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Carne Francia

L’irresistibile tentazione dell’Ue di dire sì alla carne coltivata

Chiamatela coltivata, carne coltivata e non sintetica. In occasione della Conferenza economica di Cia-Agricoltori Italiani si riaccende il dibattito sui novel food e sulle parole sussurrate dall’Ue che strizza l’occhio al cibo del futuro e fa imbestialire i produttori. Fatti, numeri e rumors

 

Ci siamo. L’Unione europea sembra pronta per servire la carne coltivata. Certo, dovrà essere ben etichettata per non ingannare i consumatori che potrebbero rischiare di comprare un hamburger prodotto in laboratorio invece che in un’industria alimentare.

Non lo ha detto esplicitamente, ma lo ha lasciato intendere il portavoce della Commissione europea, Stefan De Keersmaecker, in occasione della IX Conferenza economica di Cia-Agricoltori Italiani in programma per ieri e oggi a Roma.

COSA HA SUSSURRATO L’UE SULLA CARNE COLTIVATA

L’implicita apertura alla carne coltivata nei Paesi Ue, stando al Sole24Ore, è arrivata da alcune considerazioni di De Keersmaecker, il quale ha detto: “I principi che sottostanno alle regole europee per la sicurezza dei novel food ci dicono che tali cibi devo essere sicuri per i consumatori e devono essere etichettati correttamente in modo da non trarre in inganno chi li acquista”.

Manca l’ufficialità, dunque, ma un’etichetta chiara e onesta potrebbe presto spalancare le porte alla carne coltivata come è già recentemente avvenuto negli Stati Uniti con la carne di pollo prodotta in laboratorio, che ha ricevuto una prima benedizione (non si tratta di un’approvazione definitiva) da parte della Food and Drug Administration (Fda).

COSA SONO I NOVEL FOOD

Il portavoce della Commissione Ue ha poi aggiunto che “possono essere considerati novel food gli alimenti inventati dal nulla, gli alimenti prodotti utilizzando nuove tecnologie e nuovi processi produttivi, ma anche gli alimenti che finora sono stati tradizionalmente mangiati al di fuori dell’Europa. L’importante è che, se un novel food mira a rimpiazzare un alimento già esistente, non sia svantaggioso dal punto di vista nutrizionale”.

IL TERRORE DEGLI ALLEVATORI ITALIANI

Ma allevatori e agricoltori italiani non l’hanno presa bene. “La carne sintetica – ha detto il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini – va nella direzione opposta a quella che è la nostra idea di cibo, basata sulla valorizzazione delle nostre produzioni agricole e zootecniche, simbolo di alta qualità e identificative dei territori e delle tradizioni nazionali”.

“Inoltre – ha proseguito -, si tratta di una produzione artificiale che finisce per costare di più in termini di sostenibilità ambientale e non garantisce migliore salute e nutrizione per i cittadini. Al momento c’è il rischio concreto che l’agricoltura venga ridimensionata con ovvie conseguenze sulle aree interne con il progressivo abbandono dei territori”.

PRESENTE E FUTURO DELLA CARNE COLTIVATA IN NUMERI

A sostegno dei timori denunciati dagli agricoltori, Cia ha riportato i dati dello studio di Nomisma elaborato in occasione della Conferenza. Il fatto che laboratori e start up di carne coltivata siano passati da 13 a 117 dal 2016 al 2022 e che la produzione globale di carne in vitro si prospetta al 2030 in aumento fino a 2,1 milioni di tonnellate, per l’associazione, sono segnali delle “ambizioni latenti” dell’Europa.

Ambizione che Cia sottolinea anche parlando degli investimenti globali sulla carne in vitro che erano 6 milioni di dollari nel 2016 e sono oggi 1,3 miliardi.

MA L’AVVENTO DELLA CARNE COLTIVATA È DAVVERO COSÌ IMMINENTE?

Però non sono tutti concordi con questo allarmismo. Stefano Biressi e il suo collega Luciano Conti, professore associato di Biologia Applicata al Dipartimento CiBio dell’Università di Trento, hanno spiegato che a oggi il processo di produzione di carne realizzata in laboratorio “può funzionare in laboratorio, ma di certo non è proponibile per una produzione su scala industriale” sia per i tempi che per i costi ancora molto elevati.

I due studiosi si stanno proprio occupando di risolvere queste problematiche con il sostegno della prima e attualmente unica, afferma Aboutpharma, start-up in Italia che si occupa di carne colturale, il cui nome Bruno Cell è un omaggio a Giordano Bruno proprio per l’eresia associata a questo settore innovativo che, secondo Biressi e Conti, offre, tra l’altro, anche spunti sulla medicina rigenerativa.

A oggi, comunque, esistono solo due ristoranti al mondo che offrono prodotti a base di carne coltivata, uno a Singapore e l’altro in Israele.

PERCHÉ LA CARNE COLTIVATA SEMBRA IRRINUNCIABILE

Tuttavia, come osserva Il Tascabile, per sfamare 8 miliardi di esseri umani più gli animali da compagnia e da allevamento, una parte del fabbisogno proteico “dovrà necessariamente arrivare dall’agricoltura cellulare, in tutte le sue declinazioni”.

Inoltre, l’articolo ricorda quanto scritto da The Atlantic qualche mese fa: “Plausibilmente, entro un decennio milioni di persone preferiranno la consistenza e il gusto della carne che non arriva da un animale, perché sapranno che cosa comprano”.

E infine, l’impatto ambientale resta uno dei pilastri dei sostenitori di questo novel food perché, secondo i dati riportati dall’articolo che cita Science, Our World in Data e Frontiers in Sustainable Food Systems, la carne coltivata rispetto a quella da allevamento ha un impatto dell’80-98% in meno su acqua, consumo di suolo ed emissioni e di circa il 50% per quanto riguarda l’energia elettrica.

Aspetto strettamente legato anche alle emissioni. Infatti, si legge che “100 grammi di proteine vegetali ‘emettono’ 1,9 kg di CO2e (CO2 equivalente, unità di misura usata per potere confrontare e sommare i contributi di diversi gas serra che agiscono negativamente sul clima). 100 di carne coltivata, 5,5 CO2e”, contro i 25,6 per 100 grammi di manzo allevato.

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