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Auto Elettrica Fisker

Anche l’auto elettrica di Fisker va a sbattere?

L’azienda di Manhattan Beach nota per la "papamobile elettrica" ha messo in pausa la produzione di veicoli alla spina e continua a cercare un salvatore. Ma si sarebbero interrotte le trattative tra Fisker e Nissan

Se esistesse un ipotetico sfasciacarrozze delle startup di auto elettriche fallite negli ultimi anni, probabilmente inizierebbe a essere piuttosto pieno.

TUTTE LE STARTUP ELETTRICHE SENZA ENERGIE

Qualche mese fa ha cessato di correre (anche perché sedotta e poi abbandonata dal partner taiwanese Foxconn) Lordstown Motors, dell’Ohio, fondata nel 2018 da Steve Burns e finita nel peggiore dei modi, ovvero col deposito presso una corte del Delaware della richiesta per accedere ai benefici del Chapter 11, la procedura d’insolvenza prevista dalla legge fallimentare statunitense che consente alle società di “proteggersi” dalle richieste dei creditori fino al completamento di un piano di riorganizzazione aziendale.

Non è fallita ma non produrrà auto elettriche Sono Motors, azienda tedesca che ha infine ammesso, dopo anni di difficoltà e rinvii, la cancellazione del programma Sion, la vettura elettrica alimentata con i pannelli posti sulla carrozzeria. “Prima di entrare nei dettagli, vogliamo ringraziare sinceramente tutte le persone che ci hanno sostenuto nel corso degli anni”, il messaggio che campeggia sul sito. Subito fuori dagli stabilimenti circa 300 dipendenti, tra cui il direttore operativo Thomas Hausch. Sono, secondo quanto annunciato dal cofondatore Laurin Hahn, si concentrerà su soluzioni fotovoltaiche.

Restando in Germania, ha chiuso e.Go Mobile, anche nota come Next.e.GO Mobile, che pure aveva già raccolto 11mila ordini per l’auto elettrica, ancora da lanciare sul mercato, e.wave X, seconda vettura alla spina della startup tedesca dopo quella del debutto sul mercato nel 2017.

Anche in questo caso la realtà non è riuscita a trovare i fondi per proseguire. È stata la stessa e.Go Mobile a parlare in merito di “recenti sviluppi avversi e difficoltà nel settore dei veicoli elettrici”, “volatilità nei mercati dei capitali”, “condizioni di mercato sfavorevoli”, come cause di allontanamento di possibili investitori.

E poi c’è la disavventura occorsa alla finlandese Lightyear che di pre-ordini per la sua auto solare ne aveva raccolto nemmeno la metà, 21.000 unità, pari comunque a un controvalore di tutto rispetto da 840 milioni di euro, ma questo non le ha impedito di cessare la produzione del modello Zero. In questo caso, però, i finnici sono intenzionati a restare sul mercato e, pur di riuscirci, punteranno tutto su quello “budget”, archiviata la possibilità di fare arrivare negli autosaloni quello da 250mila euro.

È andata a sbattere pure Arrival, la startup che avrebbe dovuto portare i furgoncini della Royal Mail nel terzo millennio e invece venderà i propri asset e le proprietà intellettuali in UK per pagare i debiti.  Era arrivata a valere oltre 13 miliardi di dollari, per poi sprofondare sotto quota 10 milioni.

CHE SUCCEDE A FISKER

Nubi temporalesche si addensano pure su Fisker, fondata da Henrik Fisker e da sua moglie Geeta Gupta-Fisker, in grado di scalzare Mercedes nella consegna della Papamobile elettrica. Il designer, noto per aver progettato due delle auto più belle degli ultimi tempi (la Bmw Z8 e dell’Aston Martin V8 Vantage), non ha dimostrato spiccate attitudini da manager se si considera il pregresso fallimento del 2013.

Che le cose non stiano andando bene in casa Fisker è noto da parecchio. E la strategia per scappare da quell’imbuto fatto di costi troppo elevati e risorse troppo esigue per soddisfare la domanda – comunque in calo – che ha riguardato le dirette rivali, a iniziare da Rivian, sembrava quella di far produrre vetture anche a terzi.

Ancora lo scorso novembre il fondatore rassicurava i clienti e, soprattutto, gli investitori: “Abbiamo due vetture che sono quasi pronte”. Questi i virgolettati che Reuters aveva raccolto sentendo il fondatore e amministratore delegato Henrik Fisker. “Siamo in grado di portarle sul mercato velocemente, abbiamo solo bisogno della capacità”.

IL FUGGI-FUGGI DOPO L’ARTICOLO DEL WSJ

Tuttavia con l’inverno la situazione sarebbe peggiorata ulteriormente. Secondo il Wall Street Journal, Fisker avrebbe persino assunto consulenti nella ristrutturazione per redigere un’eventuale domanda di bancarotta. Un rumor che rischia di essere una pietra tombale, con le azioni che hanno immediatamente perso di fatto la metà del proprio peso fino al 47% nel pre-market di Wall Street a 0,32 dollari per 173 milioni di capitalizzazione.

LA REPLICA DI FISKER

Situazione drammatica, che ha spinto Fisker a diramare la nota stampa in cui assicura di essere “concentrata sulla raccolta di ulteriori capitali e sull’avvio di una partnership strategica con una grande casa automobilistica. L’azienda continua inoltre a perseguire il passaggio a un modello di partnership con i concessionari sia in Nord America che in Europa. Il team di leadership è concentrato su questi sforzi”.

I NUMERI DELL’ULTIMO TRIMESTRE 2023

La ricerca di finanziatori è d’obbligo, considerato che l’ultimo trimestre del 2023 è stato chiuso con una perdita netta di 463,6 milioni di dollari (1,23 per azione). L’ultimo comunicato risale all’inizio del mese quando Fisker ha fatto sapere di voler “ridurre la propria forza lavoro di circa il 15%. Le riduzioni dell’organico sono prevalentemente legate al cambiamento della strategia di vendita da modello diretto al consumatore a quello Dealer Partner. Inoltre, l’azienda sta razionalizzando le operazioni, riducendo anche l’ingombro fisico e le spese complessive”.

IL CAVALIERE BIANCO S’È DATO ALLA MACCHIA

Fisker aveva provato a rassicurare gli azionisti parlando di un possibile partner già nel settore dell’auto in grado di finanziare l’attività: nell’ambiente era stato fatto, anche se mai confermato, il nome di Nissan. È notizia delle ultime ore, però, che la controparte si sarebbe alzata dal tavolo.

Dalla startup fanno sapere che proveranno a riallacciare i fini della contrattazione sotto altri termini e che comunque restano aperti a nuovi investitori, ma la realtà è che, salvo miracoli, Fisker pare aver perso l’ultima occasione di aprire il paracadute. Il titolo è ormai reduce di una dieta che lo ha smagrito di oltre il 90% del valore a 0,09 centesimi di dollaro e il Nyse dovrebbe perciò delistarlo a breve. La corsa dell’auto elettrica di Fisker insomma sembra proprio arrivata alla fine.

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