un rapporto di S&P Global, nel 2024 i volumi della produzione italiana della casa diminuiranno del 12 per cento: Stellantis sembra infatti privilegiare le attività nei paesi in cui il costo del lavoro è più basso, come il Marocco, la Serbia, la Polonia e l’Ungheria, dove di recente ha annunciato un investimento di 103 milioni di euro per la produzione di moduli di propulsione elettrica. A Mirafiori, invece, interromperà la produzione del SUV Maserati Levante dal prossimo 31 marzo.
I CONTATTI CON TESLA
Urso ha detto che il governo è in contatto con Tesla e che dai colloqui “stiamo avendo riscontri molto positivi. Ma si tratta di un processo che richiede prudenza”, ha aggiunto.
Il ministro ha fatto intendere che l’Italia potrebbe sfruttare suo vantaggio il voto contrario della città di Grünheide, in Germania, nei confronti del piano di Tesla per l’espansione del grande stabilimento di Berlino-Brandenburgo. La bocciatura, secondo Urso, “comporterà certamente una decisione del gruppo” automobilistico, che quindi – ma siamo nel campo delle possibilità – potrebbe decidere di volgersi all’Italia.
I CINESI IN ITALIA
Urso ha anche fatto sapere che “a metà di ottobre dello scorso anno una delegazione ministeriale [italiana] ha visitato le più grandi case automobilistiche cinesi produttrici di veicoli elettrici. A seguito della missione, tre aziende leader cinesi sono venute in Italia a incontrarsi con i nostri uffici per vagliare la possibilità che vi erano nel nostro paese e in alcuni casi a visitare luoghi di possibili stabilimenti. Gli approfondimenti continuano”.
“Questi tre gruppi”, ha proseguito il ministro, “hanno esplicitamente detto che i preconcetti con i quali erano arrivati sul paese sono stati interamente fugati dagli incontri: hanno trovato un paese accogliente e attrattivo”.
“Parlo di tre aziende multinazionali cinesi”, ha poi specificato, “che intendono produrre in Italia e sanno bene a quali condizioni, cioè la tutela della componentistica, a cominciare dalle batterie in Italia”, ha specificato.
Uno dei gruppi cinesi certamente contattati – benché non sia chiaro se rientri tra quelli che hanno visitato l’Italia – è BYD. BYD, tuttavia, deve il proprio successo all’integrazione verticale ed è infatti anche una delle principali società produttrici di batterie al mondo: difficilmente, dunque, si rifornirà da imprese italiane per i componenti.
Altri nomi di gruppi automobilistici cinesi che stanno circolando in questi giorni sui giornali sono Chery, Geely, SAIC Motor e Great Wall Motor.
URSO CHIEDE DAZI EUROPEI CONTRO… LA CINA?
Nel corso dell’audizione, Urso ha parlato anche della necessità di un piano industriale europeo per la difesa dell’industria automobilistica dalla concorrenza straniera, in particolare cinese: in questo senso, la Commissione ha avviato un’indagine anti-sovvenzioni che potrebbe portare all’imposizione di dazi.
“Vorrei citare quanto dichiarato dal presidente Mario Draghi proprio ieri a Strasburgo”, ha detto Urso. Draghi ha affermato: come può l’Unione europea continuare con dazi di importazione dalla Cina sulle auto al 10 per cento, mentre gli Stati Uniti hanno dazi al 27 per cento e quando Donald Trump – se verrà eletto – ha già detto che imporrà dazi del 67 per cento?”.
Il ministro ritiene che “per affrontare le sfide della transizione produttiva e della decarbonizzazione, puntando contestualmente alla salvaguardia di lavoratori e imprese, è necessario mettere in campo un piano straordinario e coordinato di investimenti pubblici e privati e una politica europea industriale e commerciale capace di sostenere la competitività delle imprese europee e di tutelarle dalla concorrenza spesso sleale”. In aggiunta a questo, “dobbiamo ovviamente avere investimenti pubblici e privati capaci di consolidare e ampliare l’innovazione sulle tecnologie chiave dello sviluppo dell’auto e della mobilità del futuro”.
Il governo Meloni, in sostanza, considera la Cina sia una concorrente economica da ostacolare, sia un’alleata fondamentale per l’aumento della produzione automobilistica italiana.
GLI ATTACCHI A STELLANTIS
L’audizione alla Camera è servita a Urso anche per attaccare Stellantis e i governi Conte I (2018-2019) e Conte II (2019-2021), accusati di essersi “lavati le mani” della questione.
“Stellantis”, ha detto, “è nata sostanzialmente nel 2019-2020. Quando nacque fu presentato al governo, secondo le procedure del golden power, il progetto. In quel momento il governo ritenne di non esercitare quella facoltà. A me risulta che in quel momento si prospettava una ipotesi di fusione e invece poi fu una incorporazione; che dovesse esserci una governance paritetica e invece non lo è; e che i soci non avrebbero dovuto aumentare successivamente le quote e invece poche settimane dopo lessi che il socio pubblico francese aveva aumentato la quota. In quel momento”, ha affermato il ministro, “il governo poteva intervenire, avrebbe dovuto e potuto intervenire; se ne lavarono le mani”.