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Perché la mezza vittoria epica di Epic Games fa tremare tutto l’Apple Store (e non solo)

La Corte Suprema Usa ha deciso di non esprimersi sul caso che vede contrapposti Epic Games (Fortnite) e Apple per le politiche del proprio Store. Resta in vigore il principio espresso in Appello che permette alle terze parti di indicare metodi di pagamento alternativi per non pagare il fio ai gestori delle piattaforme, ma nessun obbligo per Cupertino di ammettere store di terze parti sul proprio ecosistema

Una cosa sono i giudicati delle corti inferiori, ben altra quelli della Corte Suprema, soprattutto in Paesi in cui il valore del “precedente giurisprudenziale” è tenuto in massima considerazione, molto più che negli ordinamenti mediterranei. A onor del vero non c’è alcuna nuova sentenza: a fare da pietra tombale alla querelle tra Epic Games e Apple con la prima che ha trascinato in causa Cupertino per la sua gestione dell’Apple Store e le commissioni imposte alle software house che vogliono apparirvi con le proprie app il rifiuto della Corte Suprema degli Stati Uniti di prendere in considerazione l’appello della società guidata da Tim Cook, uscita svantaggiata dal secondo grado di giudizio.

APPLE VS EPIC, QUANDO UN RIFIUTO VALE PIU’ DI MILLE PAROLE

Nessuna nuova statuizione, appunto. Nessuna enunciazione di chissà quale principio. Probabilmente pure peggio, perché la discrezionalità della Corte Suprema Usa (che a differenza della nostra Corte di Cassazione è libera di scegliere i casi sui quali pronunciarsi, rigettando gli altri) è altamente simbolica e conferma nemmeno troppo indirettamente quanto già detto dalla corte inferiore a favore di Epic Games e a sfavore di Apple. Per i componenti del massimo organo giudiziario statunitense, insomma, inutile perdervi altro tempo.

I GIUDICATI PRECEDENTI AVVERSI AD APPLE

Epic Games, che gestisce a sua volta uno store virtuale per videogames per computer, dopo avere incassato il giudizio favorevole dei giudici australiani, chiamati a esprimersi sulla medesima controversia (sostiene che le politiche dell’App Store, il mega negozio digitale presente sui device di Cupertino, lo rendano nei fatti un monopolio in contrasto con le leggi vigenti in materia di antitrust) aveva ottenuto un insperato bis di fronte alla Corte d’Appello che più le interessava, quella del 9° Circuito degli Stati Uniti (dunque con competenza negli Usa, principale mercato per entrambe le parti in causa) che aveva stabilito che Apple avesse violato la legge sulla concorrenza sleale della California limitando la possibilità per gli sviluppatori di comunicare sistemi di pagamento alternativi.

LA VICENDA

Nel caso di specie, Epic aveva provato a opporsi alla tassazione di Apple indicando ai propri utenti formule alternative per le micro-transazioni presenti nei propri popolarissimi videogame, ottenendo in tutta risposta da Cupertino la rimozione di Fortnite dall’App Store.

IL PESO DEL “GRAN RIFIUTO” (E LE SUE CONSEGUENZE)

Con il rifiuto della Corte Suprema di esaminare nuovamente il caso, proposta per la verità avanzata da entrambe in quanto la stessa Epic non aveva comunque visto accolte tutte le domande presentate ai giudici di secondo grado, Apple sarà costretta ad applicare la sentenza della Corte d’Appello, che consentirà agli sviluppatori di aggirare le commissioni includendo i link per elaborare i pagamenti sul web invece che all’interno del sistema Apple.

MEZZA VITTORIA MEZZA SCONFITTA PER EPIC?

C’è però un problema non di poco conto. In giudizio Epic non era riuscita a provare la propria accusa inerente al presunto monopolio di Apple. Quindi, se è vero che nei fatti il giudizio precedente tende a scardinare il sistema della tassazione imposta alle singole software house che vogliono apparire sulla vetrina di Cupertino, è altrettanto vero che per il momento il sistema resta in piedi.

 

Per questo il numero 1 di Epic parla di sconfitta, non riuscendo a bearsi dei risultati comunque raggiunti. Anche perché, con il rigetto delle accuse, Epic dovrà comunque rifondere alla controparte le spese legali e si parla di cifre tra i 70 e gli 80 miliardi. Insomma, la software house di Fortnite si è sacrificata per le altre nella sua posizione, ma intanto dovrà risarcire Cupertino.

LA SENTENZA GEMELLA CONTRO GOOGLE

Non ne esce comunque lesa la posizione giudiziaria di Epic Games nei confronti dei gestori dei principali store per smartphone e device portatili, dato che la causa contro Apple non è la sola: una  gemella era stata infatti intentata sempre dalla realtà guidata da Tim Sweeney che aveva accusato Google di aver operato in regime di monopolio sul Play Store, eliminando potenziali concorrenti e imponendo una tassa agli sviluppatori che poteva arrivare al 30%.

A metà dicembre un tribunale californiano ha dato ragione a Epic. Su X Tim Sweeney, Ceo e Founder di Epic Games, aveva festeggiato il risultato e così ha fatto la società con un comunicato. “Il verdetto – si legge – è una vittoria per tutti gli sviluppatori di app e per i consumatori di tutto il mondo. Dimostra che le pratiche di Google in materia di app store sono illegali e che abusano del loro monopolio per estorcere tariffe esorbitanti, soffocare la concorrenza e ridurre l’innovazione”.

GOOGLE PROMETTE BATTAGLIA

Di tutt’altro umore Google, che aveva subito dichiarato che farà ricorso. “Continueremo a difendere il modello di business di Android e resteremo profondamente impegnati nei confronti dei nostri utenti, dei nostri partner e del più ampio ecosistema Android”, ha detto Wilson White, vicepresidente degli affari governativi e delle politiche pubbliche di Google.

Tuttavia, la recente decisione della Corte Suprema (che non ha motivato il proprio rifiuto) restringe parecchio la carreggiata per il ricorrente. I giudici dell’Appello, infatti, potrebbero decidere di attenersi al giudicato di primo grado che è analogo a quello di Appello nella sentenza tra Epic e Apple sul quale la Corte Suprema non ha voluto aggiungere altro.

COSA CAMBIA?

Un precedente che consentirebbe a tutte le software house abbastanza strutturate di indicare metodi di pagamento alternativi con perdite milionarie per chi gestisce i due principali store su piazza: Play Store di Google ed Apple Store di Cupertino.

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