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Global Blood Therapeutics

Pillole anti Covid: costi e ricavi di Merck e Pfizer

Report ha fatto i conti in tasca a Merck e Pfizer su quanto guadagnano dalla vendita agli Stati delle pillole anti Covid, in quello che è praticamente un duopolio. Ecco cosa ha scoperto

 

Nel panorama dei farmaci a disposizione per curare il Covid, gli antivirali rappresentano un faro per uscire dalla pandemia il prima possibile. Le pillole di Merck e Pfizer, rispettivamente il Molnupiravir e il Paxlovid, però non ci saranno per tutti e le case farmaceutiche puntano a massimizzare i ricavi.

Ecco le cifre calcolate da Report andato ieri in onda su Rai 3.

QUANTO GUADAGNA PFIZER?

Il giornalista finanziario Fabio Pavesi, per anni al Sole 24 Ore, ha spiegato a Report quanto sarà il ricavo per Pfizer dalla vendita della sua pillola anti Covid Paxlovid: “Pensiamo che [ogni trattamento, ndr] viene venduto negli Stati Uniti a 530 dollari, c’è un accordo con l’Unione europea per venderlo a 350, diamo un prezzo medio di 400. Ebbene, su 80 milioni di dosi che verranno distribuite sul mercato, stimiamo 32 miliardi di ricavi aggiuntivi”.

Alla domanda “si può stimare anche a quanto ammonteranno gli utili?”, Pavesi risponde: “Nei prossimi due anni circa 10-12 miliardi di profitti netti su un investimento di solo 1 miliardo”.

I reali costi di produzione degli antivirali non sono mai stati rivelati.

QUANTO COSTA PRODURLI?

Per venderli a così caro prezzo si potrebbe immaginare che la loro produzione abbia costi esorbitanti, ma la ricercatrice di Harvard, Melissa Barber, che da anni ha messo a punto un algoritmo in grado di calcolare i reali costi di produzione ha detto a Report che, applicandola al Molnupiravir, ha rilevato che “il costo di produzione è di circa 20 dollari a trattamento, forse meno”.

Tutto compreso. Con anche un margine di profitto del 10% per l’azienda.

Rispetto agli Stati Uniti, che lo hanno comprato per circa 700 dollari a trattamento, Barber ha spiegato: “Funziona così, se hai il monopolio puoi decidere il prezzo che vuoi”.

“La formula – ha chiarito la ricercatrice – prende in considerazione il prezzo delle materie prime, la forza lavoro, le spese di produzione, tutte le variabili che determinano il costo effettivo per l’azienda”.

Per quanto riguarda Paxlovid, ha aggiunto: “I dati non sono ancora disponibili, ma posso garantirvi che costerà più o meno lo stesso”.

Pfizer nel 2022 produrrà 120 milioni di trattamenti.

QUANTE PILLOLE HA ACQUISTATO L’ITALIA?

In Italia, sono già arrivate e state distribuite le pillole di Merck e, al 20 gennaio, secondo i dati Aifa, i pazienti a essere stati trattati con questo antivirale erano 1.662.

Il Molnupiravir è efficace solo al 30%, motivo per cui si ripongono maggiori speranze in Paxlovid che ha, invece, un’efficacia dell’89% contro la malattia grave.

Del farmaco di Pfizer, prodotto anche nello stabilimento della casa farmaceutica ad Ascoli Piceno, l’Italia ha acquistato 600 mila trattamenti (gli Stati Uniti 20 milioni) da ricevere nel corso del 2022. A differenza dei vaccini, acquistati dall’Unione Europea e poi distribuiti nei vari Stati membri, con gli antivirali ogni Paese si sta occupando del proprio approvvigionamento.

La distribuzione nel nostro Paese della prima tranche pari a 11.200 trattamenti, fa sapere l’Ansa, avverrà nella prima settimana di febbraio e sarà inviata alle Regioni secondo le indicazioni del ministero della Salute e dell’Aifa. Gli ulteriori trattamenti previsti dal contratto affluiranno successivamente.

RISCHI

Una volta arrivati in Italia, i trattamenti potrebbero, tuttavia, incontrare le stesse difficoltà che hanno portato alla scadenza – e, quindi allo spreco – dei monoclonali. Gli antivirali per essere efficaci devono essere somministrati entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi ma, ricorda Report, questo è un limite che si scontra con la realtà. Spesso, infatti, in alcune regioni bisogna aspettare addirittura tra i 6 e gli 8 giorni per avere il risultato della positività.

Inoltre, la semplice ricetta del medico di base non basta. Filippo Drago, professore di farmacologia presso l’università di Catania, ha detto alla trasmissione: “L’identificazione del paziente eleggibile al trattamento è nelle mani del medico di base, il quale indirizza il paziente all’ospedale presso il reparto di malattie infettive”. Quindi, è poi il reparto ospedaliero “a confermare la diagnosi e a prescrivere il farmaco che viene erogato dalla farmacia dell’ospedale”.

“Aifa – ha concluso Drago – poteva fare un po’ di più dando ai medici di medicina generale la responsabilità della prescrizione di questo farmaco”.

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