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Batterie, gli Usa mandano all’aria i piani di Stellantis con Catl?

Gli Stati Uniti hanno accusato Catl, la più grande azienda di batterie al mondo, di lavorare con l'esercito della Cina. Brutta notizia per Stellantis, che di recente ha annunciato un grande investimento per una fabbrica in Spagna assieme a Catl. Tutti i dettagli.

Stellantis ha commesso un errore ad associarsi a Catl?

È notizia di poche ore fa, infatti, che il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha inserito il colosso cinese delle batterie nella lista di aziende sottoposte a restrizioni perché accusate di collaborare con le forze armate di Pechino. La lista è composta in tutto da centotrentaquattro società, incluse il gruppo tecnologico Tencent, il produttore di semiconduttori Changxin e la compagnia di navigazione Cosco.

L’ACCORDO TRA FORD E CATL

L’inserimento nella lista non comporta immediatamente la messa al bando dell’azienda o l’imposizione di sanzioni, ma può avere un impatto negativo sulle sue capacità di operare negli Stati Uniti. Catl, ad esempio – che ha negato di essere coinvolta in attività militari -, sta fornendo in licenza le proprie tecnologie sulle batterie al ferro alla casa automobilistica Ford per una fabbrica in Michigan.

IL PENSIERO DI MARCO RUBIO

Marco Rubio, nominato da Donald Trump come prossimo segretario di stato, è stato l’oppositore principale dell’accordo tra Ford e Catl, sostenendo che avrebbe accresciuto “la dipendenza degli Stati Uniti dal Partito comunista cinese per la tecnologia delle batterie”.

Più recentemente Rubio ha proposto la messa al bando della società proprio per via dei suoi presunti legami con l’esercito cinese, dichiarando che “l’affidamento e l’uso delle batterie di Catl minaccia la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, in quanto rende la nostra nazione dipendente dalla Cina comunista per le infrastrutture energetiche”.

IL GIARDINO NON È PIÙ PICCOLO

Craig Singleton, analista esperto di Cina presso la Foundation for Defense of Democracies, ha spiegato a Reuters che il governo americano ha ampliato il perimetro delle tecnologie sensibili: “gli Stati Uniti non si stanno più limitando a salvaguardare una manciata di tecnologie. Il giardino delle tecnologie sensibili sta crescendo e la recinzione che le protegge sta venendo rafforzata”.

L’approccio small yard, high fence – ovvero quel concetto basato sull’inasprimento delle restrizioni commerciali verso un gruppo ristretto di tecnologie critiche – che aveva caratterizzato l’inizio del mandato di Joe Biden è stato dunque ripensato.

CHE NE SARÀ DEI PIANI DI STELLANTIS?

Al momento, Ford non ha commentato la notizia dell’aggiunta di Catl nella lista. Lo sviluppo potrebbe ripercuotersi anche su un’altra casa automobilistica, Stellantis, che come Ford si è affidata a Catl per la produzione di batterie al litio-ferro-fosfato, una chimica più economica di quella tradizionale e dunque utile per la commercializzazione di veicoli elettrici a basso prezzo.

A dicembre, infatti, Stellantis ha annunciato un investimento da 4,1 miliardi di euro assieme a Catl per una joint venture che realizzerà una fabbrica di batterie al ferro a Saragozza, in Spagna.

Stellantis, tra gli altri, possiede i marchi statunitensi Chrysler, Jeep e Ram Trucks e il mercato americano è molto rilevante per le sue vendite: pare che i malumori degli investitori e del board nei confronti dell’ex-amministratore delegato Carlos Tavares fossero dovuti proprio ai risultati insoddisfacenti in Nordamerica. Peraltro, il presidente di Stellantis, John Elkann, è entrato di recente nel consiglio di amministrazione di Meta, la società tecnologica californiana che possiede Facebook e Instagram.

L’inserimento di Catl nella blacklist del governo americano può essere un problema per i piani di Stellantis: il gruppo italo-francese ha bisogno di vendere più auto elettriche e Catl è la maggiore produttrice al mondo di batterie. Donald Trump, che tra pochi giorni assumerà formalmente l’incarico, ha promesso durezza commerciale contro la Cina e potrebbe chiedere all’Unione europea di limitare la presenza cinese nei settori critici per assicurarsi che la regione non diventi, per Pechino, una base manifatturiera dalla quale esportare prodotti negli Stati Uniti.

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