Non solo i colossi della difesa: anche le big tech del calibro di Amazon, Microsoft e Google sono a libro paga del Dipartimento della Difesa Usa negli ultimi anni.
A inizio mese Microsoft ha annunciato un accordo da 19,8 milioni di dollari con la US Space Force per sviluppare un ambiente di formazione virtuale e di realtà mista. Questo accordo posiziona il colosso tecnologico di Redmond nel fiorente mercato della simulazione militare ed espande la portata del suo cloud Azure nelle applicazioni spaziali.
Si tratta dell’ultimo contratto assegnato da una delle forze armate americane a una big tech. Dal 2008 i contratti e i subappalti del Pentagono con i colossi della Silicon Valley sono aumentati notevolmente.
Fino a che punto il settore militare è rilevante per le strategie espansive delle piattaforme digitali? E, a loro volta, fino a che punto le piattaforme sono importanti per l’apparato militare per perseguire i propri obiettivi?
Sono interrogativi e questioni affrontati dal recente studio “Digital platforms, imperialism and war” curato da tre ricercatori italiani: Andrea Coveri, Claudio Cozza e Dario Guarascio.
Facendo leva su dati quantitativi e qualitativi e concentrandoci sul caso statunitense, i tre esperti hanno documentato la crescente importanza delle piattaforme come appaltatori del Dipartimento della Difesa, che va di pari passo con il loro ruolo di sviluppatori e maestri di infrastrutture chiave legate alle informazioni strategiche.
Tutti i dettagli.
QUANTO INVESTE IL PENTAGONO IN RICERCA&SVILUPPO
Per contestualizzare l’analisi, i tre ricercatori hanno iniziato documentando la rilevanza strutturale delle questioni legate al settore militare Ricerca e sviluppo negli Stati Uniti.
La Figura 1 riporta gli stanziamenti del bilancio governativo per la ricerca e lo sviluppo (GBARD) per la Difesa, dal 1995 al 2021, concentrandosi sugli Stati Uniti e su una serie di economie occidentali selezionate.
La figura mostra che la quota (%) di GBARD per la difesa rispetto al totale di GBARD per gli Stati Uniti è molto più elevata nell’intero periodo che per tutti gli altri paesi considerati (Francia, Germania, Giappone, Corea del Sud e Giappone). Per gli Usa il dato oscilla intorno al 55% nella seconda metà degli anni novanta. Nei primi due decenni degli anni 2000 passa invece al 45%.
MICROSOFT IN CIMA ALLA CLASSIFICA PER APPALTI MILITARI STATUNITENSI
Dopodiché, partendo dall’esame dei dati sugli appalti pubblici statunitensi, ovvero USAspending.gov, lo studio punta a “far luce sulla crescente dipendenza degli apparati militari statunitensi dalle tecnologie sviluppate da piattaforme digitali”.
La Figura 2 mostra il numero di contratti stipulati da Alphabet (società madre di Google), Amazon, Facebook e Microsoft con le agenzie federali statunitensi (incluso il DoD) nel periodo 2000-2022.
“Questi dati evidenziano una forte accelerazione nel numero totale di contratti aggiudicati alle imprese digitali si è verificato a partire dal 2008. Da allora al 2018 le piattaforme digitali si sono aggiudicate più di 200 contratti all’anno, mentre dal 2019 si osserva un trend in diminuzione. La figura mostra anche che la maggior parte dei contratti è in mano a Microsoft e, in misura minore, ad Amazon, mentre Alphabet e Facebook sembrano essere molto meno coinvolti negli appalti militari” evidenzia lo studio.
CRESCE IL VALORE ECONOMICO DEI CONTRATTI NEGLI ANNI
La Figura 3 riporta il valore complessivo dei contratti aggiudicati dalle piattaforme digitali in termini economici, distinguendo tra quelli stipulati con il DoD e con altre agenzie federali statunitensi.
Nel complesso, la figura mostra che il valore economico dei contratti di appalto militare (e di sicurezza) è piuttosto cresciuto costantemente dal 2008 al 2021, sottolineano i ricercatori. Microsoft registra di gran lunga il maggior valore dei contratti con il Dipartimento della Difesa e le altre agenzie federali statunitensi: più di 4,4 miliardi di dollari nell’intero periodo, di cui circa 3,2 miliardi di dollari assegnato dal DoD.
Amazon segue a distanza: il valore dei contratti per questa società ammonta a circa 128 milioni di dollari per l’intero periodo, di cui circa 50 milioni di dollari assegnati da il DoD (pari a poco meno del 40% del valore di tutti i contratti aggiudicati ad Amazon dal governo federale statunitense agenzie).
Basti pensare che solo nel dicembre 2022 il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha suddiviso un contratto da 9 miliardi di dollari per i servizi di cloud computing tra Google, Oracle, Amazon e Microsoft per la Joint Warfighting Cloud Capability (Jwcc). Jwcc è il successore multi-cloud della Joint Enterprise Defense Infrastructure (Jedi), progetto di modernizzazione IT per costruire un grande cloud commerciale comune per il DoD.
PIATTAFORME DIGITALI PROTAGONISTE ANCHE SUL CAMPO DI BATTAGLIA
Infine — concludo i tre ricercatori italiani — le piattaforme digitali differiscono dalle multinazionali della difesa più tradizionali “in quanto non sono solo fornitori critici delle agenzie militari e delle imprese fornitori militari tradizionali. Abbastanza sorprendentemente, queste aziende sviluppano e implementano tecnologie duali che permettono loro di dominare il mercato digitale per svolgere un ruolo attivo anche in scenari di guerra, come l’attuale guerra in Ucraina”.
IL CASO STARLINK DI SPACEX
Basti pensare al caso di SpaceX. La scorsa estate la società aerospaziale di Elon Musk si è aggiudicata un contratto del Pentagono per l’acquisto dei terminali satellitari Starlink, decisivi per il supporto militare in Ucraina dallo scoppio della guerra.
Fino ad oggi i terminali per l’Internet satellitare Starlink donati da SpaceX all’Ucraina all’inizio del conflitto con la Russia hanno aiutato le forze armate di Kiev a mantenere le comunicazioni e il coordinamento sul campo di battaglia. All’indomani dell’invasione russa in Ucraina, il vice primo ministro ucraino ha chiesto a Musk su Twitter di inviare terminali Starlink nel paese. Musk ha accolto prontamente la richiesta.
Anche se qualcosa è iniziato ad andare storto. Nell’ottobre 2022 Musk ha twittato che SpaceX non poteva più permettersi di fornire il servizio in Ucraina a tempo indeterminato, solo per fare dietrofront due giorni dopo e dire che avrebbe continuato a fornire Starlink gratis a Kiev. Ma in realtà finora SpaceX non ha sostenuto il costo da sola. Nell’aprile 2022 l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) ha affermato che SpaceX ha donato 3.667 terminali e lo stesso servizio Internet, mentre Usaid ha acquistato i restanti 1.333 terminali.
Senza dimenticare che la connessione garantita dalla costellazione satellitare Starlink ha giocato un ruolo anche militare.