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Guerini

Perché dico bravo Guerini sull’Ucraina

Il voto parlamentare di alcuni dem come l'ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, visto da Marco Mayer, docente di Intelligence e Sicurezza nazionale presso la Lumsa

 

Penso che Lorenzo Guerini abbia fatto benissimo (insieme a pochi altri parlamentari dem) a differenziarsi dalle posizioni del Pd sull’Ucraina.

Personalmente ho interpretato la posizione del presidente del Copasir ed ex ministro della Difesa come un richiamo alla limpidezza della comunicazione politica.

Il maggior partito di opposizione dovrebbe sapere che – al di là delle intenzioni – ciò che conta è la percezione dell’opinione pubblica. È difficile negare che dal dibattito parlamentare sia uscita una immagine quantomeno confusa del Pd sull’Ucraina. Nella tattica parlamentare può capitare di commettere errori, ma basterebbe ammetterlo per rimediare.

Altrimenti un errore tattico diventa un episodio grave perché la politica estera – ed in particolare l’Ucraina – hanno segnato, almeno sin d’ora, una distanza sostanziale tra il Pd e il M5s.

Astenersi su alcune parti della mozione dei 5 Stelle mi è sembrato un gratuito gesto di benevolenza nei confronti del movimento politico guidato da Giuseppe Conte.

I 5 stelle insistono ancora (ed in un momento particolarmente difficile) per bloccare le forniture militari dell’Italia all’Ucraina: un regalo a Putin e una pugnalata alla schiena alla resistenza popolare e militare del popolo ucraino che lotta contro l’aggressione russa.

La tradizione politica dei 5 stelle è da sempre tenera nei confronti delle politiche imperiali e autoritarie di Putin (così come verso il totalitarismo politico e digitale della Cina, tanto caro a Beppe Grillo).

Invece di astenersi il Pd dovrebbe dire ai grillini che non è mai troppo tardi per cambiare politica e compiere un atto di coraggio.

Il presidente Giuseppe Conte potrebbe organizzare a Roma in largo Cairoli (luogo a lui familiare) un sit-in davanti al portone della Casa Russa a Roma in favore di Alexei Navalny.

Al centro della protesta dovrebbe esserci la liberazione o almeno il suo trasferimento agli arresti domiciliari.

Ai grillini distratti ricordo che Alexei Navalny alle elezioni municipali per scegliere il sindaco di Mosca è arrivato secondo con ben il 27,24 per cento dei voti. Oggi Alexei Navalny è rinchiuso nel carcere “Lupo Polare” a 2.000 km da Mosca a nord del circolo polare artico.

Per fortuna due giorni fa, in videocollegamento con il tribunale, Navalny non ha rinunciato alle sue sferzanti battute ironiche contro il regime.

Il prossimo 17 marzo in Russia si terranno le elezioni presidenziali senza che Putin abbia oppositori. Per la cronaca, l’ultima personalità a cui – tre settimana fa – è stato impedito di candidarsi è la giornalista pacifista Ekaterina Duntsova.

La “realtà effettuale della cosa e non l’immaginazione di essa” – per usare una celebre espressione di Niccolò Machiavelli nel XV capitolo de Il Principe – è la seguente: nel 2013 Alexei Navalny poteva liberamente candidarsi a sindaco di Mosca; ora è in galera rinchiuso in un penitenziario dell’Artico.

Nella galassia politica italiana c’è qualcuno che ha il coraggio di negare che negli ultimi dieci anni la Russia ha subito una drammatica involuzione politica?

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