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Arrival

La startup della mobilità elettrica Arrival arrivata a fine corsa?

Era arrivata a valere oltre 13 miliardi di dollari, per poi sprofondare sotto quota 10 milioni. Arrival, la startup che avrebbe dovuto portare i furgoncini della Royal Mail nel terzo millennio, venderà i propri asset e le proprietà intellettuali in UK per pagare i debiti

Aveva fatto notizia per essere riuscita ad attrarre l’interesse dei marchi coreani Kia e Hyundai, che avevano creduto nella piccola startup inglese dei furgoncini elettrici mettendo nel capitale 85 milioni di sterline (99.8 milioni di euro). Piccola nemmeno tanto perché Arrival, anche grazie a commesse per il rinnovo della flotta della storica Royal Mail, era riuscita ad arrivare a contare oltre un migliaio di dipendenti sparsi in cinque micro-fabbriche.

LA RIVIAN EUROPEA?

Tanto che qualcuno, nell’ambiente, s’era affrettato a ribattezzarla la “Rivian europea”, con riferimento alla startup americana in cui negli anni scorsi hanno scommesso Ford e Amazon. Anche la fulgida realtà Usa, per la cronaca, sta attraversando problemi a non finire, con le azioni dimagrite dell’80% dall’Ipo e perso il supporto del gigante dell’ecommerce fondato da Jeff Bezos.

ARRIVAL È ARRIVATA (A FINE CORSA)

Come tante altre giovani realtà del settore, pure Arrival è stata travolta dalla bolla dell’auto elettrica. Nemmeno i massicci licenziamenti che neppure un anno fa avevano più che dimezzato la forza lavoro l’hanno rimessa sulla giusta strada.

E così questa startup dell’automotive del domani il domani non lo vedrà mai, avendo appena annunciato che venderà i propri asset e le proprietà intellettuali in UK per pagare i debiti. Non un vero e proprio fulmine a ciel sereno dato che la scorsa settimana Sky News aveva riportato che “la società aveva ricevuto un ulteriore avviso dal Nasdaq che avvertiva che non era in conformità con le regole di quotazione. Le azioni di Arrival sono crollate di oltre il 95% nell’ultimo anno”.

PROBLEMI A NON FINIRE

Fondata nel 2015 e quotata nel 2021, la startup britannica nella sua breve vita ha vissuto un vero e proprio ottovolante, sia borsistico (era arrivata a valere oltre 13 miliardi di dollari, per poi crollare sotto i 10 milioni), sia ai vertici, con il vecchio Ceo, Peter Cuneo, costretto a lasciare il volante dei furgoncini elettrici a Igor Torgov nel pieno della crisi di liquidità.

Non è comunque bastato come non sono bastate le altre collaborazioni con il gigante della logistica Ups e con quello della mobilità sostenibile Uber. Nell’ultimo periodo sembrava che Arrival dovesse tornare a invadere la corsia dei bus elettrici con mezzi più piccoli del normale, poi però si sono diffuse voci che si sarebbe concentrata esclusivamente sul mercato statunitense, ma tutti questi progetti sono destinati a restare nel cassetto.

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