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Ecco come il Corriere della Sera sballotta Bruxelles (che difende la Germania)

Il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis, il commissario gli Affari economici e monetari Pierre Moscovici e gli euroburocrati Marco Buti e Martin Selmayr "hanno difeso la riservatezza sulle deviazioni della Germania". Parola di Ivo Caizzi che da anni segue le vicende europee per il Corriere della Sera

 

Sono giorni infuocati a via XX Settembre, stretta fra la lettera inviata alla Commissione Ue in risposta ai rilievi sul debito sollevati da Bruxelles e le polemiche per la “manina” che venerdì pomeriggio ha fatto circolare la bozza in cui si parlava di riduzioni della spesa per il 2020-2022. A giorni, precisamente mercoledì 5 giugno, si attendono pure le raccomandazioni tecniche della Commissione europea nell’ambito del semestre Ue di coordinamento e controllo delle politiche di bilancio dei Paesi membri.

LE ACCUSE DEL CORRIERE

Per l’Italia si preannunciano raccomandazioni forti ed è probabile che non verranno fatti sconti al governo nella richiesta di misure rapide per avvicinarsi ai limiti dei parametri del Patto di stabilità, ovvero deficit pubblico non oltre il 3% del Pil e debito pubblico sotto il 60% del Pil. A scaldare gli animi, già come dicevamo non proprio freddi, ci pensa stamattina il Corriere Economia. “I soliti ‘euroburocrati anonimi’ interni hanno già fatto trapelare varie drammatizzazioni sul preoccupante maxi debito e sulle altre criticità dell’Italia, seguite da strappi all’insù dello spread sui titoli di Stato italiani” si legge sull’inserto economico in cui però si rileva pure come il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis, il commissario gli Affari economici e monetari Pierre Moscovici e gli euroburocrati Marco Buti e Martin Selmayr “hanno invece difeso la riservatezza sulle deviazioni della Germania”, ha scritto Ivo Caizzi del Corriere della Sera sul dorso del lunedì del Corsera nella sua breve rubrica (a pagina 30).

TUTTE LE CONTRADDIZIONI DI BRUXELLES SU GERMANIA E ITALIA. IL COMMENTO DI POLILLO

Addirittura, rimarca Caizzi, “è stata respinta una richiesta del Corriere di un riepilogo dei dati della Commissione sulle continue e note violazioni tedesche della regola Ue del surplus delle partite correnti (limitato sotto al 6 per cento). E non è tutto qui: “Silenzio è stato opposto – continua l’inserto Corriere Economia – anche sull’esistenza in passato di richiami al governo di Berlino per quelle deviazioni, facendo sospettare che Dombrovskis, Moscovici e gli euroburocrati Buti e Selmayr abbiano di fatto lasciato correre, pur ammettendo che ‘tra il 1999 e il 2018 la posizione di bilancio della Germania ha superato i valori di riferimento del Patto di Stabilità e crescita 18 volte'”.

LO STATO DI SALUTE ECONOMICA DELLA GERMANIA

Una situazione, dunque, che non fa che accrescere le aspettative sulle raccomandazioni che Bruxelles farà al governo della cancelliera Angela Merkel considerando pure che “il sistema bancario tedesco sconta enormi esposizioni su derivati speculativi ad alto rischio” e che le previsioni economiche per Berlino non sono rosee: nel 2019 è atteso un crollo del Pil dall’1,4% allo 0,5%, “secondo peggior risultato tra i 28 Paesi Ue (dopo l’Italia scesa da 0,2% a 0,1%)”.

Da non dimenticare poi che anche la Bundesbank, la banca centrale tedesca, “ha criticato gli effetti negativi per la Germania e per la zona euro degli eccessivi surplus nelle esportazioni tedesche, che secondo i dati Eurostat violano le regole Ue ininterrottamente dal 2011”.

(COME SI STA SQUAGLIANDO LA GRANDE COALIZIONE IN GERMANIA)

I PRECEDENTI

Del resto, come evidenziato da Truenumbers solo pochi mesi fa, tra i Paesi europei grandi, o quanto meno importanti, solo il Lussemburgo, nel 2017, ha rispettato il limite del 60% per il debito pubblico. Tutti gli altri, chi più chi meno, hanno raggiunto percentuali superiori compresa proprio la Germania, che è a quota 64,1%, e la Francia, che è al 97%. Considerando i dati sull’andamento debito-Pil degli ultimi 23 anni, si nota che Berlino ha violato il limite per 15 anni, la Francia per 19, la Spagna per 13 e l’Italia addirittura per 23. Insomma, negli ultimi 23 anni il nostro Paese non è mai riuscito a far scendere il rapporto debito-Pil sotto quota 60%.

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LE VELATE ACCUSE DI PADOAN

Nel 2014, invece, era stato l’allora ministro dell’Economia Piercarlo Padoan a rispondere alle stilettate del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, il quale aveva evidenziato che “la Commissione europea tende a scendere a compromessi a danno del rispetto del bilancio, prorogando di volta in volta la scadenza dei periodi di adeguamento per gli Stati in deficit”.

Secondo la ricostruzione di Repubblica dell’epoca, infatti, al Mef avevano ribattuto a Weidmann con i numeri. “Padoan alza appena un sopracciglio (nel reagire alle parole del banchiere tedesco, ndr), ma le tabelle che i suoi portano sempre nel tablet nelle missioni a Bruxelles sfatano una serie di luoghi comuni sulla partita Italia-Germania. A vedere infatti i dati del rapporto deficit-Pil, il fatale criterio di Maastricht, negli ultimi vent’anni, dal 1997 quando cominciò di fatto il viaggio dell’euro, la Germania ha sforato il ‘tetto’ per sette volte: dal 2001 al 2005 lo ha fatto regolarmente (tanto che ottenne deroghe anche con l’appoggio della allora presidenza italiana dell’Ecofin) e poi è nuovamente caduta nella ‘colpa’ dell’alto deficit nel biennio 2009-2010. L’Italia ha ‘peccato’ otto volte, ma il risultato non giustifica uno sguardo che si pone costantemente dall’alto verso il basso”.

(COME SI STA SQUAGLIANDO LA GRANDE COALIZIONE IN GERMANIA)

Anche sul saldo primario, sempre secondo Repubblica, al Tesoro sottolineavano come in 21 anni, dal 1995 al 2015, l’Italia avesse segnato un saldo negativo, “cioè più spese che entrate al netto di quanto ci costano gli interessi sul debito, una sola volta: era il 2009, all’indomani della Grande crisi scoppiata negli Usa. E Berlino? Ha avuto un saldo primario negativo nel 1996, costantemente nel periodo 2001-2005 e nel biennio della recente crisi 2009-2010”.

TUTTE LE CONTRADDIZIONI DI BRUXELLES SU GERMANIA E ITALIA. IL COMMENTO DI POLILLO

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