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Micron

Chip, perché la Cina è partita all’attacco dell’americana Micron (attiva anche in Italia)

La Cina ha avviato un'indagine su Micron, azienda americana di chip di memoria molto presente in Italia, come probabile ritorsione per le restrizioni Usa al commercio tecnologico. Quello cinese è un mercato fondamentale per Micron. Tutti i dettagli.

 

La Cina ha aperto venerdì scorso un’indagine di cybersicurezza su Micron Technology, un’azienda statunitense che produce chip di memoria e che possiede diverse sedi in Italia (ad Avezzano, Arzano e Vimercate, per esempio).

IL CONTRATTACCO CINESE

Si pensa che quella di Pechino possa essere una ritorsione contro Washington per le restrizioni alle esportazioni di tecnologie per i semiconduttori avanzati: l’America le ha imposte lo scorso ottobre, ottenendo la partecipazione dei Paesi Bassi e del Giappone, con l’obiettivo di impedire alla Cina di accedere a dei componenti cruciali per lo sviluppo economico-industriale e militare.

Pechino potrebbe insomma aver deciso di reagire, anche se non si conoscono i dettagli dell’indagine su Micron e di conseguenza non è facile prevederne le conseguenze. Intanto, venerdì scorso le azioni della società hanno perso il 4,4 per cento.

QUANTO VALE LA CINA PER MICRON

Quello cinese è un mercato fondamentale per Micron: i clienti nella Cina continentale hanno rappresentato l’11 per cento delle sue entrate nell’anno fiscale terminato lo scorso settembre, e quelli basati a Hong Kong un altro 5 per cento. Il Wall Street Journal ha aggiunto che, considerato che molte aziende di elettronica straniere realizzano i loro prodotti in Cina, la percentuale di vendite di microchip legata a questo paese potrebbe essere ancora più alta.

MICRON È UN BERSAGLIO FACILE?

Micron è un bersaglio facile, per Pechino: la società produce chip di memoria, per i quali esistono tanti altri fornitori disponibili, come le sudcoreane Samsung Electronics e SK Hynix.

Le autorità cinesi, in sostanza, hanno preso di mira un’azienda facilmente sostituibile e non una “critica” come NVIDIA, che è sempre statunitense ma produce i ben più preziosi semiconduttori per l’intelligenza artificiale. I controlli all’export americani, peraltro, riguardano proprio questi chip avanzati che Pechino non è attualmente in grado di realizzare.

L’IMPATTO DELLE RESTRIZIONI AMERICANE SUI CHIP DI MEMORIA

In verità, le restrizioni statunitensi hanno danneggiato anche i produttori cinesi di chip di memoria come Yangtze Memory Technology (YMTC), il “campione nazionale”, che lo scorso dicembre è stato inserito nella entity list. L’entity list, semplificando, è la lista nera “ufficiale” per i controlli sulle esportazioni: consiste in un elenco di soggetti stranieri – come aziende, appunto, o enti di ricerca – considerati pericolosi per la sicurezza nazionale americana e pertanto sottoposti a restrizioni di natura commerciale; le imprese statunitensi che volessero avere rapporti commerciali con questi soggetti devono ottenere una licenza dal governo.

YMTC è uno dei produttori cinesi di microchip più sofisticati, ma potrebbe faticare a progredire ora che non ha più libero accesso alla tecnologia degli Stati Uniti e dei loro alleati.

MICRON DOVRÀ GUARDARE ALTROVE

Il Wall Street Journal ha scritto che, se è vero che le aziende cinese potranno facilmente rimpiazzare Micron, allo stesso modo la società potrebbe non avere troppe difficoltà a trovare nuovi clienti, vista la popolarità dei chip di memoria: Samsung e SK Hynix potrebbero ricevere maggiori ordini dalla Cina, mentre Micron potrebbe riorientare le vendite verso nuovi mercati.

– Leggi anche: Microchip, perché a Taiwan e in Olanda Powerchip e Asml sbuffano contro gli Usa

Ma il mercato mondiale dei memory-chip sta passando un momento difficile, di eccesso di offerta. Proprio Micron ha comunicato recentemente un calo delle entrate del 53 per cento nel secondo trimestre fiscale, prevedendo una loro diminuzione del 57 per cento (su base annua) nel trimestre attuale.

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