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Russia Nucleare

Altro che isolamento: la Russia aumenta le esportazioni nucleari

Nel 2022 le esportazioni di combustibile e tecnologia nucleare della Russia sono cresciute del 20 per cento. Ue e Usa resistono alle sanzioni per mancanza di alternative. Tutti i dettagli.

Nonostante i piani dell’Occidente per il distacco energetico dopo l’invasione dell’Ucraina, quasi un anno fa, la Russia ha visto aumentare di oltre il 20 per cento le esportazioni di combustibile e tecnologie per l’energia nucleare. Nel 2022 gli acquisti dall’Unione europea hanno raggiunto i massimi in tre anni, e il commercio con l’Egitto, l’Iran, la Cina e l’India è “esploso”, ha scritto Bloomberg.

VANTAGGI POLITICI, NON SOLO ECONOMICI

Per il Cremlino il beneficio non è soltanto economico, ma anche strategico: ogni volta che la società nucleare statale Rosatom costruisce un nuovo reattore all’estero, infatti, Mosca ne guadagna sia in entrate che in influenza politica per lunghi periodi di tempo.

La Russia – ha detto a Bloomberg Edwin Lyman dell’organizzazione statunitense Union of Concerned Scientists – “vede il commercio nucleare come un mezzo per rafforzare le alleanze”. Non si limita cioè a realizzare impianti, ma fornisce al paese ricevente assistenza finanziaria e tecnica, manutenendo le strutture e formando i lavoratori.

UE E USA HANNO BISOGNO DELLA RUSSIA PER L’ENERGIA NUCLEARE

In tutto questo Mosca è favorita dalla ridotta concorrenza straniera: mentre l’industria nucleare entrava in crisi nel resto del mondo, il governo russo ha continuato a investire nell’energia atomica anche dopo il collasso dell’Unione sovietico. È a causa di questa grande rilevanza nel settore che l’Unione europea e gli Stati Uniti non hanno imposto sanzioni su Rosatom, pur avendo ventilato la possibilità già dalle prime settimane di guerra in Ucraina: le ripercussioni sarebbero probabilmente troppo grandi, in mancanza di fornitori alternativi.

Rosatom fornisce un quinto dell’uranio arricchito necessario agli circa novanta reattori statunitensi. Anche molte società elettriche europee hanno bisogno di Rosatom per garantire il funzionamento dei loro impianti e garantire l’energia alla popolazione: per ragioni storiche, questa dipendenza è più accentuata nell’Europa orientale, ad esempio in Bulgaria, Repubblica ceca, Ungheria e Slovacchia. In Ucraina, un tempo parte dell’Unione sovietica, i nove reattori ancora sotto il controllo del governo di Kiev dipendono dalle scorte di combustibile nucleare russo.

Dal 2019 a oggi le ex-repubbliche sovietiche hanno rappresentato i due quinti delle esportazioni di Rosatom.

ROSATOM SI ESPANDE IN UNGHERIA

L’Ucraina, la Bulgaria, la Finlandia e la Slovacchia hanno tuttavia presentato dei piani per cambiare fornitori di uranio.

In Ungheria, invece, segnala Bloomberg, la Russia sta coprendo l’80 per cento delle spese per due nuovi reattori precedentemente assegnati a Rosatom (senza lo svolgimento di una gara pubblica, peraltro) attraverso un prestito da 10 miliardi di euro. Non a caso, Budapest è molto contraria all’imposizione di sanzioni sull’uranio russo; altre nazioni dell’est Europa, come la Polonia e i paesi baltici, sono invece favorevoli.

I LEGAMI CON INDIA E CINA

Al di fuori dell’Europa, Rosatom fornisce combustibile nucleare all’India e vi sta costruendo due reattori, che dovrebbero entrare in funzione nel 2025. Nel 2022 la società ha spedito in Cina combustibile per un valore di oltre 375 milioni di dollari.

– Leggi anche: India e Cina coccolano la Russia su energia e tecnologia militare

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