Finora i decessi in Italia causati quest’anno dal virus West Nile, veicolato dalla puntura della zanzara (prevalentemente Culex pipiens), sono otto, tre nel Lazio, quattro in Campania e uno, risalente a marzo, in Piemonte. Tutti accomunati dalla presenza di patologie pregresse.
I cittadini, a detta di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, riportato dal Corriere, “sono preoccupati, ci chiedono, si allarmano per le notizie che leggono”.
Tuttavia, notizie allarmistiche a parte, gli esperti continuano a ripetere che non siamo alla vigilia di una nuova pandemia e che l’andamento epidemiologico è in linea con gli anni passati. Questo non significa, però, ignorare dove sta andando il mondo o non essere lungimiranti.
IL PESO DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
La crescente diffusione del West Nile in Italia “non deve generare allarmismi, ma richiede responsabilità e consapevolezza”. A ribadirlo al Sole 24 Ore è Roberto Parrella, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), nonché direttore Uoc Malattie infettive dell’ospedale Cotugno di Napoli, che sta monitorando alcuni pazienti contagiati dal virus.
“Non è più tempo di considerare queste infezioni esotiche o rare e la sfida delle arbovirosi, amplificata dai cambiamenti climatici e dai movimenti migratori di uccelli e insetti, va affrontata con strumenti moderni e con un approccio multidisciplinare”, ha detto Parrella, aggiungendo che la zanzara responsabile del contagio è ormai ampiamente diffusa nel nostro territorio perché favorita dal cambiamento climatico, che contribuisce a prolungare la stagione di attività del vettore e ad aumentarne la densità.
In mancanza di vaccini e cure specifiche, secondo l’esperto, “l’approccio efficace a questa infezione si fonda su tre pilastri: sorveglianza epidemiologica, diagnosi tempestiva e prevenzione ambientale”.
Come osserva, infatti, Parrella, oltre al West Nile, in Italia negli ultimi anni sono comparsi altri virus trasmessi da zanzare, quali dengue, chikungunya, Zika e Usutu. Un tempo considerati esclusivamente tropicali, “oggi, a causa delle mutate condizioni climatiche e ambientali, il nostro Paese è diventato un habitat favorevole”.
LOTTA (POLITICA) ALLE ZANZARE
“Non è un’emergenza, per fortuna. Però un problema c’è. Non abbiamo vaccino, non abbiamo una cura, ma abbiamo pronta la soluzione per risolvere il problema: fare sul serio nella lotta contro le zanzare. Sottovalutando, minimizzando, dicendo che è una malattia lieve o che muoiono solo quelli già malati (non è vero), il problema non se ne andrà da solo”. È il parere di Roberto Burioni, docente di Microbiologia e Virologia all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
“Bisogna contrastarle regolarmente e tempestivamente usando larvicidi e insetticidi sicuri per l’uomo ma letali per le zanzare. Anche i cittadini devono fare la loro parte – ha aggiunto -, perché molte provengono da contesti privati. Basta un sottovaso pieno d’acqua, una grondaia otturata, un secchio dimenticato in giardino per crearne letteralmente un allevamento”.
Ricordando la battaglia alla malaria alla fine degli anni ’40, Burioni è convinto che, come allora, “la lotta contro le zanzare, e quindi contro queste pericolose infezioni, è possibile: basta la volontà politica, il che significa priorità e fondi a disposizione”.
Su questo, il direttore di Malattie infettive del policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, ha tuttavia scritto un post molto critico:
NUMERI E DIFFERENZE REGIONALI
E proprio Bassetti, a Rtl 102.5, parla di numeri e di diversa comunicazione rispetto agli scorsi anni: “Io credo che il modo migliore per affrontare l’argomento sia guardare i numeri, cioè i numeri che abbiamo avuto nel 2022, 2023, 2024. Ogni anno in Italia ci sono stati circa 500 casi di infezione da West Nile, tra cui alcuni documentati molto gravi e ci sono stati complessivamente circa una ottantina di decessi. Quindi il problema già esisteva”.
“L’attenzione mediatica che sta riguardando il problema West Nile – prosegue – non è giustificata in questo momento, se non dal fatto che sono colpite delle regioni diverse da quelle che erano state colpite negli anni scorsi. Eravamo abituati a vedere localizzata questa malattia a Nord-Est. Ecco non vorrei che siccome quest’anno sono colpite la Campania e il Lazio se ne parli di più di quando ha colpito il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Mi pare che siamo un Paese unico. E quindi mi dispiace che ci sia una sorta di differenza nel parlare dell’argomento rispetto agli anni scorsi perché non c’è un aumento significativo dei casi”.
Venendo ai numeri, nel 2022 (quando già si era creato l’allarme), sono stati segnalati 588 casi e 37 decessi; nel 2023, 332 casi e 27 decessi; e nel 2024, 460 casi e 20 decessi. Dall’inizio del 2025, secondo l’ultimo bollettino dell’Istituto superiore di sanità (Iss), aggiornato al 23 luglio, sono stati registrati 32 casi e 7 decessi in totale, a cui si è aggiunto l’ultimo oggi.
Numeri che quindi, al momento, non sono superiori a quelli degli anni precedenti.