L’Australia ha respinto le proposte dell’Unione europea per un trattato di libero scambio. Il fallimento delle trattative, dovuto principalmente ai contrasti sul commercio agricolo, renderà ora improbabile il raggiungimento di un accordo negli anni a venire, anche considerate le elezioni europee del 2024.
È una brutta notizia per Bruxelles, che attraverso questo patto sperava di ottenere un maggiore accesso al settore australiano dei minerali critici per le transizioni energetica e digitale.
Il governo australiano è stato applaudito dalla principale organizzazione degli industriali agricoli per aver rifiutato di firmare un accordo considerato svantaggioso per i contadini, visto lo scarso accesso che avrebbero ottenuto – così almeno pensa Canberra – al mercato agricolo europeo.
LA VERSIONE EUROPEA E QUELLA AUSTRALIANA
Le due parti stavano negoziando un trattato di libero scambio dal 2018. L’Australia puntava ad accrescere le proprie esportazioni agricole verso l’Unione attraverso la rimozione dei dazi; l’Europa, invece, mirava alle materie prime per l’energia pulita e il digitale (principalmente litio, cobalto e terre rare).
Il ministero australiano del Commercio, Don Farrell, non ha escluso la possibilità di un accordo commerciale in futuro: “i negoziati proseguiranno”, ha detto a Osaka, in Giappone, dopo un incontro tra i ministri del Commercio del G7, “e spero che un giorno potremo firmare un accordo favorevole sia all’Australia che ai nostri amici europei”.
Più duro, invece, è stato il ministro dell’Agricoltura Murray Watt, secondo cui l’Unione europea ha modificato solo leggermente la sua proposta negoziale per rispondere alle richieste australiane. “Non abbiamo visto l’Unione europea aumentare abbastanza la sua offerta per cose come la carne bovina e ovina, i latticini e lo zucchero da farci pensare che questo accordo fosse nell’interesse nazionale dell’Australia”.
Il commissario europeo per il Commercio, Valdis Dombrovskis, ha detto che l’Unione ha presentato una proposta “significativa” all’Australia, tenendo però conto “degli interessi del settore agricolo europeo”. I produttori australiani ritengono invece che i termini dell’accordo di libero scambio li avrebbero messi in una posizione di svantaggio competitivo rispetto alla Nuova Zelanda e al Canada, ad esempio, che hanno ottenuto un accesso maggiore al mercato comunitario.
INTANTO, L’AUSTRALIA SI ACCORDA CON GLI STATI UNITI
Pochi giorni prima del collasso dei negoziati commerciali tra europei e australiani, la ministra delle Risorse dell’Australia Madeleine King ha detto a Bloomberg che la Export-Import Bank degli Stati Uniti potrebbe essere il mezzo per accrescere gli investimenti americani nei minerali critici australiani. Questa banca pubblica – ha aggiunto King – potrebbe permetterebbe di “ridurre il rischio di alcuni di questi progetti [sui minerali critici, ndr] e quindi per attirare l’investimento privato che vogliamo davvero che prenda piede”.
In altre parole, il governo americano farebbe da assicurazione contro la volatilità dei progetti australiani per il litio o le terre rare, in modo da incentivare il settore privato a investire.
L’INCONTRO BIDEN-ALBANESE E LO SVILUPPO DI UNA FILIERA ANTI-CINESE
Di recente il primo ministro australiano Anthony Albanese è stato in visita a Washington, dove si è riunito con il presidente Joe Biden. I due hanno discusso anche di minerali critici, di cui l’Australia può essere un’importante fornitrice alternativa alla Cina, la nazione che attualmente domina le filiere di questi materiali.
Considerata la sua presa sulle supply chain, Pechino potrebbe ostacolare la nascente industria occidentale dell’estrazione e della raffinazione dei metalli critici inondando il mercato di materia prima: in questo modo ne farebbe crollare i prezzi, riducendo la profittabilità – e minacciandone la sopravvivenza stessa – dei progetti australiani o statunitensi.