Northvolt era considerata la grande promessa dell’Europa sulle batterie, colei che avrebbe permesso al Vecchio continente di recuperare il ritardo tecnologico rispetto alla Cina e agli Stati Uniti. E invece – come ha scritto Bloomberg – la startup svedese, finanziata da nomi di peso come Volkswagen, BMW, Goldman Sachs e BlackRock, si è ritrovata a dover lottare per la sua sopravvivenza.
Dopo le perdite operative registrate nel 2023, Northvolt ha avviato una revisione strategica che si è conclusa con la decisione di tagliare molti posti di lavoro, fermare la produzione di materiali, vendere stabilimenti e posticipare i piani di sviluppo all’estero.
NORTHVOLT SARÀ LA PRIMA VITTIMA DELLA CRISI DELL’AUTO ELETTRICA?
Lunedì scorso l’azienda ha fatto sapere di stare licenziando un quinto dei suoi dipendenti a livello globale e di aver sospeso l’espansione della sua fabbrica principale nel nord della Svezia. Secondo Fredrik Erixon, analista dell’European Centre for International Political Economy, Northvolt potrebbe essere “la prima vittima” della crisi della mobilità elettrica nell’Unione europea: le vendite di veicoli elettrici sono in forte calo – ad agosto le immatricolazioni sono crollate del 43,9 per cento su base annua – e la richiesta di batterie ne risente.
PROBLEMI ALLA PRODUZIONE
Northvolt, peraltro, ha mostrato in passato di avere difficoltà ad aumentare la produzione: la sua fabbrica a Skelleftea, per esempio, ha una capacità di 16 gigawattora all’anno, ma un output effettivo di neanche 1 GWh. Problemi come questo, sommati alla qualità insoddisfacente delle celle di batteria, avevano spinto la casa tedesca BMW a cancellare un ordine da 2 miliardi di euro.
Nemmeno un anno fa Northvolt era stata valutata 20 miliardi di dollari ed era stata la prima azienda a ricevere un aiuto di stato autorizzato dalla Commissione europea per evitare che si trasferisse negli Stati Uniti, attratta dagli incentivi dell’Inflation Reduction Act. Secondo Bloomberg la startup ha cercato di “fare troppo e troppo in fretta”, puntando sull’innovazione tecnologica (come le batterie agli ioni di sodio) senza però aver prima sviluppato un’economia di scala sufficiente a soddisfare gli ordini dei clienti: aziende come Volkswagen, Scania e la già citata BMW avevano contribuito alla formazione di un portafoglio ordini da oltre 55 miliardi di dollari.
COME VANNO FATTURATO E PERDITE
Oggi Northvolt è a corto di entrate dai contratti, che già l’anno scorso risultavano essere di tre volte inferiori alle spese per gli stipendi e la previdenza sociale degli impiegati. Il suo debito complessivo supera i 13 miliardi. A luglio ha fatto sapere che nel 2023 le perdite operative ammontavano a 1 miliardo di dollari e il fatturato a 128 milioni.
COSA FARANNO VOLKSWAGEN, BMW E IL GOVERNO SVEDESE
Sia Volkswagen che BMW hanno detto che continueranno ancora a sostenere l’azienda; il governo della Svezia, invece, ha fatto sapere che non interverrà con un salvataggio mentre quello della Germania ha spiegato di essere “in contatto” con Northvolt, che aveva pianificato un impianto di batterie da 60 GWh nella città di Heide.
La crisi di Northvolt potrebbe non riguardare solo la startup e i suoi sostenitori, ma anche l’intera filiera europea della mobilità elettrica – tutt’altro che sviluppata – e le capacità di Bruxelles di competere in un settore dominato da grandi società cinesi, come CATL e BYD, capaci di produrre in grandi quantità e a costi vantaggiosissimi. Queste società stanno aprendo anche delle fabbriche in Europa, rendendo la competizione ancora più complicata.