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Micron

Chip, l’americana Micron è la prima vittima della rappresaglia della Cina?

La Cina esclude i chip di Micron dalle proprie infrastrutture critiche, parlando di rischi per la sicurezza nazionale. I dettagli non sono chiari, come non è chiaro l'impatto sui conti della società americana. Ecco fatti, numeri e commenti.

L’autorità cinese di regolazione del cyberspazio ha annunciato domenica scorsa che gli operatori delle infrastrutture critiche non potranno più acquistare i prodotti di Micron, una società statunitense che produce chip di memoria. A detta della Cyberspace Administration of China (CAC), infatti, l’azienda “pone rischi significativi per la sicurezza della catena di approvvigionamento delle infrastrutture informative critiche della Cina”.

È una decisione che si inserisce nelle tensioni tra Pechino e Washington sul commercio di semiconduttori – dispositivi fondamentali per il progresso industriale, tecnologico e militare – e che potrebbe portare all’esclusione di Micron da un gran numero di settori, dalle telecomunicazioni ai trasporti alla finanza: come fa notare l’agenzia Reuters, “infrastruttura informativa critica” è un termine ombrello che può riferirsi a molte cose diverse.

COSA INTENDE LA CINA PER “MINACCIA ALLA SICUREZZA NAZIONALE”?

Micron ha fatto sapere di essere stata avvisata dell’esito dell’indagine (Startmag ne aveva scritto a inizio aprile) e di essere disponibile a un confronto con le autorità di Pechino. L’azienda è stata definita dalla CAC una potenziale minaccia alla “sicurezza nazionale della Cina”, ma non è chiaro né quali siano i rischi legati all’utilizzo dei suoi prodotti, né quali prodotti nello specifico verranno proibiti.

IMPATTO LIMITATO SUI CONTI DI MICRON, SECONDO JEFFERIES

Non è detto, comunque, che la misura avrà un impatto devastante per le attività di Micron in Cina, dato che i suoi principali clienti nel paese non sono gli operatori di infrastrutture, bensì le società che realizzano dispositivi elettronici di consumo, come gli smartphone e i computer.

In una nota, gli analisti della banca d’investimento Jefferies spiegano che i DRAM (particolari chip che perdono la memoria in mancanza di alimentazione) e le NAND (un tipo di memoria flash), due dei principali prodotti di Micron, non sono granché utilizzati nei server. Di conseguenza, i gruppi di telecomunicazione e le compagnie governative che gestiscono le infrastrutture non sono clienti troppo rilevanti per Micron. L’impatto concreto del divieto, insomma, non sarà troppo pesante per il chipmaker americano.

Paul Triolo della società di consulenza Albright Stonebridge pensa invece che le conseguenze per Micron saranno notevoli: al Financial Times ha detto che i centri dati cinesi sono dei clienti “particolarmente importanti” per l’azienda.

MICRON PUNTA SUL GIAPPONE

Micron, peraltro, aveva già fatto intendere di voler puntare su un’altra importante economia asiatica, ma parte del blocco occidentale: il Giappone, dove investirà 3,7 miliardi di dollari in avanzate tecnologie di litografia ultravioletta estrema.

– Leggi anche: St Microelectronics, l’Italia e il Giappone. Fatti, problemi e scenari

MICRON È FACILE DA RIMPIAZZARE?

D’altra parte, è vero che il governo e le aziende cinesi potrebbero rimpiazzare con relativa facilità Micron dalle loro supply chains, dato che esistono tanti altri produttori di chip di memoria DRAM e NAND: le sudcoreane Samsung e SK Hynyx, per esempio, oppure la giapponese Kioxia.

COSA HA DETTO IL G7 SULLA CINA

Secondo Christopher Miller, professore alla Tufts University, nel Massachusetts, e autore di Chip War, il tempismo dell’annuncio cinese è rilevante. Sempre domenica scorsa, infatti, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che i paesi membri del G7 hanno deciso di “ridurre e diversificare la nostra relazione con la Cina”, con particolare riferimento alle tecnologie e ai materiali critici per le transizioni energetica e digitale.

A detta di Miller, il caso Micron “potrebbe essere un primo banco di prova degli sforzi del G7 su questo fronte”, considerata la rilevanza del vasto mercato cinese per le aziende occidentali. L’amministratore delegato di Micron, Sanjay Mehrotra, era peraltro presente al vertice del gruppo.

La Cina rappresenta all’incirca il 15 per cento delle entrate di Micron, ovvero 5,2 miliardi di dollari nel 2022.

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