L’Unione europea ha intenzione di obbligare le aziende cinesi a cedere le loro proprietà intellettuali sulle tecnologie pulite alle società europee in cambio dell’accesso ai sussidi comunitari alla transizione energetica.
Stando a due funzionari europei sentiti dal Financial Times, la Commissione ha elaborato dei nuovi obblighi commerciali in vista delle aste di dicembre sull’accesso alle sovvenzioni (da 1 miliardo di euro in tutto) per lo sviluppo di batterie; questi obblighi richiedono alle aziende cinesi di aprire delle fabbriche in Europa e di condividere il know-how tecnologico. Requisiti simili potrebbero in futuro venire applicati anche ad altri dispositivi critici per la transizione energetica.
L’EUROPA COPIA LA CINA?
L’Unione europea, in sostanza, sta emulando il modello della Cina, che costringe le aziende straniere a trasferire le loro proprietà intellettuali alle società cinesi in cambio dell’accesso al (vasto) mercato nazionale.
UN NUOVO APPROCCIO
Secondo il Financial Times, i nuovi obblighi europei rappresentano un inasprimento della posizione di Bruxelles nei confronti della Cina, che domina la manifattura di pressoché tutte le tecnologie necessarie alla transizione ecologica – in particolare pannelli fotovoltaici, veicoli elettrici e batterie – e rischia di provocare il collasso dell’industria europea, incapace di reggere il confronto con i volumi e con i costi di produzione della concorrenza cinese.
Il mese scorso la Commissione europea ha confermato l’imposizione di ulteriori dazi anti-sussidi sui veicoli elettrici cinesi, in aggiunta all’aliquota esistente (del 10 per cento). Ha anche limitato al 25 per cento la quota di componentistica cinese nei progetti di idrogeno verde che parteciperanno alla prossima asta dell’European Hydrogen Bank.
L’EFFETTO TRUMP
Secondo fonti vicine al presidente eletto Donald Trump, citate sempre dal Financial Times, la prossima amministrazione statunitense aumenterà la pressione su Bruxelles affinché respinga gli investimenti cinesi. La Casa Bianca vuole evitare che il Vecchio continente diventi, per le aziende cinesi, una base produttiva finalizzata all’esportazione negli Stati Uniti, vista l’intenzione di applicare dei dazi del 60 per cento sulle importazioni dirette dalla Cina.
Uno degli anonimi funzionari europei sentiti dal quotidiano ha detto che “se vogliamo stare al gioco di Trump su alcuni dei suoi programmi, allora dobbiamo decidere cosa fare con la Cina”.
IL NET-ZERO INDUSTRY ACT
Ma l’indurimento della postura europea nei confronti della Cina non si spiega solo con la volontà di allinearsi a Trump: Bruxelles, infatti, ha stabilito degli obiettivi minimi di produzione interna delle clean tech per evitare che la transizione energetica causi il tracollo dell’industria comunitaria, scalzata dalle importazioni cinesi a basso prezzo. Questi obblighi sono contenuti in una legge, il Net-Zero Industry Act, che è stata presentata nel marzo 2023 ma approvata soltanto il 27 maggio scorso.
Alcune società cinesi hanno già aperto delle fabbriche sul suolo europeo. CATL, ad esempio – è la maggiore produttrice di batterie al mondo -, ha investito grosse cifre per degli stabilimenti in Ungheria e in Germania. Envision – che realizza batterie, turbine eoliche ed elettrolizzatori per l’idrogeno – ha puntato invece su Spagna e Francia.
LA CINA NON VUOLE TRASFERIRE IL KNOW-HOW SULLE BATTERIE
Il piano europeo per il trasferimento di know-how si scontra però con la posizione della Cina, il cui governo ha chiesto alle imprese di mantenere in patria le tecnologie avanzate per la mobilità elettrica e di considerare gli stabilimenti all’estero come dei centri di assemblaggio: in altre parole, il vero valore aggiunto di un veicolo deve restare in Cina, che non intende perdere il proprio vantaggio competitivo sull’automobile a batteria.
La batteria è il componente più importante di un’auto elettrica, di cui rappresenta oltre un terzo del valore finale. L’Unione europea è molto indietro sia per quanto riguarda la manifattura delle batterie, sia per quanto riguarda l’accesso alle materie prime (litio, nichel, cobalto, grafite e non solo) necessarie alla loro costruzione. Il più importante produttore europeo di batterie, Northvolt, è in forte crisi: pur avendo ricevuto investimenti corposi, l’azienda ha riscontrato problemi nell’aumento dei livelli produttivi e nella costruzione di dispositivi dalle performance ottime.