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Variante BA.2.86

Cosa pensano i virologi di Covid, Cina, nuove varianti e non solo

Perché ci sono così tanti casi in Cina? L’onda lunga di Pechino arriverà anche qui? Cosa comporta una nuova variante? Le risposte dei virologi italiani a queste e a molte altre domande

 

La notizia che ieri quasi la metà dei passeggeri provenienti dalla Cina e atterrati a Milano Malpensa fosse positiva al Covid ci ha ricordato che la pandemia è ancora tra noi.

Da ormai tre anni il virus ci ha abituati alla sua imprevedibilità ma pur essendo difficile fare previsioni, ecco cosa pensano i virologi di quanto sta accadendo e di cosa potrebbe accadere in Cina e fuori dai suoi confini.

COSA PENSANO I VIROLOGI DELLE CAPRIOLE DELLA CINA

La maggior parte dei virologi concorda sulla scelleratezza delle decisioni prese da Pechino negli ultimi tre anni: prima una ferrea e discutibile politica mirata a eliminare tutti i contagi, poi una campagna vaccinale abbastanza deludente e portata avanti solo con vaccini made in China dalla ridotta efficacia se paragonati con quelli occidentali a mRNA e, infine, la scelta di eliminare di colpo tutte le restrizioni e riaprire i confini.

“La Cina paga un prezzo per aver fatto una strategia diversa da tutto il resto del mondo, quella dello ‘zero Covid’, in accoppiata con un vaccino inefficace”, ha detto ad Adnkronos il virologo Massimo Clementi, che ha diretto per anni il Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Un prezzo che “non è chiaro ancora quanto alto in termini di malattia grave” e che speriamo “non determini un cambiamento genetico del virus”. Per Clementi, inoltre, è incomprensibile come Pechino abbia potuto cambiare strategia così repentinamente: “prima c’è questa volontà draconiana di perseguire Zero Covid e adesso, improvvisamente con uno schiocco di dita, tutti liberi. Questo oggettivamente sembra un po’ singolare”.

“L’incomprensibile e insostenibile politica cinese dello zero Covid ha fatto sì che lì la maggior parte della popolazione sia rimasta vergine, senza immunità”, è il commento a Repubblica di Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’Università di Milano.

Paolo Bonanni, epidemiologo, professore di Igiene all’Università di Firenze, sul Corriere della sera aggiunge che “gli anziani sono stati poco immunizzati e i vaccini offerti, Sinopharm e Coronavac, si sono dimostrati molto meno efficaci di quelli utilizzati in Europa e Usa. In base alle stime disponibili, solo il 25% della popolazione cinese avrebbe un qualche grado di immunità a Omicron (da vaccino o infezione). Il virus è libero di contagiare milioni di persone e di replicarsi e mutare milioni di volte”.

È molto preoccupato per quanto sta accadendo in Cina Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del policlinico San Martino di Genova: “La situazione Covid in Cina a me preoccupa moltissimo: sono un miliardo e mezzo di persone e, con un virus che contagerà probabilmente il 50% circa della popolazione, si pensi a quanti giri farà questo patogeno. Il rischio è di avere un ‘fuoco di ritorno’ delle persone che viaggeranno e arriveranno qua e che magari potranno portare delle varianti più contagiose, anche se speriamo non più pericolose. Del resto, però, se una variante è resistente alle vaccinazioni è automaticamente più pericolosa e mi auguro che tutto questo non succeda”.

COSA PENSANO I VIROLOGI DI UNA NUOVA VARIANTE

Come evidenziato dai vari esperti, il timore più grande è che la Cina, dove l’immunità non è certo di casa, sia stata terreno fertile per una nuova variante del virus SARS-CoV-2 che nell’ultimo anno aveva, invece, sviluppato solo sottovarianti di Omicron. Da qui la necessità di sequenziare i casi come predisposto dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, per chi arriva dalla Cina.

Per La Vecchia il rischio di una nuova variante esiste, ma lo ritiene ‘improbabile’: “Al momento da quel che sappiamo in Cina stanno circolando le stesse sottovarianti di Omicron che abbiamo da noi, soprattutto Omicron 2 e Omicron 5”.

Sappiamo anche però che le informazioni che la Cina lascia trapelare sono poche e non sempre limpide. Infatti, come ha osservato il virologo Francesco Broccolo dell’Università del Salento, solo l’abbandono delle restrizioni e la minore efficacia dei vaccini cinesi non basterebbero a giustificare quanto sta accadendo nel Paese. Anche il genetista Massimo Zollo, coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge di Napoli, ha fatto notare che le sequenze della sottovariante XBB depositate dalla Cina sono 81 e sono ferme al 9 dicembre, il che farebbe pensare che il virus sta migliorando nella capacità di replicarsi ma anche che il sequenziamento è stato interrotto o non è stato reso pubblico.

“Il problema – ha detto Bonanni – è che in Cina, con una circolazione del virus così elevata, potrebbe effettivamente nascere una variante completamente nuova e molto distante dal ceppo Omicron, magari capace di superare la protezione offerta finora dai vaccini in uso”. Tuttavia, “non è possibile prevedere in quali direzioni evolverà Sars-CoV-2”.

COSA PENSANO I VIROLOGI DELLA VACCINAZIONE

Nonostante le vaccinazioni siano ormai pressoché ferme da mesi, i virologi ritengono che in prospettiva di quanto potrebbe accadere sia utile farsi somministrare un richiamo in caso siano trascorsi più di 120 giorni dall’ultima vaccinazione.

La Vecchia sostiene che la situazione che si sta verificando in Cina dovrebbe esserci di lezione e sottolinea che sebbene l’efficacia del vaccino sia breve (circa tre mesi), “vaccinarsi oggi vuol dire superare l’inverno” perché “anche senza considerare la Cina, il Covid ucciderà un centinaio di italiani al giorno”.

Bonanni, infine, pone l’attenzione su quanto Omicron stessa, senza immunità, “non è così mite” se si guarda agli ospedali cinesi, “come confermano gli studi, se non avesse incontrato una popolazione vaccinata come quella occidentale (o comunque immune alla malattia), sarebbe stata letale come il ceppo Wuhan (ma meno della variante Delta)”.

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