I Paesi Bassi hanno detto esplicitamente, per la prima volta, che introdurranno delle misure di controllo alle esportazioni in Cina di macchinari per la produzione di microchip avanzati: sono componenti piccoli e potenti presenti nei dispositivi tecnologici, nelle strumentazioni per l’intelligenza artificiale e anche nei sistemi d’arma.
Il governo de L’Aia, dunque, si è allineato ufficialmente ai piani di Washington per isolare Pechino e impedirle di accedere alle tecnologie più innovative per lo sviluppo industriale e militare.
IL TRIANGOLO STATI UNITI-PAESI BASSI-GIAPPONE
Stati Uniti e Paesi Bassi, in realtà, avevano raggiunto l’accordo sulle restrizioni alle esportazioni in Cina di tecnologie per il chipmaking verso la fine di gennaio scorso. Il governo olandese, però, non aveva rilasciato comunicazioni in merito fino a mercoledì 8 marzo.
Nell’accordo rientra anche il Giappone: delle cinque aziende che producono macchinari all’avanguardia per la manifattura di microchip, infatti, tre sono statunitensi (Applied Materials, Lam Research e KLA), una è giapponese (Tokyo Electron) e una è olandese (ASML).
Gli Stati Uniti vorrebbero che anche la Corea del sud, patria di Samsung, partecipasse alle restrizioni, ma il governo di Seul sta facendo resistenza.
LA LETTERA DELLA MINISTRA DEL COMMERCIO ESTERO
In una lettera inviata ai parlamentari nederlandesi e pubblicata ieri, la ministra del Commercio estero dei Paesi Bassi Liesje Schreinemacher ha scritto che “visti gli sviluppi tecnologici e il contesto geopolitico, il governo ha concluso che è necessario per la sicurezza (inter)nazionale ampliare i controlli esistenti sulle esportazioni di attrezzature specifiche per la produzione di semiconduttori”. Le specifiche, tuttavia, non sono state fornite.
La ministra ha aggiunto che L’Aia non vuole che la tecnologia olandese venga utilizzata nei sistemi militari o nelle armi di distruzione di massa: è la stessa motivazione fornita dagli Stati Uniti lo scorso ottobre per giustificare l’imposizione di nuovi meccanismi di controllo alle esportazioni tecnologiche in Cina.
Nella lettera di Schreinemacher, comunque, Pechino non viene citata esplicitamente.
L’IMPATTO SUI CONTI DI ASML
Le nuove restrizioni graveranno probabilmente sul business di ASML: ha sede a Veldhoven, nel sud dei Paesi Bassi, ed è la società tecnologica più grande d’Europa, con una capitalizzazione di mercato di 238 miliardi di euro. ASML produce apparecchi per la produzione di microchip attraverso processi estremamente complessi come la litografia ultravioletta estrema (EUV): su questa tecnologia in particolare possiede un monopolio a livello globale.
Ad ASML era già stato proibito, dal 2019, di vendere in Cina macchine che utilizzano la tecnologia EUV; adesso non potrà esportare nemmeno la maggior parte dei sistemi di litografia ultravioletta profonda (DUV) senza aver prima ottenuto una licenza specifica dalle autorità.
Nonostante il mercato cinese valga il 18 per cento del suo portafoglio ordini, l’azienda ha confermato le sue previsioni finanziarie per il 2023.
L’OBIETTIVO DEI PAESI BASSI
Ci vorrà del tempo prima che i nuovi meccanismi restrittivi delle esportazioni diventino legge.
La ministra Schreinemacher ha anticipato che i Paesi Bassi cercheranno di promuovere una regolazione internazionale sul controllo dell’export tecnologico nel contesto dell’accordo di Wassenaar del 1996: venne raggiunto proprio vicino L’Aia da un gruppo di nazioni economicamente sviluppate, intenzionate a limitare il commercio di prodotti utilizzabili per scopi militari.
Tra i firmatari dell’accordo di Wassenaar c’è però la Russia, oggi impegnata in una guerra di aggressione all’Ucraina, il che renderà probabilmente molto complicate le trattative per l’allargamento delle misure di controllo ricercato dai Paesi Bassi: le decisioni dell’organismo vengono prese all’unanimità. Non a caso, gli Stati Uniti hanno deciso di scavalcare il gruppo e negoziare direttamente con alcune nazioni politicamente affini.