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Petrolio, tutti gli scambi di barili (e di accuse) tra Ue, India e Russia

Ad aprile le esportazioni di petrolio della Russia hanno toccato livelli più alti dall'inizio della guerra. Intanto, Borrell accusa l'India di aggirare le sanzioni europee: ma è davvero così? Tutti i dettagli

 

Lo scorso aprile è stato il mese in cui la Russia ha esportato più petrolio da quando ha lanciato l’invasione dell’Ucraina, il 24 febbraio del 2022. Stando ai dati dell’Agenzia internazionale dell’energia, attualmente quasi l’80 per cento del suo greggio si dirige in Cina e in India.

QUANTO PETROLIO ESPORTA LA RUSSIA

Nello specifico, nell’aprile 2023 la Russia ha esportato 8,3 milioni di barili di petrolio greggio e prodotti raffinati al giorno, un volume decisamente superiore alla media registrata nel 2022 (7,7 milioni al giorno) e nel 2021 (7,5 milioni al giorno). Come nota il Financial Times, questo aumento delle spedizioni è dovuto al fatto che Mosca è riuscita a trovare nuovi acquirenti e nuovi metodi di invio dopo che l’Unione europea – il suo principale mercato di vendita, storicamente – ha vietato le importazioni e il trasporto marittimo dei prodotti petroliferi russi.

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Il grafico (via Financial Times) mostra le esportazioni mensili di petrolio della Russia, espresse in milioni di barili al giorno.

Nonostante l’esclusione dai canali di vendita occidentali, “la Russia sembra avere pochi problemi a trovare acquirenti disposti a comprare il suo greggio e i suoi prodotti petroliferi”, ha scritto l’Agenzia internazionale dell’energia.

OBIETTIVI E RISULTATI DELLE SANZIONI EUROPEE ALLA RUSSIA

L’Unione europea sta discutendo un nuovo, l’undicesimo, pacchetto di sanzioni alla Russia: ad oggi il blocco ha sanzionato 1473 individui russi e 207 entità, e congelato asset per un valore di 21,5 miliardi di dollari. Relativamente al petrolio, l’obiettivo di Bruxelles non è impedire a Mosca di vendere al di fuori del territorio europeo – altrimenti si creerebbe una crisi di offerta sul mercato internazionale e i prezzi schizzerebbero alle stelle, danneggiando l’economia globale -, ma limitarne i guadagni in modo che abbia poi difficoltà a finanziare la guerra all’Ucraina.

L’Unione europea è in parte riuscita nel suo obiettivo: oggi la Russia non incassa dalle esportazioni petrolifere le stesse somme di un tempo, visto che nel giro di un anno gli introiti sono calati del 27 per cento. Il greggio russo si scambia peraltro a un prezzo molto più basso del Brent, il contratto di riferimento (o benchmark) internazionale.

– Leggi anche: Tutti gli impatti del price cap al petrolio sui conti della Russia

D’altra parte, le sanzioni hanno causato un massiccio riorientamento del commercio globale del greggio, con milioni di barili che ogni giorno si dirigono in Asia, anziché in Europa. Prima dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina, l’interscambio petrolifero tra Russia e India era assolutamente marginale; oggi è rilevantissimo.

IL DIVARIO DI PREZZO SI RIDUCE

La forbice tra il prezzo di vendita del greggio russo e quello del Brent si sta tuttavia riducendo, spiega l’Agenzia internazionale dell’energia, perché Mosca si è garantita un maggiore accesso ai servizi di spedizione marittima non occidentali che operano al di fuori del price cap di 60 dollari al barile elaborato dal G7. Di conseguenza, anche i ricavi stanno aumentando: le stime dell’Agenzia dicono che ad aprile il Cremlino ha incassato 15 miliardi di dollari dal commercio petrolifero, contro i 13,3 miliardi di marzo.

LE ESPORTAZIONI DI GREGGIO IN CINA E INDIA

In totale, il mese scorso la Russia ha esportato 5,2 milioni di barili al giorno di greggio, il massimo dal maggio 2022. Di questi, 2,1 milioni sono andati alla Cina e 2 milioni all’India, dove la materia prima viene lavorata in benzina e gasolio e spesso ri-esportata (magari proprio in Europa).

Le esportazioni russe di raffinati sono ammontate invece a 3 milioni di barili al giorno.

L’INDIA SI DIFENDE

“Se gasolio o benzina prodotti in India da petrolio russo entrano in Europa, è certamente un aggiramento delle sanzioni e gli stati membri devono prendere delle contromisure”, ha dichiarato il rappresentante per gli Affari esteri dell’Unione europea, Josep Borrell.

Finora Bruxelles aveva tenuto un occhio chiuso sull’interscambio energetico tra Mosca e Nuova Delhi, che funziona così: gli indiani acquistano dai russi barili di greggio a prezzi bassi, lo lavorano nelle loro raffinerie e poi lo rivendono con profitto all’Europa in forma di benzina o gasolio. Ci guadagna la Russia (benché meno di quanto farebbe vendendo direttamente i suoi raffinati in Europa), ci guadagna l’India e ci guadagna pure l’Europa, che mantiene ben fornito il proprio mercato dei carburanti.

Dalle accuse di presunta violazione delle sanzioni (la “triangolazione” non è vietata, nonostante le parole di Borrell), comunque, l’India si è difesa. Il ministero del Petrolio e del gas naturale ha scritto su Twitter che “l’importazione di petrolio greggio sotto i 60 dollari dalla Russia o da altri paesi non è sottoposta ad alcun embargo internazionale. Non esiste nemmeno un auto-embargo da parte di un “paese della coalizione” sull’acquisto di diesel da 4 milioni di raffinatori in tutto il mondo”.

LE PREVISIONI SULLA DOMANDA GLOBALE DI PETROLIO

A marzo la domanda di petrolio della Cina ha raggiunto il valore record di 16 milioni di barili al giorno. L’Agenzia internazionale dell’energia scrive che la ripresa della domanda cinese “continua a superare le aspettative”, e di conseguenza ha alzato le previsioni sulla domanda petrolifera globale per il 2023: arriverà a 2,2 miliardi di barili al giorno e Pechino sarà responsabile del 60 per cento dell’aumento.

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