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Internet Delle Cose

Internet delle cose: un mercato che vale 2,8 miliardi di euro

Il mercato dell’Internet delle cose vale 2,8 miliardi di euro. A trainare la crescita (+40%) sono lo smart metering, le auto connesse e le applicazioni smart building per gli edifici   Cresce, con numeri record, il mercato dell’Internet of Thing, o internet delle cose per dirla all’italiana: tocca quota 2,8 miliardi di euro nel 2016, registrando un più 40%…

Il mercato dell’Internet delle cose vale 2,8 miliardi di euro. A trainare la crescita (+40%) sono lo smart metering, le auto connesse e le applicazioni smart building per gli edifici

 

Cresce, con numeri record, il mercato dell’Internet of Thing, o internet delle cose per dirla all’italiana: tocca quota 2,8 miliardi di euro nel 2016, registrando un più 40% rispetto all’anno precedente. A svelarlo sono i dati dell’ultimo Osservatorio IoT della School of Management del Politecnico di Milano.

Ma al crescere dei dispositivi connessi, dobbiamo anche ammettere, che crescono i rischi. Andiamo per gradi.

La crescita record dell’Iot

Buone notizie per il mercato dell’internet delle cose. I numeri dell’Osservatorio IoT della School of Management del Politecnico di Milano, non lasciano dubbi: il mercato tocca quota 2,8 miliardi di euro nel 2016, con un più 40% rispetto all’anno precedente. A favorire la crescita sono sia le applicazioni consolidate che sfruttano la connettività cellulare (1,7 miliardi di euro in aumento del 36%), sia da quelle che utilizzano altre tecnologie (1,1 miliardi di euro, +47%).

Bisogna ammettere, come evidenziano gli esperti del Polimi, che i numeri da record sono dovuti anche agli obblighi relativi allo smart metering gas, che impongono alle utility di mettere in servizio almeno 11 milioni di contatori intelligenti entro la fine del 2018. Non tenendo conto degli effetti della normativa, infatti, la crescita (sempre importante) si attesta intorno ad un +20%.

A trainare il mercato, smart metering gas a parte, sono le smart car, con 7,5 milioni di auto connesse circolanti. Seguono le applicazioni smart building per gli edifici. Se si considerano i tre diversi segmenti si nota che insieme rappresentano il 70% del mercato (circa 2 miliardi).

Sempre più dispositivi connessi

Crescono, ovviamente, i dispositivi connessi. In Italia sono già 14,1 milioni quelli connessi tramite rete cellulare (+37%) e a questi si aggiungono gli oggetti che sfruttano altre tecnologie di comunicazione. Parliamo, per esempio, dei 36 milioni di contatori elettrici connessi tramite Plc (Power Line Communication), degli 1,3 milioni di contatori gas che comunicano tramite radiofrequenza e dei 650mila lampioni per l’Illuminazione intelligente connessi tramite Plc o radiofrequenza.

“Nel 2016 abbiamo osservato importanti segni di maturità dell’Internet of Things in Italia: nuove reti di comunicazione Low Power Wide Area, maggiore offerta di soluzioni, crescita significativa del mercato. È arrivato il momento di andare oltre il livello attuale di connessione degli oggetti per spostare l’attenzione verso i servizi. Ad esempio, l’auto connessa abiliterà nuovi servizi per la sicurezza, la manutenzione, la navigazione, il risparmio energetico, la mobilità condivisa. I dispositivi della smart home consentiranno di monitorare i consumi energetici per ridurre sprechi o indicare tentativi di infrazione. In fabbrica il monitoraggio degli impianti produttivi consentirà logiche di manutenzione predittiva e addirittura il pagamento dei macchinari in base all’effettivo utilizzo. Nella smart city i dati raccolti potrebbero far sviluppare ‘sistemi operativi’ per governare meglio il territorio e mettere a punto servizi di valore per la comunità”, ha commentato Angela Tumino, Direttore dell’Osservatorio Internet of Things.

Internet delle cose: i lati oscuri della connessione

Il sogno dell’Internet delle cose potrebbe trasformarsi in un incubo. La nuova tecnologia promette efficienza, risparmio economico, mobilità sostenibile, zero traffico per le strade, parcheggi facili da trovare e tanti, ma davvero tanti, altri vantaggi. Eppure, una rete di oggetti collegati ad internet potrebbe essere un terreno fertile per gli hacker.

Come racconta il New York Times, gli hacker avrebbero la possibilità di diffondere virus e malware anche su un aereo in viaggio. Basta una piccola falla, per far saltare tutto. Alcuni ricercatori, del Weizmann Institute of Science di Tel Aviv e del Dalhousie University di Halifax, in Canada, si sono concentrati sullo studio di una lampadina intelligente Philips Hue, scoprendo che un piccolo difetto wireless potrebbe consentire agli hacker di prendere il controllo delle lampadine.

Hackerare una sola lampadina non sarebbe certo un grande affare, ma immaginate migliaia o addirittura centinaia di migliaia di dispositivi connessi a Internet nelle immediate vicinanze della lampadina. Questo potrebbe rivelarsi molto attraente. Basterebbe ompromettere un solo dispositivo per diffondere un agente patogeno a tutti i dispositivi.

In realtà, anche hackerare una sola lampadina potrebbe fare gravi danni. Le lampadine intelligenti Philips Hue possono essere controllate a distanza. Da un computer a da uno smartphone è possibile decidere colore e luminosità. Sarebbe dunque possibile impostare una luce a LED in un modo da innescare crisi epilettiche o semplicemente rendere le persone molto a disagio.

Non solo. I ricercatori hanno dimostrato che compromettendo una lampadina, sia possibile infettare un gran numero di luci vicine in pochi minuti. Anche se queste non fano parte della stessa rete privata.

I ricercatori, iinternet delle cosen fase test, sono stati in grado anche di diffondere un virus in una rete all’interno di un edificio attraverso una vettura situata a circa 70 metri di distanza.

Gli esperti hanno denunciato a Philips la vulnerabilità del dispositivo e l’azienda ha già provveduto a risolvere la falla.

Startup IoT nel Mondo: quelle che hanno attratto più investimenti

Tra le Startup dedicate all’Internet delle cose che hanno attratto più investimenti vi è View, che con i suoi occhiali intelligenti è riuscita a portar casa un finanziamento di 150 milioni di dollari in un round di serie G nel terzo trimestre del 2015.

Ha chiuso round di successo anche Proteus Digital Health, una startup IoT che produce sensori ingeribili in grado di misurare le risposte fisiologiche del corpo ai farmaci.

IoTSonos, invece, la startup che lavora nel campo dei sistemi audio domestici, ha chiuso gli ultimi due round di serie E e G con 52 e 130 milioni di dollari.

Anche in campo IoT si registrano, purtroppo, fallimenti. È il caso, per esempio, di Quirky, una piattaforma fondata a New York nel 2009 da Ben Kaufman, allora 22enne, che consentiva agli utenti di votare le invenzioni da finanziare legate all’Internet of Things. La startup ha raccolto nei suoi anni di vita ben 175 milioni di dollari, ma poi ha dichiarato fallimento nel 2015.

Tra le motivazioni del non successo si registra la proposizione di valore poco chiara, con il lancio sul mercato di troppi prodotti contemporaneamente (per lo più “gadget” senza una chiara utilità per il consumatore). Il caso Quirky è la dimostrazione che per avere successo non bastano gli investimenti, una startup deve saper anche fatturare.

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