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Carne Francia

Chi critica e perché il bando del governo Meloni alla carne sintetica

Per alcuni il divieto alla carne sintetica è una difesa del made in Italy, per altri una scelta contraddittoria. Fatti, approfondimenti e polemiche

 

Il divieto alla carne sintetica, “il primo al mondo”, come rivendicato dal ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (Masaf), Francesco Lollobrigida (Fratelli d’Italia), non fa rivoltare solo animalisti e ambientalisti ma anche molti esperti.

Ecco chi sono e perché affermano che l’Italia non può permettersi di vietare la carne prodotta in laboratorio.

L’IMPORTAZIONE NON SI PUÒ FERMARE…

Nonostante il ministro Lollobrigida con il decreto contro la carne coltivata – “sintetica” per chi vuole che non arrivi sulle tavole italiane – voglia “assicurare il massimo livello di tutela della salute dei cittadini e preservare il patrimonio agroalimentare, quale insieme di prodotti di espressione del processo di evoluzione socioeconomica e culturale dell’Italia, di rilevanza strategica sul territorio per l’interesse nazionale”, come scriveva ieri Start, la libertà di circolazione delle merci prevista dall’Unione europea impedisce l’attuazione di un simile divieto.

È il caso della farina di grillo, per la quale il ministro, dopo aver promesso battaglia, non ha potuto far altro che limitarsi a esigere scaffali a parte e un’etichettatura chiara.

…E LO DICONO I NUMERI

Ma oltre alla legislazione, sono i numeri delle importazioni di carne dell’Italia a dirlo. Come osservato da Chicco Testa, manager (ex presidente di Enel), imprenditore e attuale presidente di Fise-Assoambiente, in un messaggio inviato al direttore del Foglio, Claudio Cerasa, banalmente “la carne nazionale soddisfa a malapena il 50 per cento dei consumi nazionali”.

Infatti, secondo i dati Istat citati da Testa, “importiamo ogni anno circa 300 mila tonnellate di carne bovina, 1 milione di tonnellate di carne suina e circa 50 mila tonnellate fra pollami e carne equina. Quindi più che difesa della carne nazionale sarà difesa delle carni danesi, argentine, ecc”.

“Intanto – prosegue l’economista – penalizziamo l’industria agroalimentare italiana che è maestra nella lavorazione e nella trasformazione. Come esordio della sovranità alimentare non c’è male. A quando una legge di proibizione della Coca-Cola a favore del chinotto, della gazzosa e della cedrata?”.

IL PARADOSSO DEL DECRETO

Ma molto probabilmente, se l’Ue darà l’autorizzazione alla carne coltivata, insieme a bovini, suini e pollame importato, finiremo per importare anche quella, azzoppando startup e aziende innovative che avrebbero potuto vedere la luce in Italia, per non parlare dello sviluppo della ricerca.

Come scrive Il Foglio, “il risultato paradossale, proprio come per gli Ogm, sarebbe che gli italiani potrebbero sì consumare carne sintetica ma solo se non prodotta in Italia. Si rivelerebbe, insomma, una norma contro il Made in Italy”.

È DAVVERO RISCHIOSA PER LA SALUTE?

Gli esperti, intanto, si pronunciano anche in merito ai rischi per la salute paventati dal governo e da associazioni come Coldiretti.

Federico Pio Fabrizio, Postdoctoral fellow presso il Laboratory of Oncology della IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, per esempio, ha spiegato nei suoi tweet come già oggi “mangiamo ogni giorno composti sintetici che sono aggiunti al cibo per migliorarne la shelf life (durata a scaffale, ndr) e la percezione sensoriale”, con la differenza che, nel caso della carne coltivata, “non sarebbero nascosti all’interno di un prodotto ma diventerebbero essi stessi un prodotto”.

Il ricercatore ha anche spiegato quanto sia fuorviante la dicotomia tra carne “naturale” e “artificiale”, ricordando quanto ormai oggi ci sia ben poco di naturale nei processi oggi coinvolti nella produzione di carne su scala industriale tra allevamenti intensivi e abuso di farmaci, ormoni e antibiotici.

L’INSOSTENIBILE INSOSTENIBILITÀ DEGLI ALLEVAMENTI

Su La Stampa Antonella Viola, biologa, ricercatrice e docente all’Università di Padova, osserva che oltre alle scelte etiche e personali del mangiare o meno la carne il problema è molto più concreto.

Parlando di allevamenti intensivi, Viola sottolinea, infatti, che “rappresentano un enorme rischio di zoonosi, cioè di malattie infettive trasmesse agli esseri umani dagli animali, e sono la principale causa dell’antibiotico-resistenza, quel terrificante problema legato alla comparsa di batteri resistenti agli antibiotici”.

“Non solo”, prosegue la ricercatrice, “la produzione di carne ha un enorme impatto sull’ambiente: inquina, consuma suolo e acqua ed è tra le cause più importanti del cambiamento climatico in atto”. Basti pensare all’attuale siccità che renderà sempre più difficile la produzione agroalimentare e che farà lievitare i prezzi del cibo.

Quindi le opzioni sono due: “o rinunciare al consumo di carne o trovare nuovi modi di produrla”.

Come Fabrizio, Viola ricorda che la carne coltivata viene “prodotta in un ambiente estremamente controllato ed esente dalla contaminazione da parte di patogeni pericolosi per la salute umana […] non contiene ormoni o antibiotici e questo la rende potenzialmente molto più sicura per la nostra salute”.

Per la biologa, dunque, “si è scelta una posizione ideologica che tutela gli interessi di pochi e, ancora una volta, tratta con arroganza e diffidenza la ricerca scientifica”.

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