Northvolt Ett Expansion, una sussidiaria dell’omonima (e sofferente) startup svedese di batterie, ha dichiarato bancarotta. La decisione si inserisce nel piano della società madre per far fronte alle perdite operative, che nel 2023 sono ammontate a 1 miliardo di dollari: la revisione strategica avviata nelle scorse settimane, appunto, prevede licenziamenti, cessioni, chiusure di stabilimenti e la sospensione di molti progetti sia in Svezia che all’estero. Northvolt sta cercando di raccogliere nuovi finanziamenti, nonostante ne abbia già ricevuti per 15 miliardi di dollari.
La startup ha spiegato che la bancarotta di Ett Expansion non avrà ripercussioni sulle altre entità del gruppo e che la priorità rimane l’aumento della produzione nella fabbrica di Skelleftea, che ha una capacità di 16 gigawattora all’anno ma un output effettivo di nemmeno 1 GWh.
Tuttavia, come fa notare il Financial Times, la bancarotta di Ett Expansion renderà ancora più complicato per Northvolt ottenere il prestito da 1,5 miliardi garantito dall’Ufficio nazionale del debito svedese e destinato all’espansione della fabbrica di Skelleftea a 60 GWh, a cui la sussidiaria avrebbe dovuto contribuire. L’Ufficio spiegò infatti che, dopo la sospensione del progetto a settembre, “la nostra valutazione è stata che i prestiti non saranno erogati nel prossimo futuro”.
Il governo della Svezia ha anche escluso un salvataggio pubblico.
NON SOLO NORTHVOLT: L’INDUSTRIA EUROPEA DI FRONTE ALLA TRANSIZIONE
Quello di Northvolt, considerata la grande promessa dell’Europa sulle batterie, non è un caso isolato, ma una vicenda che si inserisce nel più generale momento di crisi delle aziende europee che si occupano di “tecnologie pulite” o che sono comunque coinvolte nella transizione energetica.
L’industria automobilistica europea, ad esempio, non è riuscita finora a convertirsi all’elettrico e le immatricolazioni di questi veicoli sono precipitate, disincentivate dai costi più alti rispetto ai modelli con motore termico. Le vendite di pompe di calore – un’altra tecnologia basata sull’elettricità che dovrebbe sostituire i sistemi di riscaldamento a gas ma più costosa – sono diminuite del 6,5 per cento nel 2023: ha influito il crollo delle installazioni in Italia (-44 per cento), legato a sua volta al ridimensionamento del Superbonus. Intanto, i produttori di turbine eoliche e di elettrolizzatori per l’idrogeno faticano a reggere la concorrenza con la Cina, che domina anche il settore della mobilità elettrica e dei dispositivi fotovoltaici.
Le aziende europee, ha scritto Richard Milne sul Financial Times, temono che i decisori politici non abbiano compreso i costi della transizione, che richiede investimenti e sussidi miliardari per far fronte alla concorrenza non soltanto cinese, ma anche statunitense. L’Inflation Reduction Act, una delle leggi più importanti della presidenza di Joe Biden, in vigore dall’agosto 2022, stava convincendo Northvolt a investire in America per accedere ai crediti d’imposta offerti dal provvedimento: venne trattenuta in Europa da un aiuto di stato tedesco da 902 milioni di euro.
I SOLDI NON SONO TUTTO
I soldi, comunque, sono necessari ma non sufficienti, e proprio la startup svedese ne è un esempio. Di capitali, infatti, Northvolt ne ha ricevuti molti, eppure ha riscontrato lo stesso problemi alla produzione e alla performance delle batterie: la costruzione di questi dispositivi è un’attività molto complessa ed è complicato anche svilupparla su larga scala.
COSA PENSA MOLLER-MAERSK
Vincent Clerc, amministratore delegato della società di trasporto marittimo Moller-Maersk (anche questo settore dovrà abbattere le emissioni, ma ad oggi non ci sono tecnologie pronte), ha dichiarato al Financial Times che “la transizione verde è un processo che nessuno di noi ha mai provato e che nessuno di noi può realizzare da solo. Ha un alto livello di complessità, è lungo e laborioso”.