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Ungheria Dazi

Così i dazi europei mettono il turbo all’Ungheria di Orban

L'Ungheria è il Paese che più di tutti si è battuto contro l'applicazione dei nuovi dazi sulle auto elettriche cinesi, ma è anche lo Stato che da questa situazione guadagnerà maggiormente. Tutto merito di Orban che, mantenendo lo stesso piede in due staffe, tra Est e Ovest, ha l'energia meno cara d'Europa ed è un caro amico di Pechino

In Europa non esiste leader più anti-europeista di Viktor Orban, agli antipodi delle politiche comunitarie e, in particolare, di quelle di Ursula von der Leyen. Nei fatti sono però le mosse della Commissione europea a tirare la volata a Budapest, accelerandone l’industrializzazione automobilistica grazie agli investimenti di player cinesi di spicco. E per questo l’Ungheria deve ringraziare proprio i dazi imposti alle auto di Pechino.

L’UNGHERIA È DAVVERO CONTRARIA AI DAZI?

“L’Ungheria si oppone ai dazi Ue sulle auto elettriche cinesi e sostiene il piano di pace di Pechino e Brasilia per risolvere la guerra in Ucraina”, è quanto aveva dichiarato, esattamente un mese prima dell’entrata in vigore dei nuovi balzelli alle dogane comunitarie, il Ministro degli Esteri Péter Szijjártó dopo aver incontrato l’omologo cinese Wang Yi a New York.

Dall’Ungheria, che da anni corteggia la Cina per via degli investimenti asiatici nel Paese di Orban collegati alla nuova Via della Seta, difficile attendersi altre posizioni. Formalmente il governo critica il deterioramento della competitività dell’Ue e continua ad avvertire che una guerra commerciale con la Cina danneggerebbe l’economia dell’intero Vecchio continente.

LE AUTO CINESI? PRODOTTE IN UNGHERIA

Nei fatti, però, sono proprio i dazi imposti dalla Ue alla Cina a favorire quel fiume di denaro che i principali marchi asiatici stanno investendo nel Paese di Orban, nazione amica e perciò, benché decentrata rispetto al resto d’Europa, scelta principale in cui instaurare gli hub per iniziare l’invasione nel Vecchio continente.

NON È SOLO UNA QUESTIONE GEOPOLITICA

Attenzione, però: sarebbe ingenuo credere che sia tutta una questione geopolitica. L’Ungheria ha altre frecce al proprio arco volte a far breccia negli interessi degli industriali asiatici. A iniziare dal fatto che, non avendo mai interrotto le relazioni diplomatiche con Vladimir Putin, si serve ancora del gas che arriva da Mosca. Ed è perciò il Paese che, allo stato attuale, paga meno l’energia in Europa. Vantaggio non da poco per chi dovesse installarvi impianti particolarmente energivori.

I TANTI PROGETTI TRA L’UNGHERIA E LA CINA

L’Ungheria inoltre sta avviando progetti nucleari proprio con partner cinesi. E dal momento che l’Italia s’è tirata fuori in tutta fretta dal progetto della nuova Via della Seta, la destinazione naturale degli investimenti cinesi è diventata l’Ungheria, che invece crede fermamente in quel progetto.

L’INDUSTRIA UNGHERESE CORRE GRAZIE ALLE AUTO ELETTRICHE CINESI

E mentre Paesi come l’Italia, la Francia e persino la Germania corteggiano quotidianamente i marchi elettrici cinesi affinché impiantino nei propri territori i loro hub europei così da aggirare i nuovi dazi imposti alla dogana, è l’Ungheria che ottiene tutte le commesse.

Il quotidiano tedesco WirtschaftsWoche sostiene che i vertici di Great Wall Motors siano volati più nel Paese magiaro progettando di costruire una fabbrica di automobili a Pécs, capoluogo della regione Baranya. Attenzionato un sito da 600 ettari che sorge strategicamente a pochi passi dalla Croazia e dunque ben collegato al resto d’Europa.

I DAZI UE HANNO PORTATO LE AUTO MADE IN CHINA IN UNGHERIA

Un’altra big cinese, Catl, al momento al vertice della classifica dei principali produttori di batterie al mondo, sta costruendo una gigafactory a Debrecen che già dal prossimo anno dovrebbe avere una capacità produttiva di 100 GWh.

E poi naturalmente c’è Byd, il più grande produttore di auto elettriche al mondo, che lo scorso anno ha sfornato più vetture alla spina di Tesla e nemmeno nove mesi dopo ha anche guadagnato più della Casa di Elon Musk, battendola dunque in ogni parametro. Tutti vorrebbero ricevere le attenzioni del colosso di Shenzhen che però ha già scelto dove impiantare la sua prima fabbrica: ovviamente in Ungheria.

Byd sta correndo a perdifiato per ultimare i lavori a Szeged, nel sud del Paese, vicino al confine con Serbia e Romania. Lavori iniziati tra la fine dello scorso anno e l’inizio del 2024 così da avviare la produzione delle proprie auto elettriche già nell’estate del ’25: l’obiettivo dei cinesi è evitare i dazi del 17% sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina che si sommerebbero all’aliquota del 10% già applicata finora.

L’UNGHERIA NASCENTE POLO INDUSTRIALE D’EUROPA?

Di questo passo l’Ungheria sorpasserà sicuramente la Polonia come Paese della zona Est maggiormente votato alla produzione dell’auto elettrica. E c’è il rischio che sorpassi persino Berlino. Da anni, del resto, il Paese magiaro è meta pure di sostanziosi investimenti da parte delle principali case automobilistiche tedesche: Mercedes-Benz ha aperto i battenti del proprio stabilimento di Kecskemét nel 2012, Audi è a Győr dal 1993 e là gli oltre 12mila dipendenti vi hanno prodotto la stratosferica cifra di 1.620.000 propulsori annui nel 2021, mentre Bmw sta costruendo una nuova fabbrica a Debrecen.

LA STRATEGIA ANTI EUROPEISTA DI ORBAN METTE IL TURBO AL PAESE?

Insomma, mentre a livello politico Viktor Orban pare il grande appestato d’Europa (basti vedere gli sguardi imbarazzati nelle foto che i vari leader tra i 27 sono costretti a scattare con lui in occasione dei summit), gli industriali tedeschi continuano a investire in Ungheria a discapito della crisi che sta travolgendo proprio la Germania: allo stesso tempo mentre a parole Budapest è fermamente contraria ai dazi voluti dalla Commissione europea della tedesca von der Leyen, nei fatti la mossa economica molto sovranistica e protezionista  sta facendo incamerare tantissimi fondi cinesi al Paese più sovranista d’Europa.

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