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Nippon Steel

Acciaio, gli Usa bloccheranno Nippon Steel per i legami con la Cina?

Gli Stati Uniti stanno indagando sui rapporti tra la Cina e Nippon Steel, che ha intenzione di acquisire l'azienda siderurgica statunitense Us Steel per 15 miliardi di dollari. Washington vuole evitare nuove ondate di acciaio cinese. Tutti i dettagli.

Lo scorso dicembre l’azienda siderurgica statunitense US Steel fece sapere di aver accettato la proposta di acquisto di Nippon Steel, il più grande gruppo giapponese dell’acciaio, per circa 15 miliardi di dollari. Al tempo Lael Brainard, consigliera economica del presidente Joe Biden, disse che l’operazione – contestata anche dai sindacati americani – richiedeva un “serio controllo” da parte del CFIUS, il Comitato sugli investimenti esteri, un’agenzia federale che ha il compito di valutare le implicazioni sulla sicurezza nazionale degli investimenti stranieri negli Stati Uniti.

Il Giappone è uno dei più stretti alleati politici e partner commerciali degli Stati Uniti: più che sulla sicurezza nazionale, dunque, l’operazione potrebbe avere al massimo un impatto sull’occupazione e sulla capacità manifatturiera interne. Come peraltro spiegava l’Economist, il settore siderurgico americano è già da tempo in difficoltà per via della concorrenza estera, e la stessa US Steel – il terzo maggiore produttore di acciaio del paese – accusa la competizione con le piccole acciaierie americane alimentate a elettricità e non sindacalizzate.

Potrebbe però esserci dell’altro.

Secondo le fonti di Bloomberg, infatti, l’amministrazione Biden sta indagando sui rapporti tra Nippon Steel e la Cina, il primo paese produttore di acciaio al mondo, verso cui gli Stati Uniti potrebbero imporre forti restrizioni sulle importazioni siderurgiche. Da tempo Washington accusa Pechino di saturare i mercati con delle quantità eccessive di acciaio che, dato il loro basso costo, danneggiano le aziende americane.

– Leggi anche: Acciaio, ecco come Biden trumpeggia contro la Cina. E l’Europa…

Nippon Steel potrebbe dunque non ottenere l’approvazione dell’acquisizione di US Steel qualora l’affare potrebbe portare a un aumento dei flussi di acciaio cinese verso il mercato americano; lo stesso acciaio che la Casa Bianca vorrebbe tenere fuori dal paese.

PERCHÉ SONO SALITE LE AZIONI DI CLEVELAND-CLIFFS?

Dopo la pubblicazione della notizia, qualche giorno fa, le azioni di US Steel hanno perso fino all’1,2 per cento; quelle di Cleveland-Cliffs – gruppo siderurgico statunitense interessato ad acquistare US Steel, la cui offerta è stata però superata da Nippon Steel – hanno invece guadagnato fino al 2,9 per cento. Mentre l’acquisizione di US Steel da parte della compagnia giapponese ha fatto sorgere preoccupazioni politiche, la combinazione con Cleveland-Cliffs avrebbe aperto “solo” questioni di natura antitrust.

COSA FA NIPPON STEEL IN CINA?

In un comunicato, Nippon Steel ha spiegato che le sue operazioni in Cina sono “molto limitate” e che rappresentano meno del 5 per cento della sua capacità produttiva mondiale: 3,6 milioni di capacità annua su un totale di 66 milioni.

Nel testo viene specificato che “le nostre operazioni in Cina, comprese le joint venture con partner cinesi, non hanno alcun controllo sulle nostre operazioni o decisioni commerciali al di fuori della Cina, inclusi gli Stati Uniti”. Una di queste joint venture è quella con una divisione di China Baowu Steel Group (la più grande azienda produttrice di acciaio al mondo), risalente a quasi vent’anni fa e focalizzata sul settore automobilistico.

NIPPON STEEL SI ALLINEA ALLA CASA BIANCA

Nel comunicato Nippon Steel ha cura di presentare l’acquisizione di US Steel in coerenza con gli obiettivi industriali della Casa Bianca, della quale riprende il lessico quando spiega che l’obiettivo dell’operazione è “migliorare la competitività di US Steel nel mercato globale dell’acciaio e risolvere i problemi di sovrapproduzione e sovraccapacità del settore, in gran parte causati dalla Cina”.

In Cina Nippon Steel possiede nove strutture, che sono state aggiunte al suo portafoglio di asset tra il 2001 e il 2013, spiega Bloomberg. Sono stati, quelli, anni di grande crescita della domanda cinese di acciaio ma anche un periodo “nero” per gli Stati Uniti, secondo cui la massiccia sovrapproduzione siderurgica cinese e il riversamento del surplus sui mercati mondiali ha abbattuto la profittabilità delle aziende americane allora dominanti.

BREVE STORIA DELL’ACCIAIO TRA STATI UNITI E CINA

Nel 2000, la Cina produceva 127,2 milioni di tonnellate di acciaio; gli Stati Uniti 101,8 milioni. Da allora il divario tra i due paesi si è allargato, e nel 2022 la produzione cinese superava 1 miliardo di tonnellate e quella americana si fermava a 80,5 milioni. Parallelamente, gli Stati Uniti hanno aumentato le importazioni di acciaio cinese, fino a un massimo di circa 3 milioni di tonnellate nel 2014.

La crescita delle importazioni ha avuto un impatto negativo sulla produzione nazionale, causando il crollo dei prezzi statunitensi dell’acciaio sotto i 400 dollari a dollari. In risposta, l’amministrazione di Barack Obama impose dei dazi che portarono, nel 2016, a un calo delle importazioni dalla Cina del 72 per cento. La successiva amministrazione di Donald Trump approvò dei dazi sull’acciaio, motivandoli con la tutela della sicurezza nazionale, che ridussero gli acquisti dalla Cina ad appena 400.000 tonnellate nel 2020. Oggi – scrive Bloomberg – il timore dei politici americani è che le società cinesi esportino acciaio negli Stati Uniti attraverso paesi terzi, a partire dal Messico.

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