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Fondo Clima

Ecco le aziende tedesche che temono la stretta anti-Cina sui chip

La Germania sta pensando di limitare l'export in Cina di prodotti chimici per i semiconduttori. A rischio le attività di Basf e Merck, due aziende rilevantissime nella filiera dei chip. Tutti i dettagli.

La Germania potrebbe limitare l’esportazione in Cina di prodotti chimici utilizzati nella fabbricazione di semiconduttori. È una mossa che, se dovesse concretizzarsi, segnalerebbe due cose: la volontà di Berlino di ridurre la sua esposizione economica verso Pechino, il suo maggiore partner commerciale da sette anni consecutivi; e – parallelamente – un maggiore allineamento tedesco agli Stati Uniti, gli alleati di riferimento, che vogliono impedire ai cinesi di accedere alle tecnologie critiche per lo sviluppo industriale e militare.

UN DANNO PER BASF E MERCK?

Stando a Bloomberg, che ha dato la notizia, la limitazione dell’export chimico in Cina fa parte di un insieme di misure restrittive discusse dal governo di Olaf Scholz, tutte relative ai prodotti e ai servizi necessari alla manifattura di microchip avanzati.

Se il pacchetto verrà approvato, le aziende chimiche tedesche come BASF e Merck KGaA (entrambe presenti anche in Italia) non avranno più libertà di vendita in Cina. I loro titoli in borsa, infatti, ne hanno risentito negativamente: -2 per cento circa per BASF oggi, e -0,5 per cento per Merck.

COSA STANNO FACENDO GLI STATI UNITI

L’agenzia scrive che il cancelliere Scholz e il ministro dell’Economia Robert Habeck si stanno coordinando sul tema con gli altri paesi europei e con gli Stati Uniti. I funzionari tedeschi assicurano che non ci sono pressioni da parte americana, benché Washington stia costruendo una coalizione di paesi alleati e affini per bloccare alla Cina l’accesso alle tecnologie critiche: Giappone e Paesi Bassi ne fanno già parte, e forse in futuro aderirà anche la Corea del sud.

L’IMPORTANZA DELLA CINA PER LA GERMANIA

In Germania, tuttavia, le discussioni governative sui meccanismi di controllo alle esportazioni si trovano ancora in uno stato iniziale. Berlino è consapevole del fatto che l’imposizione delle restrizioni si ripercuoterà sui rapporti economici con Pechino: nel 2023 il commercio bilaterale ha raggiunto valori record – 298 miliardi di euro l’interscambio di beni, il 21 per cento in più su base annua -, con un deficit di 84 miliardi per i tedeschi. Le importazioni dalla Cina, cioè, superano le esportazioni e crescono anche a un ritmo molto maggiore.

Quella con la Cina è una relazione che presenta dei rischi per la Germania: sia perché i due paesi sono molti distanti sul piano politico e dei diritti umani, sia perché Berlino è dipendente da Pechino per alcuni metalli critici come le terre rare, utilizzate ad esempio nei magneti dei veicoli elettrici.

Sia Habeck che Annalena Baerbock, la ministra degli Esteri, stanno lavorando all’elaborazione di una nuova strategia di sicurezza per la Germania volta anche alla riduzione della dipendenza dalla Cina. Scholz non vuole il decoupling, cioè il distacco economico totale (non lo ricercano nemmeno gli Stati Uniti, del resto), bensì il derisking, ovvero la mitigazione della dipendenza nei comparti sensibili.

LA LISTA DUAL-USE

Il modo più rapido ed efficace per implementare i controlli alle esportazioni di prodotti chimici consiste nel loro inserimento nella lista nazionale dei beni a duplice uso (dual-use), sia civile che militare: i microchip sono infatti presenti anche nei sistemi d’arma. Le liste dual-use hanno proprio l’obiettivo di contrastare la proliferazione di armi sia convenzionali che chimiche, biologiche e nucleari.

IL POSTO DI MERCK E BASF NELLA FILIERA DEI CHIP

A differenza degli Stati Uniti (con Applied Materials, Lam Research e KLA), dei Paesi Bassi (con ASML) e del Giappone (con Tokyo Electron), la Germania non possiede tecnologie avanzate per la manifattura di microchip. Tuttavia, Merck e BASF sono importanti fornitrici di prodotti chimici necessari alla fabbricazione di semiconduttori: quelli di Merck “sono presenti in quasi tutti i chip nel mondo”, mentre BASF è affermata soprattutto sui mercati europeo e asiatico.

Se la Cina non potrà rifornirsi da Merck e BASF potrebbe avere ancora più difficoltà a sviluppare capacità manifatturiere avanzate di microchip, e anche la sua produzione di semiconduttori di fascia media potrebbe venire danneggiata. Il Partito comunista ha lanciato un grande piano per rendere il paese indipendente dalla tecnologia straniera, ma l’industria nazionale dei chip è molto meno sviluppata di quella taiwanese o sudcoreana, ad esempio, ed è sempre più isolata.

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