La Cina sta valutando la possibilità di vietare l’esportazione di alcune tecnologie per la produzione di magneti dalle terre rare, un gruppo di diciassette elementi metallici utilizzati nella costruzione di apparecchi elettronici, dispositivi per le energie rinnovabili, automobili (soprattutto elettriche) e sistemi d’arma.
Considerato che Pechino concentra circa l’85 per cento della capacità mondiale di raffinazione delle terre rare, una mossa del genere potrebbe avere ripercussioni pesanti sulle catene di approvvigionamento internazionali.
LA LISTA DELLE RESTRIZIONI ALL’EXPORT
Il quotidiano giapponese Nikkei Asia, sempre attento alle questioni tecnologiche e di supply chain, scrive che la Cina potrebbe modificare la lista delle tecnologie soggette a restrizioni all’esportazione: l’ultima volta che è stata aggiornata, era il 2020.
Una nuova revisione dell’elenco potrebbe aggiungervi le tecnologie per la produzione di magneti derivati dalle terre rare. Il materiale grezzo serve infatti a poco, e ha bisogno di essere raffinato (un’attività particolarmente complessa) e trasformato in magnete per venire utilizzato nelle varie applicazioni, ad esempio nei motori dei veicoli elettrici.
CAUSE E CONSEGUENZE DELLA DISPUTA CINA-GIAPPONE DEL 2010
Nel 2010 la Cina bloccò le esportazioni di terre rare verso il Giappone per via di un caso politico relativo alle isole Senkaku, che Pechino rivendica a sé con il nome di Diaoyu: Tokyo aveva arrestato il comandante di un peschereccio cinese che si era scontrato contro le navi della Guardia costiera giapponese in un tratto di mare conteso.
Il blocco durò circa un mese, da metà settembre a fine ottobre. Le industrie nipponiche andarono nel panico – l’elettronica era ed è uno dei settori di punta del paese –, ma da allora il Giappone ha saputo diminuire sensibilmente la propria dipendenza dalla Cina, come si vede in questo grafico di Quartz.
L’IMPATTO SULLA FILIERA, OGGI
Se dieci anni fa Pechino valeva il 90 per cento dell’output globale di terre rare, oggi la sua quota è del 70 per cento: sempre altissima, ma ben inferiore.
Ciononostante, un nuovo export ban cinese potrebbe comunque avere un impatto molto rilevante sulle filiere internazionali. Il Giappone è specializzato nella produzione di magneti in terre rare ad alte prestazioni, mentre gli Stati Uniti realizzano i prodotti finali che li contengono; entrambi non possono fare a meno della materia prima.
Gli Stati Uniti stanno lavorando per costruire una filiera nazionale, cioè interna al loro territorio, delle terre rare. La miniera di Mountain Pass, l’unica del paese, è molto rilevante: nel 2021 ha rappresentato il 15 per cento dell’estrazione mondiale di questi elementi. Washington, tuttavia, non possiede capacità di raffinazione dei minerali ed è costretta a mandarne gran parte proprio in Cina per farli lavorare.
Pechino, d’altro canto, possiede sì una forte industria di raffinazione ma non ha riserve vastissime di terre rare ed è perciò sempre più dipendente dall’estero per l’approvvigionamento della materia prima.
TERRE RARE CONTRO MICROCHIP?
La Cina possiede un indiscutibile vantaggio sugli Stati Uniti e sul Giappone nella lavorazione delle terre rare, ma è indietro per capacità di sviluppo di microchip avanzati: come i magneti, anche i semiconduttori sono componenti cruciali per il progresso tecnologico e industriale.
L’America ha convinto il Giappone (e i Paesi Bassi) a unirsi a lei nel controllo alle esportazioni in Cina di tecnologie per i chip, con l’obiettivo di fermarne l’avanzamento economico. In risposta, dunque, Pechino potrebbe decidere di bloccare le terre rare.