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Giappone

Anche il Giappone vuole isolare la Cina dai microchip

Dopo i Paesi Bassi, anche il Giappone si allinea agli Stati Uniti e limiterà l'export di macchinari avanzati per i microchip in Cina. Pechino protesta, e le aziende nipponiche - come Nikon e Tokyo Electron - potrebbero perdere un mercato importante.

Il Giappone seguirà gli Stati Uniti nel blocco alle tecnologie per i chip in Cina, in cambio dell’accesso ai sussidi per i veicoli elettrici?

Il Giappone ha annunciato oggi che limiterà le esportazioni di ventitré tipologie di macchinari per la produzione di semiconduttori. Non ha però menzionato esplicitamente la Cina, il bersaglio evidente di queste restrizioni, dicendo che le aziende nipponiche dovranno ottenere una licenza speciale per poter vendere i loro apparecchi all’estero, in tutte le regioni.

“CONTRIBUIRE ALLA PACE E ALLA STABILITÀ INTERNAZIONALE”

Durante una conferenza stampa, il ministro dell’Economia, del commercio e dell’industria Yasutoshi Nishimura ha dichiarato che il Giappone sta “adempiendo alla [sua] responsabilità di nazione tecnologica per contribuire alla pace e alla stabilità internazionale”: i microchip, infatti, vengono impiegati anche nella produzione di sistemi d’arma sofisticati. Nishimura ha specificato che la misura non è rivolta a nessun paese in particolare, ma è palese che sia rivolta a Pechino.

IL GIAPPONE SI ALLINEA AGLI STATI UNITI

Il Giappone, un importante alleato americano, si è dunque allineato alla politica di controllo dell’export di tecnologie avanzate già implementata dagli Stati Uniti dall’ottobre 2022 per limitare le capacità della Cina (la loro rivale politica) di sviluppare semiconduttori avanzati: sono dispositivi fondamentali tanto per il progresso economico e industriale quanto per lo sviluppo militare.

LA PARTECIPAZIONE DEI PAESI BASSI

Ai piani dei Washington per l’isolamento tecnologico di Pechino partecipano anche i Paesi Bassi: lo hanno confermato a inizio marzo. Nello specifico, L’Aia ha deciso di limitare le esportazioni in Cina di dispositivi per la manifattura di chip di dimensioni inferiori ai 14 nanometri: in linea generale, più piccoli sono i chip e più sono avanzati.

La tecnologia da 14 nanometri non è la più avanguardistica presente sul mercato, ma è una delle più avanzate in possesso di SMIC, il principale produttore cinese di semiconduttori. L’America vuole impedire a Pechino di raggiungere livelli di sofisticatezza superiori e di padroneggiarne i processi produttivi.

Delle cinque aziende che producono macchinari avanzati per la manifattura di microchip, infatti, tre sono statunitensi (Applied Materials, Lam Research e KLA), una è nederlandese (ASML) e una è giapponese (Tokyo Electron).

LA RISPOSTA DELLA CINA

La Cina, consapevole di essere il bersaglio delle restrizioni del blocco statunitense, ha commentato il nuovo regolamento giapponese dicendo che “politicizzare, strumentalizzare e militarizzare le questioni economiche e tecnologiche, e interrompere artificialmente la stabilità delle catene di produzione e di approvvigionamento globali, non farà altro che danneggiare gli altri e danneggiare loro stessi”.

COSA FARÀ IL GIAPPONE, NEL CONCRETO

A partire da luglio, il Giappone applicherà dei controlli alle esportazioni di sei categorie di apparecchi utilizzati per la manifattura di chip. La normativa riguarderà una decina di aziende, come la già citata Tokyo Electron, Nikon (realizza macchine per la litografia), Advantest e Screen Holdings. Il ministro Nishimura assicura che l’impatto sarà limitato; il mercato giapponese dei chip non è però particolarmente ampio, a differenza di quello cinese.

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