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Russia

La Russia fa cassa grazie all’India e al petrolio

Nonostante il crollo delle esportazioni di gas in Europa, il bilancio della Russia regge grazie al commercio di petrolio con l'India: un commercio da record, ma interessato da qualche tensione. Tutti i dettagli.

Il prossimo sabato 24 febbraio saranno passati due anni dall’invasione russa dell’Ucraina. La guerra ha creato una frattura politica ed economica tra Mosca e l’Occidente, ben visibile dal crollo delle esportazioni di gas russo verso l’Europa, il suo mercato principale.

LA CRISI DEL GAS RUSSO E DI GAZPROM

A questo proposito, l’Accademia russa delle scienze, un istituto statale, ritiene che nel 2023 Gazprom abbia smesso di essere redditizia e che entro il 2025 potrebbe registrare perdite per 1 miliardo di rubli. Nel 2021 la quota della Russia sul totale delle importazioni di gas dell’Unione europea era superiore al 40 per cento; nel 2023 è scesa all’8 per cento ed entro il 2027 dovrebbe scendere a zero.

Mentre l’Unione europea è riuscita, seppur con difficoltà, a rimpiazzare il gas russo, la Russia non è riuscita a sostituire il mercato europeo: l’aumento delle esportazioni gasifere verso la Cina e la Turchia, infatti, ha compensato la perdita del Vecchio continente solo per il 5-10 per cento.

IL COMMERCIO PETROLIFERO DA RECORD CON L’INDIA

La situazione, tuttavia, è complessa. CNN ha scritto infatti che le casse del Cremlino sono piene di soldi grazie alle vendite record di petrolio all’India, che nel 2023 sono valse 37 miliardi di dollari, un record. Una parte del greggio russo raffinato in India, peraltro, è stato poi ri-esportato negli Stati Uniti per un valore superiore a 1 miliardo di dollari.

Secondo un’analisi del Centre for Research on Energy and Clean Air, condivisa con CNN, l’India ha aumentato gli acquisti di greggio russo di oltre tredici volte rispetto al periodo pre-guerra. Questi flussi non sono vietati dalle sanzioni occidentali, che non vietano nemmeno le “triangolazioni” del petrolio russo raffinato negli impianti indiani e rivenduto altrove. Le sanzioni, però, si applicano alla cosiddetta “flotta ombra” di navi petroliere utilizzate dalla Russia per celare il proprio greggio e massimizzare i profitti, aggirando il “tetto al prezzo” (price cap) di 60 dollari al barile imposto dall’Occidente proprio per colpire le entrate del Cremlino.

Stando alla CNN, una parte del commercio petrolifero tra Russia e India avverrebbe in modo opaco.

INTERRUZIONE E RIPRESA

Sul finire dell’anno scorso le raffinerie statali indiane hanno sospeso gli acquisti di greggio russo dietro ordine del governo, che si opponeva alla richiesta russa di ricevere pagamenti in yuan, la valuta cinese: la Cina, per l’India, è infatti una rivale politica e un’avversaria nei territori di confine sull’Himalaya.

A dicembre e a gennaio scorsi, quindi, le raffinerie indiane non hanno ricevuto greggio russo di varietà Sokoil. Nei giorni scorsi, però, il commercio è ripreso – ma non è chiaro se proseguirà – perché la Hindustan Petroleum ha comprato del petrolio russo Sokoil da un trader, pagandolo probabilmente in dirham emiratini, secondo le fonti di Reuters.

I SOLDI DELLA RUSSIA

L’emittente britannica scrive che nel 2023 le entrate federali della Russia hanno raggiunto la cifra di 320 miliardi di dollari, un record, e che “sono destinate ad aumentare ancora”. Circa un terzo di questa somma è stata spesa per sostenere l’invasione dell’Ucraina l’anno scorso, e pare che nel 2024 lo sforzo bellico verrà sostenuto con una quota ancora maggiore.

Howard Shatz, economista di RAND, ha spiegato che nel 2023 sia le entrate federali che le uscite della Russia hanno raggiunto un massimo storico; il paese, però, non è riuscito a pareggiare i conti per via del costo della guerra.

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